Miguel Díaz-Canel è stato confermato presidente di Cuba
Anche quasi tutte le nomine del nuovo governo sono state nel segno della continuità, nonostante la grave crisi economica dell'isola
Come ampiamente atteso, il neoeletto parlamento di Cuba ha confermato come presidente del paese Miguel Díaz-Canel, che è anche segretario del Partito comunista cubano nonché il primo leader post-rivoluzionario dell’isola a non appartenere alla famiglia Castro.
Díaz-Canel inizierà quindi il suo secondo mandato di cinque anni, l’ultimo possibile secondo quanto previsto dalla costituzione cubana, dopo quello cominciato nel 2018 quando aveva preso il posto di Raúl Castro. Díaz-Canel ha promesso una politica nel segno della continuità degli scorsi anni di governo, nonostante Cuba stia attraversando da almeno due anni una delle crisi più gravi e profonde dal 1959, anno della rivoluzione guidata da Fidel Castro che instaurò nel paese un regime comunista.
Il presidente è stato nominato dai 470 membri del parlamento, eletti a fine marzo da una lista di altrettanti candidati, tutti legati al Partito Comunista, che la popolazione poteva solo approvare o respingere (in quel caso i seggi sarebbero rimasti vacanti). Nella stessa seduta del parlamento, in cui era presente anche il novantunenne Raúl Castro, sono stati nominati anche i membri del governo e del Consiglio di Stato, i due organi con cui il Partito Comunista governa l’isola.
Le nomine sono andate tutte nella direzione della continuità: è stato confermato il primo ministro Manuel Marrero Cruz, uno dei politici più influenti della nuova generazione di dirigenti, nonché 24 dei 29 ministri dell’ultimo governo: sono cambiati solo quelli dell’Istruzione, dell’Istruzione superiore, della Finanza, del Commercio con l’estero e degli Investimenti esteri. Quest’ultimo, considerato molto importante, è stato affidato a una figura storica del movimento rivoluzionario cubano, Ricardo Cabrisas, di 86 anni, che negli ultimi decenni aveva occupato vari ruoli fondamentali nella gestione dell’economia dell’isola.
Sia il presidente Díaz-Canel che i rappresentanti del governo hanno indicato come motivo principale dell’attuale crisi le nuove misure relative all’embargo approvate dagli Stati Uniti sotto la presidenza di Donald Trump, ma «mantenute dal suo successore Biden». Sono state denunciate presunte campagne di destabilizzazione statunitensi per sovvertire l’ordine nell’isola sfruttando gli effetti della pandemia, nonché campagne mediatiche internazionali per «sminuire i risultati delle elezioni», in cui l’affluenza è stata notevolmente più bassa che in passato. Díaz-Canel ha indicato la lotta all’inflazione, la produzione di beni alimentari e lo sviluppo delle aziende statali socialiste come le sfide più importanti di questa fase della vita politica cubana.
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Cuba sta vivendo in questi anni una crisi profonda, causata da diversi fattori. La pandemia e il successivo blocco del turismo, una delle principali fonti di entrate del paese, hanno reso più evidenti problemi strutturali del sistema cubano che, insieme al perdurare dell’embargo degli Stati Uniti, condizionano l’economia dell’isola da decenni. I grandi debiti accumulati dallo stato nei confronti di creditori esteri hanno reso difficile l’approvvigionamento di materie prime e di beni di prima necessità, mentre le poche prospettive economiche e le forti limitazioni alle libertà politiche e civili hanno causato negli ultimi anni un flusso migratorio senza precedenti, soprattutto verso gli Stati Uniti.
La crisi è profonda e radicata, le misure messe in piedi dal governo, come le politiche monetarie o l’investimento massiccio nelle strutture per il turismo (a discapito anche di servizi essenziali), si sono rivelate fallimentari. L’impossibilità di reperire beni di prima necessità e l’inadeguatezza dei salari rispetto all’inflazione ha portato quasi un’intera generazione, quella dei giovani più istruiti, ad emigrare all’estero. Al momento non si vede una soluzione per uscire dalla crisi o almeno migliorare le condizioni generali di vita: le scelte dell’attuale classe dirigente, confermate da queste nomine (peraltro ampiamente attese), vanno nella direzione della continuità e dell’autoconservazione.
Al di là delle deficitarie politiche economiche, il primo mandato della presidenza di Díaz-Canel era stato caratterizzato dall’approvazione di due nuovi codici legislativi. Il codice penale, approvato mentre si svolgevano i processi ai manifestanti del 2021, rappresenta un ulteriore passo verso la repressione del dissenso: oltre ad aumentare a 24 i delitti per cui un cittadino può essere condannato alla pena di morte, aumenta da 5 a 10 anni la pena massima per reati come «il tentativo di cambiare l’ordine costituzionale».
Il nuovo codice delle famiglie, sottoposto ad approvazione popolare (a differenza di quello penale), comprende al suo interno la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso: l’approvazione è stata una decisione storica e molto rilevante, in un paese in cui gli omosessuali sono stati vittime di violenze e persecuzioni per anni. È considerato da giuristi ed esperti una delle leggi più moderne e garantiste al mondo sul tema, e oltre ai matrimoni omosessuali comprende anche la legalizzazione dell’adozione da parte di coppie dello stesso sesso e della gestazione per altri (cioè il processo per cui una donna mette a disposizione il proprio utero e porta avanti la gravidanza per conto di altri). Contiene inoltre misure che riguardano la tutela dei diritti dei minori, la responsabilità genitoriale e la violenza di genere.