La soluzione dell’Alto Adige per il turismo di massa

Ha introdotto un limite ai posti letto e quindi ai pernottamenti in ogni comune, una regola che molte altre città italiane vorrebbero copiare

lago di resia
Il lago di Resia, in Val Venosta (Tommy Krombacher/Unsplash)
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Quest’anno i sindaci delle Cinque Terre, in Liguria, si aspettano molti turisti in più del 2022, quando erano stati 3 milioni, un flusso già considerato eccessivo e non gestibile. Per questo nelle ultime settimane si sono interrogati su come limitare gli arrivi, e una delle strategie ritenute più interessanti è quella scelta dalla provincia autonoma di Bolzano, che lo scorso settembre ha introdotto un limite al numero dei posti letto in ogni comune: in totale saranno autorizzati 34 milioni di pernottamenti annui. Le nuove regole sono state approvate al termine di un lungo dibattito sullo sviluppo e le opportunità economiche della provincia. «Per il futuro abbiamo scelto di puntare sulla qualità e non più sulla quantità», dice l’assessore provinciale al Turismo, Arnold Schuler.

La soglia di 34 milioni di pernottamenti corrisponde al livello raggiunto in Alto Adige nel 2019, prima delle restrizioni dovute alla pandemia. Le regole sono state studiate partendo da quella soglia e si basano su un rigido controllo dei posti letto di tutte le strutture turistiche. Entro la fine di giugno alberghi, B&B e campeggi devono comunicare ai comuni quanti posti letto hanno a disposizione in base ai posti dichiarati nel 2019 o ad ampliamenti per cui è già stata chiesta l’autorizzazione.

A quel punto ogni comune avrà una quota di posti letto fissa da cui ricavare il totale dei pernottamenti annuali, secondo le previsioni 34 milioni. Chiunque voglia aprire un albergo o un B&B deve chiedere il permesso al comune, che se non ha posti a disposizione non potrà dare nuove autorizzazioni. Se un albergo o un B&B chiude, i posti letto tornano nelle disponibilità dei comuni che potranno assegnarli agli imprenditori turistici che ne hanno fatto richiesta.

Alcuni comuni e albergatori hanno criticato le nuove regole sostenendo che siano un freno all’iniziativa imprenditoriale e allo sviluppo turistico. In particolare, le regole sono state criticate perché non consentirebbero alle nuove generazioni di ampliare e migliorare il lavoro fatto dai genitori o dai nonni. La provincia autonoma ha così previsto un accorgimento, chiamato “anticipo di posti letto”, che consente ai comuni di concedere alcuni posti in anticipo rispetto all’eventuale futura dismissione di altre strutture. Il 95 per cento dei posti letto torna nella disponibilità del comune, mentre il 5 per cento viene gestito dalla provincia che avrà la possibilità di destinarli ai comuni con meno posti. I comuni, però, nell’assegnare gli anticipi dovranno prediligere strutture piccole, con meno di 40 posti letto. In totale sono stati previsti settemila nuovi posti assegnati in anticipo, che dovranno essere comunque compensati da chiusure o diminuzione di posti nei prossimi 10 anni.

L’assessore Schuler spiega che il limite ai posti letto è stato introdotto perché gli amministratori si sono resi conto che la quantità di turisti arrivata nel 2019 non è più superabile. «Oltre all’affollamento nelle strade, l’aumento degli alloggi offerti sulle piattaforme come Airbnb è diventato un problema soprattutto nei comuni più grandi perché per gli abitanti è complicato trovare case in affitto o da comprare», dice. Secondo i dati diffusi dalla provincia autonoma, dal 2016 al 2020 il numero degli alloggi altoatesini su Airbnb è quadruplicato: erano 1.100 e sono arrivati a poco meno di 4.000. I dati relativi agli ultimi due anni non sono disponibili, ma è presumibile che il numero sia cresciuto ancora.

