Che cosa sta succedendo in Sudan
L'esercito e un potente gruppo paramilitare combattono per il controllo del paese: ci sono almeno 59 morti civili e si teme che gli scontri possano trasformarsi in una guerra più estesa
Da sabato vanno avanti in Sudan duri combattimenti tra l’esercito regolare sudanese e il potente gruppo militare Rapid Support Forces (RSF) per ottenere il controllo del paese. Il grosso dei combattimenti si sta svolgendo nella capitale Khartum, dove i due gruppi sostengono entrambi di avere il controllo del palazzo presidenziale e dell’aeroporto, ma si sono estesi a numerose altre città del paese.
Al momento ci sono almeno 59 morti civili e più di 500 feriti. Tra i morti ci sono anche tre impiegati del World Food Programme (WFP), un’agenzia dell’ONU che si occupa di assistenza alimentare: sarebbero finiti in mezzo a uno scontro tra le due forze a Kabkabiya, una città nella parte occidentale del paese. Ci sono anche moltissimi morti tra i soldati e i paramilitari, ma al momento non ci sono stime affidabili.
I combattimenti sono cominciati sabato mattina a Khartum e si sono estesi al resto del paese, ma la situazione sul campo è molto confusa ed è ancora difficile capire come stiano avvenendo gli scontri e soprattutto chi abbia in mano il controllo del Sudan. Il rischio principale, al momento, è che questo scontro per il potere tra fazioni militari si possa trasformare in una guerra civile, in un paese che è già molto instabile e coinvolto in conflitti etnici.
A TV broadcast was interrupted when loud bangs were heard in the background while the anchor was live from a studio in Omdurman. Sudan’s paramilitary Rapid Support Forces said they had taken control of the presidential palace in an apparent coup bid https://t.co/Z1S4mnpsiq pic.twitter.com/RlHbJoEVzY
— Reuters (@Reuters) April 15, 2023
Il Sudan è un enorme paese che si trova immediatamente a sud dell’Egitto e che è strategico per varie ragioni sia politiche sia militari. Tra le altre cose, è uno dei principali luoghi di partenza dei flussi migratori che dall’Africa subsahariana arrivano alla Libia per poi imbarcarsi nel Mediterraneo.
Da sabato mattina nella capitale e in altre città del paese ci sono esplosioni e scontri a fuoco, e la popolazione civile è bloccata nelle proprie case. Varie testimonianze raccontano anche di bombardamenti aerei: l’esercito, che ha il controllo dell’aviazione, ha detto di aver colpito con i caccia le basi delle RSF. Nella notte di sabato e nella giornata di domenica gli scontri si sono estesi e intensificati. Le due forze che combattono hanno cominciato a usare l’artiglieria, e sono iniziati scontri anche in città che sabato non erano state coinvolte, come la città di Port Sudan, sul mar Rosso.
In alcune città del paese è saltata l’elettricità e i combattimenti nell’aeroporto di Khartoum sono stati così intensi che un aereo passeggeri della compagnia aerea Saudia, dell’Arabia Saudita, è finito in mezzo agli scontri a fuoco.
Latest: Sudan — airline jets at Khartoum Intl Airport appear to have been destroyed amid the ongoing military coup currently under way in the capital. Saudia Airbus A330 and SkyUp Boeing 737 on fire at the airport amid heavy gunfire & blasts #Sudan pic.twitter.com/VW6SflNgvR
— Alex Macheras (@AlexInAir) April 15, 2023
I combattimenti stanno avvenendo tra l’esercito regolare del Sudan, comandato dal presidente del paese, il generale Abdel Fattah al Burhan, e il potente gruppo paramilitare RSF, che di fatto è un esercito parallelo (conta tra i 70 e i 100 mila membri) ed è comandato dal vicepresidente del paese, il generale Mohamed Hamdan Dagalo, noto anche come Hemedti.
Nell’ottobre del 2021, dopo la caduta del lungo regime di Omar al Bashir e una breve parentesi democratica, i due generali Burhan e Dagalo avevano unito le forze per rovesciare il governo civile con un colpo di stato e instaurare una dittatura militare. Da allora il paese è governato da una giunta militare chiamata Consiglio Sovrano, di cui Burhan è il capo e Dagalo il secondo in comando.
L’alleanza tra i due è durata poco. A dicembre del 2022, anche grazie a forti pressioni internazionali, il governo militare sudanese aveva acconsentito a un accordo per restituire il potere a un’amministrazione civile, e riprendere gradualmente il percorso di democratizzazione interrotto nel 2021. In cambio, la comunità internazionale avrebbe sbloccato fondamentali aiuti economici. Una delle condizioni era che le RSF si sciogliessero e si integrassero all’interno dell’esercito regolare, sotto a un comando unico. Dagalo si è però opposto, temendo di perdere il suo potere, e ha detto che l’integrazione delle RSF con l’esercito avrebbe richiesto non meno di dieci anni.
Burhan e Dagalo hanno cominciato a quel punto a scambiarsi accuse durissime, facendo capire di essere pronti allo scontro armato. Gli scontri politici si sono trasformati sabato in violenti combattimenti militari, che erano attesi da settimane: sia l’esercito sia i paramilitari da tempo stavano ammassando soldati e rafforzando le proprie posizioni e basi.
Le RSF sono la derivazione diretta dei Janjawid, i miliziani di etnia araba fedeli al regime di Omar al Bashir che nel corso della guerra nella regione del Darfur, cominciata nel 2003, commisero massacri e torture e furono accusati di genocidio. Dagalo, al tempo, era il capo dei Janjawid ed è stato accusato di massacri e crimini contro l’umanità. Dopo la guerra in Darfur, le RSF si reinventarono come esercito di frontiera, ma il loro potere è sempre rimasto molto forte. Negli ultimi mesi, tra le altre cose, sembra essersi molti intensificato il rapporto di collaborazione tra i Janjawid e il gruppo Wagner, il famoso corpo mercenario russo che combatte anche in Ucraina.
Anche i vertici dell’esercito regolare, di cui Burhan è da tempo uno dei principali esponenti, furono accusati di crimini di guerra e genocidio in Darfur.