Lo zucchero filato lo rese popolare un dentista
Alla fine dell'Ottocento inventò la macchina che ispirò quelle moderne, ma era un dolciume già noto da secoli
Lo zucchero filato è uno dei dolciumi che si trovano più di frequente alle fiere di paese, nei parchi divertimenti e al circo, sia in Italia che in altre parti del mondo. Anche se la sua origine non è del tutto chiara, secondo varie ricostruzioni sarebbe un modo di mangiare lo zucchero conosciuto da secoli: la sua grande popolarità tuttavia si deve alla macchina elettrica per produrlo, che fu inventata a fine Ottocento da due statunitensi, uno dei quali era un dentista.
Fino all’inizio del secolo scorso i procedimenti manuali per fare lo zucchero filato erano piuttosto faticosi e laboriosi: per farlo bisognava lavorare energicamente lo zucchero sciolto in una padella, per poi tirarlo con degli utensili fino a formare fili sottilissimi, che poi venivano attorcigliati per creare le tipiche “nuvole” di zucchero che conosciamo oggi. Era una tecnica che richiedeva una certa dimestichezza, non sempre garantiva il risultato desiderato e soprattutto non permetteva di produrre una “nuvola” di zucchero filato dietro l’altra in maniera veloce ed economica come succede adesso.
Le cose cambiarono nel 1897, quando il dentista del Tennessee William Morrison inventò e brevettò una macchina per la produzione dello zucchero filato con l’aiuto di John C. Wharton, che invece di lavoro produceva dolciumi. La macchina di Morrison e Wharton fu chiamata “electric candy machine”, macchina elettrica per le caramelle, ed era una bacinella di metallo con al centro una testa rotante dotata di minuscoli fori. La macchina funzionava in maniera molto simile a quelle odierne: i cristalli di zucchero inseriti nella macchina uscivano dai fori laterali grazie alla forza centrifuga e si solidificavano quasi istantaneamente, formando lunghi fili che si appiccicavano gli uni agli altri e poi venivano raccolti con dei bastoncini.
La macchina fu presentata all’esposizione internazionale della Louisiana, che durò dall’aprile al dicembre del 1904, e fu subito un successo. Durante la fiera Morrison e Wharton vendettero oltre 68mila bastoncini di zucchero filato, originariamente definito “fairy floss” (traducibile come “filo delle fate”), il nome con cui ancora oggi è conosciuto in Australia e Nuova Zelanda. Un anno dopo, un negozio degli Stati Uniti che aveva in dotazione una delle loro macchine cominciò a vendere lo zucchero filato a 5-10 centesimi di dollaro a bastoncino, circa 3 euro di oggi.
– Leggi anche: I marshmallow vengono da una pianta
Fu poi un altro dentista statunitense a introdurre il nome con cui lo zucchero filato è conosciuto oggi: “cotton candy” (nel Regno Unito, in India e in Sudafrica si chiama invece “candy floss”). Il dentista in questione si chiamava Joseph Lascaux, lavorava in Louisiana e negli anni Venti sviluppò un’altra macchina simile a quella di Morrison e Wharton. Nel 1949 l’azienda statunitense Gold Medal – ancora oggi la principale produttrice di macchine per zucchero filato del paese – realizzò un modello industriale dotato di una base che rendeva la macchina molto più stabile. A fine anni Settanta invece fu creato il primo modello completamente automatico, in grado non solo di produrre lo zucchero filato, ma anche di incartarlo.
Lo zucchero filato comunque risalirebbe almeno al Quattrocento, quando – secondo un libro di Tim Richardson dedicato alla storia dei dolciumi – alcuni cuochi italiani cominciarono a creare sculture di zucchero modellando i lunghi fili con l’aiuto di forchette e mestoli di legno. Si racconta inoltre che durante una visita a Venezia nel 1574 Enrico III, re di Francia, fu accolto con un banchetto pieno di sculture ornamentali di zucchero filato, presentate su una tavola in cui anche piatti, tovaglie e posate erano fatte sempre di zucchero.
A inizio Ottocento lo chef francese Marie-Antoine Carême, che fece la torta nuziale di Napoleone, era famoso per le sue sculture ornamentali fatte anche con lo zucchero filato. Un dolce preparato in maniera del tutto simile c’è anche in Iran: il pashmak.
– Leggi anche: In Svezia le caramelle solo di sabato