Il trasporto delle merci lungo i valichi alpini potrebbe diventare un problema per l’Italia
Tra chiusure periodiche e limitazioni imposte dagli stati confinanti, nei prossimi anni rischiano di esserci gravi problemi per i commerci
Circa due terzi dei prodotti importati ed esportati ogni anno dall’Italia riguardano scambi commerciali con l’Europa e si muovono quasi esclusivamente in due modi: il primo e di gran lunga più utilizzato è quello dei mezzi di trasporto “su gomma” come tir e camion, che passa per strade e autostrade; l’altro è quello dei treni, e quindi attraverso la rete ferroviaria. In ciascuno di questi casi per collegarsi con altri paesi europei il traffico deve necessariamente attraversare le Alpi, dove i principali valichi sono sette: Ventimiglia (dalla Liguria), Fréjus e Sempione (dal Piemonte), Monte Bianco (dalla Valle d’Aosta), San Gottardo (dalla Lombardia), Brennero (dal Trentino-Alto Adige) e Tarvisio (Friuli Venezia Giulia).
Diversi di questi valichi però hanno problemi di varia natura che rischiano di compromettere in modo significativo il trasporto delle merci da e verso l’Italia, con gravi ricadute per l’economia nazionale. Al momento le soluzioni più concrete che sono state proposte puntano più che altro a superare i problemi dei singoli valichi, e sembra che nel breve periodo non ci siano alternative in grado di sostituire almeno in parte il passaggio delle merci dai soliti valichi.
La situazione più complicata è probabilmente quella che riguarda il passo del Brennero, che si trova fra la provincia italiana di Bolzano e la regione austriaca del Tirolo. Negli ultimi anni il governo austriaco ha aumentato le limitazioni alla circolazione dei camion sull’autostrada a nord del passo del Brennero, sostenendo di voler ridurre le emissioni inquinanti dovute al traffico. L’autostrada è tutta in territorio austriaco ma è molto utilizzata dai camion delle aziende di trasporto italiane perché è la più veloce per arrivare in Germania, il paese con cui l’Italia ha più scambi commerciali.
Le limitazioni prevedono che i camion non possano circolare di notte né quasi mai il sabato mattina, e in generale sono ammessi solo i veicoli con certe caratteristiche meno inquinanti. Nel passo del Brennero sono in corso da anni i lavori per la costruzione di una galleria ferroviaria di 64 chilometri, che diventerà il collegamento ferroviario sotterraneo più lungo al mondo e servirà a spostare la maggior parte del traffico sui treni. La fine dei lavori però è prevista per il 2032, e nel frattempo Italia e Austria non riescono a mettersi d’accordo sul trasporto delle merci che passa dall’autostrada.
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Non ci sono solo i problemi del Brennero. A marzo è stato deciso che il traforo del Monte Bianco resterà chiuso per lavori di manutenzione circa tre o quattro mesi all’anno, per i prossimi 18 anni: la chiusura del 2023 è stata fissata tra il 4 settembre e il 18 dicembre, il periodo in cui solitamente si registra il minor traffico. Il traforo del Monte Bianco collega dal 1965 l’Italia alla Francia, dal comune di Courmayeur in Valle d’Aosta a quello di Chamonix in Alta Savoia. È considerato importantissimo per l’economia italiana: dopo la Germania, la Francia è il paese con cui l’Italia scambia più merci, il 92 per cento delle quali su gomma.
Nel traforo del Monte Bianco non ci sono alternative ferroviarie, c’è solo il passaggio autostradale: per questo l’Italia ha proposto di costruire nel frattempo una seconda galleria, ma il ministro dei Trasporti francese, Clément Beaune, ha già fatto sapere che il suo governo non è intenzionato a realizzarla. Una parte del traffico merci che solitamente arriva in Francia dal Monte Bianco si sposterà necessariamente sul traforo del Fréjus, che parte dal Piemonte ed entro l’autunno dovrebbe inaugurare una seconda galleria.
Un’alternativa per portare le merci in Francia in futuro sarà la discussa linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione: in teoria i lavori dovrebbero terminare entro il 2032, ma la Francia non sta rispettando la tabella di marcia per i lavori che riguardano la sua parte. Di recente il “Consiglio d’indirizzo per le infrastrutture”, un ente consultivo del ministero dei Trasporti, ha inviato al governo un rapporto che ipotizza ritardi fino a 10 anni.
Tra i valichi alpini che resteranno a disposizione dell’Italia per il trasporto delle merci ci saranno quelli svizzeri, che però impongono molte limitazioni al trasporto su gomma e puntano a trasferire la maggior quantità possibile di merci su rotaia, sia per ragioni ambientali che di sicurezza.
L’Italia ha da tempo un problema di eccessiva dipendenza dallo scambio di merci su gomma: nel 2021 l’80 per cento delle merci passate in Italia è stato trasportato su gomma, contro una media europea di poco più del 70 per cento. Il traffico sui treni merci produce molte meno emissioni inquinanti ma in certi casi è più costoso e complesso da organizzare. In Italia si sposta su ferrovie poco più del 10 per cento delle merci, contro una media europea del 17 per cento, che nel 2030 secondo gli obiettivi dell’Unione Europea dovrebbe raggiungere il 30 per cento.
Le associazioni di categoria del trasporto su gomma, come l’ANITA (Associazione Nazionale Imprese Trasporti Automobilistici), temono che tutte le limitazioni e interruzioni previste per i prossimi anni possano avere gravi ripercussioni sui loro interessi economici e quindi anche su una parte consistente del commercio italiano. Il presidente di ANITA, Thomas Baumgartner, ha suggerito durante un convegno a Roma la necessità di pensare alternative: per esempio riprendendo il progetto incompiuto, iniziato negli anni Sessanta, della cosiddetta “Alemagna”, un’autostrada dalla storia discussa che avrebbe dovuto collegare Venezia e Monaco di Baviera, in Germania; oppure pensando a percorsi nuovi, come un’autostrada che colleghi Milano a Ulm, nella Germania meridionale.
Sono soluzioni piuttosto lontane e difficilmente realizzabili nel breve periodo, quando potrebbero già cominciare i problemi legati alle varie limitazioni sui valichi alpini. Anche per il trasferimento di una parte del trasporto delle merci sui treni, chiesto dall’Unione Europea per ragioni ambientali e auspicabile per una maggiore diversificazione delle soluzioni italiane, al momento non sembrano esserci piani in grado di smorzare le attuali preoccupazioni.