Alla fine l’India ci sta riuscendo a ripopolarsi di tigri
Non tutti i problemi sono risolti, ma l'ambizioso piano del governo ha fatto raddoppiare gli esemplari viventi rispetto al 2006
Domenica il primo ministro indiano Narendra Modi ha presentato i dati dell’ultimo censimento sulla popolazione delle tigri nel paese, in occasione dei cinquant’anni dall’avvio di un ambizioso progetto nazionale per la tutela della specie: secondo i dati aggiornati al 2022 in India vivono 3.167 esemplari, 200 in più rispetto a quattro anni fa e più del doppio di quelli che erano stati censiti nel 2006. Gli sforzi del governo indiano per tutelare le tigri, che rischiano l’estinzione e sono l’animale simbolo del paese, hanno funzionato. Il successo di questa iniziativa ha permesso all’India di avviare collaborazioni con altri paesi limitrofi per favorire il ripopolamento degli animali, anche se non tutti i problemi sono risolti: per esempio la caccia illegale, un fenomeno ancora diffuso.
Si ritiene che all’inizio del Ventesimo secolo in Asia vivessero circa 100mila tigri. Soltanto in India, secondo una stima citata da BBC News, tra il 1875 e il 1925 ne vennero uccise più di 80mila, e nei decenni successivi la popolazione subì un ulteriore declino soprattutto per due motivi. Il primo è il bracconaggio, cioè la caccia illegale, favorita anche dal fatto che alcune ossa e altre parti del corpo della tigre vengono usati nella medicina tradizionale cinese; il secondo ha a che fare con l’intensificarsi della deforestazione, per fare spazio a coltivazioni, infrastrutture e città. Le tigri infatti sono animali che hanno bisogno di territori molto vasti per vivere e cacciare: dalla seconda metà del Novecento però il loro habitat si è ridotto in maniera drastica, parallelamente alla grande crescita della popolazione (da circa 340 milioni di abitanti nel 1948 a circa 1,4 miliardi oggi).
Ufficialmente l’India vietò la caccia alla tigre nel 1972. L’anno seguente l’allora prima ministra Indira Gandhi avviò un piano chiamato “Project Tiger” per ripopolare il paese di tigri. Grazie alle iniziative del governo, adesso in India vive circa il 70 per cento dell’intera popolazione mondiale, che secondo il WWF ammonta a circa 4.500 esemplari.
Tra le altre cose nell’ambito del progetto del governo furono istituite 44 nuove riserve naturali per le tigri, vennero sviluppate tecnologie per controllare il comportamento e gli spostamenti degli esemplari, e vennero organizzate campagne di informazione nei villaggi. Furono anche approvate leggi per impedire l’uccisione o la cattura degli animali selvatici, anche in caso di attacchi contro gli esseri umani.
Il numero più basso di tigri viventi in India, 1.411, fu registrato nel 2006: da allora la popolazione ha ricominciato a crescere. Gli esemplari sono aumentati sia in alcune aree del nord del paese sia nella parte centrale, dove prima non abitavano. Grazie a questo successo di recente l’India ha fatto accordi con paesi come Thailandia, Malesia e Bangladesh per condividere le pratiche per la tutela di sette specie di grandi felini, tra cui tigri, leoni, leopardi, giaguari e ghepardi (negli ultimi mesi l’India ne ha ricevuti 20 da Namibia e Sudafrica per reintrodurre la specie nel paese). Il governo indiano sta anche prendendo accordi con la Cambogia per inviare alcune tigri nel paese e avviare un ripopolamento anche lì.
«L’India è un paese in cui la tutela della natura fa parte della cultura» ha detto Modi, e «questi sono i risultati della cultura della conservazione e del coinvolgimento della popolazione».
Comunque, la tutela della specie non sta andando bene in tutte le zone dell’India. È stato osservato un declino della popolazione delle tigri nei Gati occidentali, una zona montuosa nella parte ovest del paese, mentre in altre aree non ne vivono proprio più. Inoltre, nonostante le leggi molto rigide, il bracconaggio continua a essere un fenomeno diffuso, e il WWF ricorda che la crisi climatica e l’espansione delle attività umane potrebbero compromettere ulteriormente l’integrità delle riserve naturali. Alcuni gruppi indigeni poi sostengono che la tutela delle tigri voluta dal governo abbia comportato lo sradicamento di numerose comunità che vivevano nelle foreste del paese da millenni.
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