Che cos’è l’equo compenso per i liberi professionisti
La Camera ha approvato una legge che introduce valori minimi di retribuzione, validi però solo in pochi casi
Mercoledì la Camera dei deputati ha approvato definitivamente la legge sul cosiddetto equo compenso per i liberi professionisti: il testo introduce una serie di regole e standard minimi a cui alcune aziende e le pubbliche amministrazioni dovranno attenersi, con l’obiettivo di garantire una retribuzione adeguata a chi svolge per loro un lavoro di tipo intellettuale. È stato approvato con i voti della maggioranza di destra che sostiene il governo e di parte delle opposizioni. I deputati del Partito Democratico si sono astenuti perché in disaccordo su alcune misure previste dalla legge, e non ci sono stati contrari.
L’equo compenso riguarderà sia le professioni per cui esiste un ordine professionale sia quelle che non ce l’hanno, le cosiddette professioni “non ordinistiche”. Le nuove regole dovranno essere rispettate dalle pubbliche amministrazioni (anche attraverso le loro società partecipate) e dalle aziende private, ma non tutte: le categorie comprese sono le banche, le assicurazioni e le imprese con più di 50 dipendenti o ricavi annuali superiori ai 10 milioni di euro. Secondo una stima del Sole 24 Ore le pubbliche amministrazioni sarebbero oltre 27mila, mentre le aziende private coinvolte circa 51mila: un numero che ritenuto ancora piuttosto piccolo, dal momento che le aziende italiane nel 2021 (ultimi dati disponibili, raccolti dall’Inps) erano circa 1 milione e 647mila. Il fatto che l’equo compenso non sia stato imposto a un numero più ampio di aziende è uno dei motivi principali per cui il PD ha deciso di non votare a favore della legge.
L’equo compenso per i liberi professionisti esisteva già nell’ordinamento italiano, ma di fatto le aziende non erano vincolate ad applicarlo. Inoltre riguardava solo quelli per cui esisteva un ordine professionale, mentre erano escluse le professioni non organizzate in ordini (solo per fare qualche esempio: fisioterapisti, geofisici, amministratori di condominio, fotografi).
La misura più importante è quella contenuta nel primo articolo sulle indicazioni per stabilire l’equo compenso. Per i liberi professionisti iscritti a un ordine professionale i valori dell’equo compenso sono quelli indicati nel decreto ministeriale 140 del 2012, con l’eccezione per gli avvocati, il cui ordine nel 2022 ha introdotto parametri aggiornati, contenuti nel decreto ministeriale 147. Alcuni ordini professionali, come quello dei commercialisti, hanno fatto notare che i parametri indicati nel 2012 sono datati e talvolta incompleti: è probabile quindi che nei prossimi mesi vengano proposti aggiornamenti dei criteri economici stabiliti più di dieci anni fa.
Per tutti gli altri liberi professionisti non appartenenti a un ordine invece saranno stabiliti nuovi parametri attraverso un decreto del ministero delle Imprese e del Made in Italy che dovrebbe essere emanato entro 60 giorni. Le imprese potranno non rispettare questi valori nel caso in cui dovessero concordare nuovi parametri convenzionali con gli ordini professionali competenti per il loro settore.
I liberi professionisti potranno chiedere all’azienda che vengano applicate le nuove regole autonomamente o attraverso il proprio ordine professionale. La legge prevede anche che nei contenziosi tra aziende e lavoratori saranno ritenute nulle le parti dei contratti che non rispettano l’equo compenso, che vietano ai liberi professionisti di chiedere un acconto per la prestazione, che li costringono ad anticipare le spese, e che prevedono termini di pagamento superiori ai 60 giorni dal ricevimento della fattura. In generale, dice la legge, potranno essere ritenute nulle tutte le parti dei contratti troppo vantaggiose per le imprese rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro commissionato.
Verrà istituito anche un “osservatorio sull’equo compenso” all’interno del ministero della Giustizia, che avrà il compito di controllare il rispetto delle nuove regole.
A questo si lega un aspetto della legge particolarmente contestato: non sono previste sanzioni per le imprese che non rispetteranno le regole, mentre gli ordini professionali potranno sanzionare i professionisti che accettano un compenso non equo. Lo hanno criticato diversi esponenti del PD, tra cui Federico Gianassi, capogruppo del partito in commissione Giustizia, che ha lavorato al testo di legge da presentare alle camere: «Avevamo chiesto di cancellare le sanzioni al professionista» ha detto all’Ansa, «che è parte debole del rapporto e non può essere pure sanzionato».
Un altro problema indicato da Gianassi e dal PD è che la nuova legge non interviene sui rapporti di lavoro già esistenti, che quindi potranno andare avanti senza rispettare l’equo compenso. Il PD a questo proposito aveva chiesto una norma transitoria, rifiutata dalla maggioranza. Gianassi ha detto di apprezzare il fatto che la legge affermi il diritto all’equo compenso e lo estenda a molti lavoratori, ma ha parlato di «occasione persa» perché lascerà fuori «centinaia di migliaia di professionisti». Hanno fatto critiche simili anche alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle: il partito però in aula ha votato a favore della legge, rivendicando di aver contribuito alla sua scrittura.