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  • Mercoledì 19 aprile 2023

L’importanza della liberalizzazione dei visti per i kosovari

Dal 2024 potranno entrare nell'area Schengen senza visto: era una decisione attesa da anni, soprattutto dai tantissimi giovani del paese

Alcuni tifosi e tifose sventolano la bandiera del Kosovo prima di una partita della nazionale di calcio maschile contro l'Inghilterra (AP Photo/Boris Grdanoski)
Alcuni tifosi e tifose sventolano la bandiera del Kosovo prima di una partita della nazionale di calcio maschile contro l'Inghilterra (AP Photo/Boris Grdanoski)

Martedì intorno alle 12 il Parlamento Europeo radunato in sessione plenaria ha approvato in via definitiva la liberalizzazione dei visti per le persone del Kosovo, che dal 1° gennaio 2024 potranno entrare nella maggior parte dei paesi dell’Unione Europea senza chiedere un visto, per un soggiorno fino a tre mesi. L’approvazione è avvenuta in pochi secondi, senza un voto dell’aula per via di una questione procedurale: tutti i passaggi legislativi erano stati esauriti, e un voto sarebbe stato necessario solo in caso di una esplicita richiesta da parte dei parlamentari. Subito dopo il Parlamento Europeo ha votato su altre decine di questioni, dagli standard per costruire nuovi macchinari a un rapporto sulle relazioni col Consiglio d’Europa (una organizzazione che non fa parte dell’Unione Europea).

Il voto sul Kosovo è stato una piccola parentesi nella settima sessione plenaria dell’anno del Parlamento Europeo, e più in generale non rientrava fra le principali priorità dell’attuale legislatura europea. Eppure per il Kosovo, un paese di 1,8 milioni di abitanti nato poco più di quindici anni fa dopo essersi separato dalla Serbia, questa decisione avrà conseguenze molto concrete, che già ora stanno generando un certo entusiasmo. Del resto era attesa da anni e qualche tempo fa era stata oggetto di una campagna pubblica sostenuta fra gli altri dalla cantante Dua Lipa, che ha la doppia cittadinanza kosovara e britannica.

«Da gennaio i nostri cittadini si sentiranno finalmente uguali agli altri europei», ha detto al giornale kosovaro Gazeta Express la presidente del paese, Vjosa Osmani. «Per il nostro paese è una giornata storica», ha commentato Behgjet Pacolli, imprenditore e fra gli uomini più ricchi del Kosovo, più volte ministro (nonché ex marito della cantante italiana Anna Oxa).

Il Kosovo era rimasto l’ultimo paese dei cosiddetti Balcani occidentali, cioè la regione appena al di fuori dei confini sudest dell’Unione Europea, i cui cittadini non potevano entrare nell’Unione Europea liberamente. Già dal 2018 aveva raggiunto i moltissimi obiettivi imposti dall’Unione Europea per ottenere la liberalizzazione dei visti, ma da allora gli stati dell’Unione che non riconoscono l’indipendenza del Kosovo – fra cui Spagna, Romania e Grecia – avevano rallentato il processo di approvazione.

La possibilità di spostarsi in Europa occidentale per studiare, lavorare o anche solo visitare i propri parenti e amici è un tema molto sensibile per i paesi dei Balcani che non fanno parte dell’Unione Europea, come quelli dei Balcani occidentali. I passaporti della Jugoslavia, il paese di cui hanno fatto parte fino alla sua dissoluzione nel 1991, permettevano di spostarsi piuttosto liberamente sia in Occidente sia all’interno dell’Unione Sovietica. «Quel relativo privilegio scomparve con la caduta della Cortina di Ferro e la disgregazione della Jugoslavia», ha scritto Radio Free Europe. «I successivi decenni di isolamento si sono gradualmente conclusi dopo che a partire dal 2009 l’Unione Europea iniziò a garantire l’ingresso senza visto a chi viene da paesi come la Serbia, il Montenegro e la Macedonia del Nord».

