L’animato dibattito sull’opportunità di abbattere l’orsa JJ4
Cioè quella che ha ucciso Andrea Papi in Trentino: gli enti locali sono per sopprimerla, le associazioni vorrebbero più misure preventive
Nella notte fra lunedì e martedì è stata catturata l’orsa che lo scorso 5 aprile nei boschi vicino a Caldes, in provincia di Trento, aveva aggredito e ucciso Andrea Papi, un giovane di 26 anni che stava rientrando da una corsa in montagna. L’orsa, che si chiama JJ4, ha 17 anni ed è stata riconosciuta come colpevole dell’aggressione grazie a test genetici svolti su campioni organici ritrovati sul luogo dell’aggressione. Al momento si trova al Centro di recupero fauna alpina Casteller e resterà lì in attesa che venga definito il suo futuro: è una struttura con barriere alte 4 metri, tre recinti elettrificati e che ospita anche l’orso M49, già protagonista fra il 2019 e il 2020 di evasioni e incursioni nei centri abitati.
Sul caso di JJ4 è in corso un procedimento legale che dovrà decidere la legittimità dell’ordinanza di abbattimento firmata l’8 aprile dal presidente della provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti. Il Tribunale amministrativo regionale (Tar) di Trento ha accolto qualche giorno fa un ricorso presentato dalla Lega anti-vivisezione (Lav) e dalla Lega per l’abolizione della caccia. L’abbattimento è stato sospeso fino all’11 maggio, quando il tribunale dovrà esprimersi definitivamente dopo aver analizzato documenti supplementari che sono stati richiesti alle parti in causa.
L’opportunità dell’abbattimento dell’orsa JJ4, e degli orsi considerati “problematici” in generale, è diventata un tema di dibattito anche fuori dalle aule di tribunale, soprattutto nelle zone che dalla fine degli anni Novanta hanno ospitato il progetto di ripopolazione degli orsi chiamato Life Ursus, finanziato dall’Unione Europea dopo che la specie era arrivata a estinguersi a livello locale per via della caccia.
Molte associazioni animaliste si sono espresse per trovare soluzioni alternative all’abbattimento e alcune, fra cui proprio Lav, hanno indicato alcune strutture all’estero che sarebbero pronte ad accogliere l’orsa. L’abbattimento viene considerata come una soluzione estrema, punitiva e sproporzionata per un animale che avrebbe come unica colpa quella di «essersi comportato come un orso». Le soluzioni alternative proposte dalle associazioni, invece, passano da una maggiore sorveglianza dei movimenti degli esemplari alla salvaguardia di spazi a loro dedicati, e in ultima istanza al trasferimento degli esemplari che hanno causato maggiori problemi in zone con meno presenze umane.
I rappresentanti degli enti locali ribadiscono invece la necessità di interventi puntuali per garantire la sicurezza dei cittadini, messa in pericolo specialmente da alcuni esemplari più inclini al contatto con l’uomo. I sindaci delle zone maggiormente interessate dalla presenza degli orsi, ossia la val di Sole, la val di Non, l’altopiano della Paganella e anche il comune di Cles dove è avvenuta l’aggressione, intendono presentarsi come “soggetti interessati” alla riattivazione dell’ordinanza e quindi all’abbattimento. Alcuni hanno polemicamente minacciato dimissioni se non sarà trovata una soluzione alla convivenza fra orsi ed esseri umani.
Il presidente della provincia, Maurizio Fugatti, ha raccontato martedì in conferenza stampa le operazioni che hanno portato alla cattura dell’orsa, avvenuta utilizzando una trappola costituita da un grosso tubo, al cui interno è presente un’esca alimentare e olfattiva: quando l’orso entra attirato dagli odori fa scattare un meccanismo e rimane imprigionato. Nel caso specifico l’orsa JJ4 è stata catturata con due dei suoi tre cuccioli già svezzati, che sono stati rimessi in libertà.
