Il borgo medievale spagnolo evacuato per errore
60 anni fa gli abitanti di Granadilla dovettero lasciare le loro case per fare spazio a un bacino idrico, ma il paese non fu mai sommerso
Granadilla è un piccolo borgo medievale che si trova nella provincia di Cáceres, nella comunità autonoma dell’Estremadura, nella parte occidentale della Spagna. Sorge sulle rovine di un’antica fortificazione, è sovrastato da un castello del Quindicesimo secolo ed è una meta turistica piuttosto conosciuta nella zona, però non ci vive nessuno. Negli anni Sessanta tutti gli abitanti del posto furono costretti a lasciare le loro case per permettere la costruzione di un bacino idrico che avrebbe dovuto sommergere anche il borgo, che in realtà non fu mai inondato. Malgrado varie proteste, ancora oggi continua a essere disabitato. Granadilla compare anche alla fine del film con Antonio Banderas Légami!, girato nel 1989 dal famoso regista Pedro Almodóvar, che è originario proprio dell’Estremadura.
Nel Nono secolo Granadilla era una cittadina fortificata, costruita da comunità musulmane sulla sommità di un colle in un punto strategico lungo la Ruta de la Plata, un’antica via del commercio nella regione. A fine Quattrocento, nel periodo finale della cosiddetta Reconquista del territorio da parte dei re cristiani, un nobile castigliano fece costruire un castello e nuove mura. Il nome originario della fortificazione era Granada, ma dopo la conquista dell’omonima città in Andalusia e l’espulsione dei musulmani iberici dalla Spagna nel 1492 fu denominata Granadilla per evitare confusione.
Nei secoli successivi il borgo continuò a crescere: si stima che nel 1848 i suoi abitanti fossero poco più di 700 e circa cento anni dopo 1.126. Le cose cambiarono negli anni Cinquanta, quando la dittatura di Francisco Franco avviò una serie di progetti per costruire dighe e bacini idrici per favorire lo sviluppo dell’economia in varie parti della Spagna. Un decreto ministeriale del giugno del 1955 sancì l’espropriazione della maggior parte delle terre municipali e stabilì che gli abitanti di Granadilla dovessero abbandonare il borgo per permettere la costruzione del bacino idrico di Gabriel y Galán, ricavato da una diga sul fiume Alagón: cominciò così un esodo che durò alcuni anni.
Dal 15 giugno del 1960 i residenti che non se n’erano ancora andati (circa 480) vennero considerati occupanti illegali delle case confiscate dal governo. Gli ultimi comunque lo fecero nel 1964, quando ormai l’acqua del bacino aveva sommerso quasi tutti i campi e i pascoli su cui facevano affidamento gli abitanti per mantenersi. Vennero inondate anche tutte le strade che portavano a Granadilla tranne una, ma il borgo non fu sommerso: rimase isolato su una penisola ancora raggiungibile. Nonostante il piano non fosse andato come previsto e le case della cittadina fossero rimaste integre, ai residenti non fu permesso di tornarci.
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Oggi Granadilla è uno dei pochi borghi fortificati spagnoli con le mura ancora intatte ed è una specie di museo all’aperto. Si può passeggiare per le sue vie, arrivando fino alla piazza principale (Plaza Mayor), curiosare attorno alle case vuote o salire sul torrione del castello. Non ci sono però acqua e corrente elettrica, né un ufficio del turismo, bar o ristoranti. Per anni un’associazione di ex residenti e di loro discendenti ha cercato di ottenere il permesso di tornare ad abitare nel borgo, ma senza successo.
Eugenio Jiménez, un pensionato di 75 anni che da ragazzo dovette abbandonare il posto con la sua famiglia, ha detto al País che non bisogna definire Granadilla «un paese abbandonato», perché la gente non decise di andarsene, ma venne cacciata. Oltre a Jiménez, che è il presidente dell’associazione, altri ex residenti hanno parlato della grande ingiustizia che ritengono di aver subìto: sia per le grandi difficoltà di doversi ristabilire altrove, sia perché oggi come allora, a loro dire, il governo spagnolo non ascolta gli appelli di chi vorrebbe tornarci.
Nel 1980 Granadilla è stata dichiarata sito storico e artistico nazionale e quattro anni dopo è stata inclusa nel programma per il recupero dei borghi abbandonati, sostenuto dal ministero spagnolo dell’Ambiente, da quello dell’Istruzione e da quello della Casa, oltre che dalla giunta dell’Estremadura: nell’ambito del programma tra le altre cose sono state restaurate sia le mura che alcuni edifici. Gli unici a stabilircisi per qualche giorno all’anno sono gruppi di studenti che contribuiscono alla cura e alla valorizzazione del luogo grazie a un programma educativo finanziato dal governo. Gli ex residenti e i loro parenti, invece, ci si riuniscono due volte all’anno, il primo novembre e il 15 agosto.
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