Sabato in Germania smetteranno di funzionare le ultime tre centrali nucleari
Dopo mesi di rinvii da parte del governo tedesco e litigi all'interno dell'Unione Europea
Il prossimo sabato in Germania smetteranno di funzionare le ultime tre centrali nucleari attive nel paese: è un momento importante, non solo per la politica tedesca ma anche per quella europea, che da tempo discute sulla possibilità di investire o meno sul nucleare. Il tema è diventato ancora più urgente dopo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina e le decisioni prese a livello europeo, ma anche dalla Russia, che avevano ridotto le importazioni di gas russo verso l’Europa (la Germania è ancora oggi fortemente dipendente dal gas russo).
Nell’ultimo anno, la necessità di rendersi più indipendenti dalla Russia e di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento energetico ha di fatto diviso l’Europa in due: alcuni paesi favorevoli al nucleare, come la Francia, hanno investito sulle proprie centrali ritenendole una risorsa rispetto ai problemi provocati dalla guerra. Altri paesi tradizionalmente contrari, come la Germania, hanno invece adottato politiche per liberarsi del tutto delle proprie centrali, ritenendole dannose. Secondo dati aggiornati allo scorso agosto, al momento in Europa ci sono 170 reattori nucleari (in una singola centrale ci possono essere più reattori).
Le tre centrali tedesche che chiuderanno si trovano in Baviera, Baden-Württemberg e nella Bassa Sassonia: nel 2022 avevano permesso alla Germania di produrre circa il 6 per cento della propria energia elettrica. Le tre centrali avrebbero dovuto chiudere alla fine dello scorso anno, ma il governo aveva deciso di tenerle aperte proprio per rispondere all’emergenza energetica provocata dalla guerra in Ucraina e dal taglio delle forniture di energia da parte della Russia. Sabato smetteranno di funzionare, ma il processo di smantellamento sarà molto lungo e potrebbe durare anni, come sempre per impianti di questo tipo: tra le altre cose, il governo non ha ancora un piano preciso per lo smaltimento delle scorie nucleari.
La decisione del governo di chiudere le centrali nucleari è stata accolta in maniera positiva dal movimento tedesco contro il nucleare, formato da attivisti ambientalisti che da decenni chiedono l’abbandono del nucleare citando soprattutto rischi per la sicurezza e l’impatto ambientale delle scorie. Allo stesso tempo è stata contestata da politici, esperti e da una parte degli ambientalisti stessi: secondo alcuni, infatti, la fine del nucleare danneggerà la Germania sia in termini economici che ecologici.
Nei fatti, la chiusura delle ultime centrali nucleari implica la necessità di compensare la produzione di energia elettrica in altro modo, complicando il processo di transizione energetica. Per il medio-lungo periodo la Germania ha avviato la costruzione di centrali solari ed eoliche, quindi per produrre elettricità da fonti rinnovabili, ma nel breve, per colmare la parte di energia non più prodotta dagli impianti nucleari, ha dovuto fare ancora più affidamento sui combustibili fossili, andando in direzione contraria rispetto ai propri obiettivi climatici. Dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, il governo tedesco ha per esempio aumentato il ricorso alle centrali termiche che bruciano carbone, il combustibile che a parità di produzione causa le maggiori emissioni di anidride carbonica, il principale gas a cui si deve il cambiamento climatico.
È proprio per questo che la scelta di abbandonare completamente il nucleare è contestata dagli stessi ambientalisti. Nel dibattito degli ultimi mesi è intervenuta anche Greta Thunberg, la nota attivista svedese per il clima, dicendo che chiudere le centrali nucleari è «una cattiva idea» se comporta l’impiego del carbone. Il giornalista e ambientalista britannico George Monbiot ha poi paragonato la dismissione del nucleare tedesco a Brexit, definendola «un inutile atto di autolesionismo guidato dalla disinformazione».
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In Germania il movimento antinucleare esiste da decenni e nel corso del tempo si è molto rafforzato. Ma la chiusura delle centrali nucleari è diventata una priorità per i governi che si sono succeduti soprattutto a partire dal 2011, l’anno del disastro di Fukushima, che riaccese in tutto il mondo i dibattiti sulla sicurezza dell’energia nucleare. Fu dopo Fukushima che la Germania, allora governata da Angela Merkel, decise di rendersi completamente autonoma dall’energia nucleare, pianificando di smantellare tutti i 17 reattori nucleari tedeschi entro il 2022.
Come detto, i piani sono stati rimessi in discussione con l’inizio della guerra in Ucraina. Ad agosto del 2022 il cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva accennato alla possibilità di tenere aperti anche oltre la fine del 2022 i tre impianti nucleari ancora attivi. Il mese successivo, lo scorso settembre, Scholz aveva detto che sarebbero rimaste aperte due delle tre centrali, per garantire una riserva d’emergenza durante l’inverno. L’ultimo aggiornamento risale allo scorso ottobre, quando Scholz aveva annunciato che sarebbe rimasta aperta fino a metà aprile anche l’ultima delle tre centrali.
La guerra in Ucraina sembra aver cambiato la percezione del nucleare anche nell’opinione pubblica: secondo un sondaggio realizzato lo scorso agosto dallo Spiegel, il 67 per cento dei tedeschi si era detto favorevole a un’estensione di cinque anni dell’attività delle centrali nucleari attive nel paese e il 41 per cento alla costruzione di nuovi impianti (in un sondaggio simile realizzato circa 30 anni fa, solo il 3 per cento si era detto favorevole).