C’è un po’ di speranza per un accordo di pace in Yemen
Non è ancora ufficiale ma si parla di un incontro tra l'Arabia Saudita e le milizie sciite Houthi, che si fanno la guerra dal 2014
Un portavoce delle milizie sciite Houthi ha annunciato che c’è stato uno scambio di prigionieri con l’Arabia Saudita, come risultato degli sforzi internazionali per ottenere la pace in Yemen, il paese della Penisola arabica dove da otto anni è in corso una guerra che ha provocato una gravissima crisi umanitaria. Dal marzo del 2015 una coalizione guidata dall’Arabia Saudita bombarda periodicamente lo Yemen e lo tiene sotto embargo, mentre l’Iran sostiene gli Houthi ribelli, che controllano una parte del paese. È una guerra che in questi anni ha provocato decine di migliaia di morti, ma negli ultimi giorni sembra che l’ipotesi di un accordo di pace si sia fatta più concreta, anche se le notizie di un negoziato vero e proprio al momento non sono ufficiali.
Abdul-Qader el-Murtaza, portavoce delle milizie Houthi, ha detto che sabato l’Arabia Saudita ha liberato 13 prigionieri di guerra a fronte del rilascio di un prigioniero saudita. Stando a quanto riferisce el-Murtaza, lo scambio tra prigionieri, mediato dall’ONU, prevede in totale il rilascio di 887 prigionieri.
Inoltre secondo fonti citate da Bloomberg in questi giorni si sono tenuti incontri tra una delegazione saudita e una delle milizie Houthi con la mediazione di funzionari dell’Oman, che confina con Yemen e Arabia Saudita. Gli incontri si sarebbero tenuti a Sana’a, nella capitale dello Yemen. Saba, l’agenzia di stampa yemenita controllata dagli Houthi, ha scritto che uno dei leader politici degli Houthi, Mahdi Al-Mashat, si è incontrato con le delegazioni omanite e saudite domenica per concordare un piano di pace e raggiungere un cessate il fuoco.
Al momento il governo saudita non ha confermato lo scambio di prigionieri né gli incontri. In ogni caso sarebbe la prima volta dall’inizio della guerra che esponenti del governo saudita vengono ricevuti a Sana’a, e anche per questo le notizie sono state interpretate dalla comunità internazionale come un segnale positivo per la possibile risoluzione del conflitto.
In sintesi, la crisi in Yemen cominciò nel settembre del 2014, quando gli Houthi, una milizia sciita appoggiata dall’Iran e proveniente dalle montagne nel nord del paese, occuparono Sana’a e gran parte del nord del territorio nazionale, instaurando un nuovo governo. Nel giro di pochi mesi l’occupazione degli Houthi provocò un intervento militare in Yemen, guidato dall’Arabia Saudita con l’appoggio degli Emirati Arabi Uniti e di altri paesi arabi sunniti (l’Iran, come gli Houthi, è a maggioranza sciita). La coalizione vedeva negli Houthi un pericoloso strumento del loro principale avversario regionale, l’Iran, e per questo la guerra in Yemen è stata spesso definita “proxy war” o “guerra per procura”.
Le operazioni militari della coalizione non ebbero grandi risultati: l’Arabia Saudita e i suoi alleati finirono con il controllare la parte meridionale dello Yemen, mentre gli Houthi la capitale Sana’a e il nord. Nel frattempo porti e aeroporti vennero bloccati, il paese fu bombardato pesantemente e cominciò anche un’epidemia di colera che causò la morte di migliaia di persone. Già prima della guerra lo Yemen era uno dei paesi più poveri del mondo: oggi si calcola che circa l’80 per cento dei suoi circa 33 milioni di abitanti abbia bisogno di aiuti umanitari. Nel frattempo la guerra ha favorito le infiltrazioni di gruppi estremisti e fondamentalisti, che hanno consolidato il loro controllo sulla parte orientale e desertica del paese. Finora nessun cessate il fuoco o tentativo di trattative era andato a buon fine.
Le negoziazioni si erano intensificate nelle ultime settimane, mentre a inizio marzo Arabia Saudita e Iran avevano ristabilito le loro relazioni diplomatiche dopo sette anni, in un accordo considerato per molti versi storico. Tra l’Iran, governato da una teocrazia sciita, e l’Arabia Saudita, governata da una monarchia assoluta sunnita, ci sono da anni forti ostilità, come è evidente in molte questioni diplomatiche e conflitti in Medio Oriente, compreso quello in Yemen.