L’isolamento a un certo punto era finito per tutti, tranne per il Kosovo. Ad oggi chi possiede un passaporto del Kosovo può entrare senza il visto in soli 14 paesi al mondo, contro per esempio i 123 di chi ha un passaporto italiano. Ancora oggi il Kosovo è riconosciuto da circa metà dei paesi membri dell’ONU.

Secondo una lunga inchiesta del sito di news Kosovo 2.0, fra il 2014 e il 2021 i kosovari hanno fatto richiesta per ottenere circa 600mila visti di breve durata per entrare nella zona Schengen, cioè lo spazio di libera circolazione di cui fanno parte quasi tutti i paesi dell’Unione Europea oltre a Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein. Circa il 20 per cento di queste richieste sono state respinte, anche se circolano stime decisamente più alte.

Negli anni i kosovari hanno raccontato spesso del processo complicato e a tratti umiliante per ottenere un visto per l’Europa, sia di breve sia di lunga durata. Spesso fra l’altro i paesi europei appaltano la gestione dei visti a società esterne, che adottano criteri opachi e opinabili per selezionare chi ha diritto a entrare o meno.

Alcuni paesi poi, come il Belgio, non hanno ancora un’ambasciata a Pristina, la capitale del Kosovo. Kosovo 2.0 ha raccontato il caso di una ragazza 17enne, Enduena Klajiqi, che dopo essere stata accettata in un’università belga ha dovuto chiedere due visti. Uno per entrare in Bulgaria, dove ha sede l’ambasciata belga più vicina, e uno per poter studiare in Belgio. Driton Selmani, un artista e designer, ha raccontato a Kosovo 2.0 di dovere spesso viaggiare all’estero per lavoro: «Ogni volta che chiedo un visto, a un certo punto mi chiedo: ne vale davvero la pena?». Alcuni kosovari hanno paragonato i molti ostacoli che impediscono loro di viaggiare all’estero alla sensazione di vivere su un’isola.

Eppure il Kosovo rimane un paese decisamente filo-europeo: tutti i principali partiti hanno come obiettivo a lungo termine l’ingresso nell’Unione Europea. L’influenza della Russia è meno presente che in Serbia, un paese che non ha mai riconosciuto l’indipendenza del Kosovo e con cui periodicamente riemergono tensioni o polemiche, come quella sulle targhe delle auto che alla fine del 2022 era finita su tutti i giornali internazionali.

La decisione del Parlamento Europeo avrà conseguenze concrete soprattutto per i giovani del Kosovo, che potranno fare brevi esperienze di studio e di lavoro nell’Unione Europea, o anche solo fare le vacanze e andare a trovare amici e parenti che vivono all’estero. E i giovani in Kosovo sono tantissimi: poco meno della metà dei kosovari ha meno di 25 anni. In Kosovo come in Albania, i due paesi al mondo abitati prevalentemente da persone di etnia albanese, il tasso di natalità è sempre stato alto per ragioni culturali e sociali: su tutte il fatto che molti degli abitanti erano agricoltori, e quindi avevano un costante bisogno di forza lavoro. In un articolo di qualche anno fa Politico sosteneva che l’età media a Pristina, la capitale del Kosovo, era di 28 anni. Al momento della sua elezione la presidente Osmani di anni ne aveva 38.

«Se stavolta riusciremo a ottenere la liberalizzazione dei visti, significherà molto per tutti i giovani, per la loro educazione e le loro carriere», spiegava qualche mese fa a Radio Free Europe Stefan Stojanovic, leader di un’associazione giovanile a Partes, una città kosovara a maggioranza serba. «Vivere qui è bello, ma ci si annoia. È tutto uguale. Bisogna girarlo il mondo, almeno un po’».

Per tutte queste ragioni la decisione del Parlamento Europeo era attesa soprattutto dai kosovari più giovani. Nel 2022 i più attivi politicamente avevano partecipato a una campagna pubblica chiamata #SetMeFree, “liberami”, per chiedere all’Unione Europea di accelerare la liberalizzazione dei visti. Alla campagna aveva aderito pubblicamente anche Dua Lipa, una delle popstar più famose al mondo.