Alla fine le gare olimpiche di pattinaggio si faranno a Milano
Lo ha deciso la fondazione Milano-Cortina che ha escluso la candidatura di Torino, sostenuta tra gli altri da Matteo Salvini
Dopo un confronto durato tre mesi la fondazione Milano-Cortina ha deciso che le gare di pattinaggio di velocità delle Olimpiadi invernali del 2026 si terranno a Milano, alla fiera della zona nord occidentale della città, tra i comuni di Rho e Pero. La conferma è arrivata martedì al termine del consiglio di amministrazione della fondazione. Inizialmente le gare erano previste a Baselga di Piné, un comune dell’Alta Valsugana, in provincia di Trento. I costi troppo alti relativi alla riqualificazione dell’impianto trentino avevano convinto la fondazione e il Comitato olimpico italiano (CONI) a spostare le gare.
L’assegnazione a Milano tuttavia non era scontata: nelle ultime settimane infatti ci sono stati tentativi concreti di spostare le gare a Torino in un impianto chiamato Oval, un palazzetto costruito per le Olimpiadi invernali del 2006. La scelta di Milano ha causato polemiche da parte di alcuni politici piemontesi che contavano anche sull’appoggio del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, sostenitore dell’ipotesi torinese.
Il problema principale della pista a Baselga di Piné erano i costi. L’organizzazione aveva previsto di spendere 75 milioni di euro per lavori di ammodernamento e copertura, una cifra considerata fuori portata dal CIO, il Comitato olimpico internazionale, che più volte negli ultimi anni aveva sollecitato gli organizzatori a portare avanti progetti sostenibili dal punto di vista economico, sociale e ambientale.
I costi per la costruzione di una pista provvisoria nei padiglioni della fiera di Milano saranno di 1,5 milioni di euro, a cui vanno ad aggiungersi altri 20 milioni di euro di affitto compensati con i diritti di marketing riconosciuti alla fondazione: in questo modo l’affitto sarà coperto da sponsor privati.
Secondo le prime ipotesi di progetto verranno unificati i padiglioni 13 e 15 della fiera in un unico spazio ampio 35mila metri quadrati. Qui sarà costruita la pista lunga 400 metri, una tribuna da 6.500 posti a sedere, una pista lunga di allenamento, spogliatoi. Sarà poi installato un impianto di condizionamento per rispettare il livello di umidità (tra il 30 e il 40%) e temperatura prescritto dalla federazione internazionale di pattinaggio. Nel padiglione numero 24 sarà costruito il cosiddetto media center, cioè strutture dedicate ai giornalisti. Sarà tutto smontabile e quindi provvisorio: al termine delle Olimpiadi la fiera tornerà ad avere i suoi spazi. Il fabbisogno energetico dovrebbe essere assicurato da un impianto fotovoltaico.
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Secondo la fondazione, come si legge nella nota diffusa ieri al termine del consiglio di amministrazione, la proposta milanese ha diversi vantaggi tra cui il fatto che sempre a Milano si terranno le altre gare sul ghiaccio (hockey, short track e pattinaggio di figura, mentre il curling sarà a Cortina) e costi inferiori rispetto a Torino. In un’intervista al Sole 24 Ore l’amministratore delegato della fondazione, Andrea Varnier, ha spiegato che la riqualificazione dell’Oval di Torino sarebbe costata 9 milioni di euro. Inoltre avrebbe previsto spese notevoli per la realizzazione di un nuovo villaggio olimpico, di trasporti e di strutture per i giornalisti. I costi operativi sarebbero stati di 6 milioni di euro a carico della fondazione. Torino aveva comunque assicurato che le spese sarebbero state coperte con fondi europei e regionali, e con un contributo di fondazioni bancarie e della Camera di Commercio per trovare 588 posti necessari per ospitare gli atleti.
«Vediamo se riusciamo a inserire anche un pezzetto di Piemonte», aveva detto Matteo Salvini a metà marzo, alimentando le speranze di molti politici torinesi, che ora criticano la scelta fatta dalla fondazione Milano-Cortina. «È una decisione incomprensibile dettata più dalla politica che da ragioni tecniche» ha detto l’assessore regionale allo Sport, Fabrizio Ricca. «Milano ha scelto di escludere Torino per paura di essere messa in ombra sia dalla nostra capacità di organizzare, sia per la nostra capacità di portare avanti uno spirito olimpico che ci era stato invidiato da tutti. Ne riparleremo tra sei mesi, quando si renderanno conto di non aver iniziato in tempo le opere».