Nello studio intitolato “Ambizioni di sviluppo territoriale in Alto Adige. Verso una nuova cultura del turismo”, che è stato commissionato dalla provincia al centro di ricerca Eurac e che ha ispirato il nuovo regolamento, c’è scritto che il turismo genera sia effetti positivi che negativi. Secondo i ricercatori il turismo può avere effetti indesiderati sul costo della vita, sui trasporti e sulla cultura del costruire. «Anni di turismo record come il 2019 ci ricordano che il turismo in Alto Adige lavora sempre più ai limiti della sua sostenibilità sociale, ecologica e, in ultima analisi, anche economica. D’altro canto gli anni della pandemia hanno anche mostrato quanto rapidamente la realtà possa cambiare e quanto sia importante adattarsi rapidamente e in modo appropriato a un nuovo contesto», dice lo studio.

In sostanza la provincia autonoma di Bolzano ha introdotto regole chieste da molte altre città italiane, che vorrebbero mettere un limite al numero di alloggi offerti sulle piattaforme.

A Venezia, una delle città italiane in cui la proliferazione degli affitti brevi sta creando più problemi, l’organizzazione chiamata Alta tensione abitativa (ATA) ha presentato una proposta di legge che prevede per i comuni la possibilità di limitare il numero degli immobili dati in affitto breve con la facoltà di individuare zone dove applicare questa limitazione.

Le discussioni e la sensibilizzazione su questo tema erano già iniziate prima che la pandemia bloccasse l’arrivo di turisti da tutto il mondo. Oltre a fare concorrenza agli alberghi, gli alloggi messi a disposizione su Airbnb hanno contribuito ad aumentare il costo degli affitti, con una dinamica analoga a quelle di molte altre città europee. Oggi vivere a Venezia è molto più costoso di quanto non fosse dieci anni fa, cosa che ha contribuito in parte allo spopolamento e di conseguenza a trasformare i negozi, i servizi e più in generale la città.

In altre città comitati e associazioni discutono di proposte simili e anche qualche sindaco ha chiesto al governo di poter limitare l’offerta extra alberghiera. Schuler sostiene che la loro iniziativa sia stata possibile non solo perché la provincia di Bolzano è autonoma, quindi con più potere rispetto alle altre. «Anche noi abbiamo dovuto motivare i limiti allo Stato», dice. Al momento non sono stati presentati ricorsi.

I sindaci di altre città come Firenze e Bologna, tuttavia, sostengono che sia possibile imporre regole più restrittive soltanto con un intervento legislativo del parlamento. Lo scorso anno, nell’approvazione del cosiddetto decreto Aiuti, è stato approvato un emendamento che concede più libertà proprio a Venezia. Finora il comune di Venezia non lo ha sfruttato.

Sindaci e amministratori di altre città italiane, come quelli dei comuni delle Cinque Terre, osservano con attenzione il caso altoatesino soprattutto per come saranno applicate le nuove regole. Da sempre, infatti, è complicato controllare che vengano rispettate le leggi regionali sul turismo e che vengano pagate le tasse sui proventi dell’attività extra alberghiera. In Alto Adige i controlli spetteranno ai comuni, che hanno la gestione dei posti letto.

Tra le altre cose, sarà interessante capire cosa succederà anche alla luce dei dati recenti sulle presenze turistiche registrate nel 2022: secondo la pubblicazione “Barometro dell’economia” realizzata dall’Istituto di ricerca economica della Camera di commercio di Bolzano, lo scorso anno sono stati registrati 34,4 milioni di pernottamenti, l’1,2 per cento in più rispetto al 2019, anno individuato per la soglia provinciale. «Dobbiamo aspettare e vedere quali effetti concreti avrà la nuova legge sul territorio e paesaggio, per capire se sono necessari degli aggiustamenti» ha detto Manfred Pinzger, presidente dell’HGV, l’Unione Albergatori e Pubblici Esercenti. «L’HGV si è dichiarato d’accordo con i principi del piano provinciale per lo sviluppo turistico».

Negli ultimi anni in alcune delle località più note dell’Alto Adige sono state introdotte regole ancora più severe per limitare il turismo chiamato “mordi e fuggi”, cioè delle persone che non si fermano a dormire. A Braies, dove si trova uno dei laghi alpini più noti e fotografati, dal 10 luglio al 10 settembre il lago è raggiungibile solo a piedi, in bici o in autobus, mentre chi arriva in macchina o in moto deve prima prenotare il parcheggio. Secondo i calcoli dell’amministrazione comunale il divieto che viene fatto rispettare con uno sbarramento alle strade di accesso consente di limitare l’accesso alla valle di Braies a non più di 5.500 persone al giorno.