Fugatti ha ribadito la posizione degli enti locali, secondo cui si devono seguire i protocolli dello stesso progetto Life Ursus evitando una eccessiva antropomorfizzazione degli orsi che blocca ogni misura di prevenzione di nuovi problemi: parliamo di quella tendenza, propria degli esseri umani, che attribuisce caratteristiche, pensieri o sofferenze tipicamente umane a cose o ad altri esseri viventi di altre specie. Gli enti locali chiedono anche interventi per ricollocare parte della popolazione degli orsi, considerata in sovrannumero.
La provincia ha già inoltrato al Tar i documenti richiesti e domandato che venga anticipata la data dell’11 maggio per la decisione finale. Nei prossimi giorni dovrebbe arrivare anche la relazione dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, un ente pubblico che fa ricerca e monitoraggio e dà assistenza tecnico-scientifica alle autorità italiane sulle questioni ambientali.
L’Ispra ha dato parere favorevole all’abbattimento, spiegando in una nota che «ad oggi, gli orsi considerati problematici in Trentino sono la femmina JJ4 e due maschi, MJ5 e M62», e citando il Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centro-orientali (Pacobace) che «contiene una tabella di riferimento con i comportamenti problematici degli orsi». La tabella comprende un elenco dei comportamenti e le contromisure possibili da parte delle autorità, li ordina secondo un indice di pericolosità e indica che per definire un orso «problematico» è importante conoscere la sua storia e tener conto dei suoi eventuali precedenti comportamenti anomali. In sostanza se un esemplare è recidivo ci sono più ragioni per definirlo problematico: «La valutazione dei comportamenti va condotta caso per caso, tenendo conto non solo della chiave interpretativa circa il grado di problematicità fornita dalla tabella».
L’orsa JJ4, nata nel 2006, fu segnalata una prima volta nel 2020, quando in compagnia dei propri cuccioli incrociò due escursionisti e ritenendosi in pericolo li aggredì, ferendoli. La provincia emanò un’ordinanza di abbattimento, che fu poi sospesa in modo definitivo: da allora sono stati segnalati altri due eventi minori prima dell’aggressione mortale del 5 aprile. JJ4 aveva un radiocollare che ne tracciava i movimenti: quasi tutti gli orsi bruni del Trentino sono schedati, classificati e in parte monitorati.
Secondo alcune associazioni ambientaliste e animaliste, però, in questi anni gli enti locali non hanno messo in pratica i necessari strumenti di prevenzione per evitare gli incontri imprevisti e per favorire la convivenza. L’Ente nazionale protezione animali (Enpa), la Lega italiana difesa animali e ambiente (Leidaa) e l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) hanno già annunciato un nuovo ricorso che ha l’intento di integrare con nuovi presupposti e argomentazioni quello presentato dalle altre associazioni.
Secondo queste associazioni l’aggressione mortale e gli altri eventi simili sono avvenuti perché non sono state attuate abbastanza misure che favoriscano la convivenza, come «il monitoraggio in tempo reale» degli esemplari, la chiusura di alcune aree particolarmente popolate di orsi, una maggiore diffusione di cassonetti anti-orso (quelli con un coperchio fatto in modo tale da rendere impossibile per gli orsi aprirlo) e recinzioni elettrificate. Inoltre le associazioni chiedono anche «efficaci azioni di sensibilizzazione e d’informazione rivolte a turisti e residenti».
Insomma, secondo le associazioni la soluzione sul lungo periodo alla questione della convivenza passa per una maggiore delimitazione delle aree in cui si muovono umani e orsi per ridurre gli incontri, da misure volte a evitare l’avvicinamento degli animali ai centri abitati, da un’informazione più puntuale sui rischi e sui comportamenti adatti da tenere in caso di incontro fortuito. Studi molto citati dicono che un’informazione più costante riduce il numero degli incidenti, comunque non particolarmente comuni anche in paesi dove gli orsi sono più numerosi che in Trentino.
– Ascolta anche: M49 – Una storia di orsi e persone