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  • Domenica 9 aprile 2023

La disputa tra due tribunali federali statunitensi sulla pillola abortiva

Uno la ritiene illegale, l'altro no: sul caso potrebbe essere chiamata a esprimersi la Corte Suprema, creando un precedente pericoloso

(Stocksnap)
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Venerdì due diversi tribunali federali statunitensi, uno in Texas e uno nello stato di Washington, hanno emesso sentenze apertamente in contrasto tra loro sul mifepristone, uno dei due farmaci usati da anni per le interruzioni di gravidanza. Il primo ha chiesto alla Food and Drug Administration (FDA), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, di bloccare la distribuzione del mifepristone in tutti gli Stati Uniti. Il secondo ha vietato che venga imposta qualsiasi limitazione alla distribuzione del farmaco in 18 stati.

Al momento il mifepristone continua a essere disponibile negli stati in cui è legale, ma entro la prossima settimana la FDA dovrà decidere se accogliere la richiesta del giudice texano o appellarsi a un altro tribunale più alto. Se non dovesse risolversi entro un grado di giudizio inferiore, il conflitto tra i due tribunali potrebbe richiedere l’intervento della Corte Suprema, che al momento è a maggioranza conservatrice e l’anno scorso ha ribaltato la storica sentenza che dal 1973 garantiva l’accesso all’aborto a livello federale.

La disputa è iniziata quando negli scorsi giorni il giudice del Texas Matthew Kacsmaryk, scelto da Donald Trump quando era presidente, si è espresso su una causa intentata da un gruppo conservatore secondo cui l’FDA non aveva l’autorità necessaria ad approvare il mifepristone quando l’ha fatto, nel 2000. Kacsmaryk ha messo in dubbio la sicurezza del mifepristone e ha chiesto all’FDA di metterne in pausa l’approvazione in tutto il paese finché non si sarà espressa. Ora l’FDA ha fino al prossimo venerdì per fare appello contro la richieste di Kacsmaryk. Se la corte d’Appello darà ragione al giudice, il mifepristone diventerà un farmaco non approvato e sarà quindi illegale fabbricarlo, commercializzarlo o distribuirlo, salvo opinione contraria di una corte ancora più alta, come la Corte suprema.

La sentenza di Kacsmaryk è stata immediatamente criticata perché il giudice, che già in passato era stato molto attivo nel criticare l’aborto, ha utilizzato un linguaggio molto simile a quello dei gruppi antiabortisti, dicendo tra le altre cose che il mifepristone «fa morire di fame un essere umano non ancora nato».

A meno di un’ora dalla sentenza di Kacsmaryk, però, il giudice federale dello stato di Washington Thomas Rice ha vietato la limitazione della distribuzione del mifepristone in 18 stati, aggiungendo che è pericoloso che giudici del loro livello provino a invalidare le decisioni dell’FDA. Rice ha sottolineato che esistono moltissime prove del fatto che il mifepristone sia un farmaco sicuro per le donne, e ha sostanzialmente ordinato che venga mantenuto lo status quo.

Negli Stati Uniti più della metà degli aborti avviene con la prescrizione di farmaci dopo un consulto medico da remoto. Le pazienti che decidono di interrompere la gravidanza assumono nell’arco di 48 ore prima il mifepristone (che in Italia è commercializzato con il nome RU486), che blocca un ormone necessario allo sviluppo della gravidanza, e poi una prostaglandina, un altro farmaco che aiuta a svuotare l’utero. Essendo usato anche per una serie di altre circostanze, quest’ultimo non è sottoposto a particolari restrizioni nella vendita. 

Nel 2021 l’FDA ha revocato una restrizione che imponeva di ottenere questi farmaci di persona e da operatori sanitari certificati, rendendo possibile ricevere i medicinali per posta e tramite telemedicina. Ci sono però ancora diversi stati che impongono restrizioni alla commercializzazione e all’assunzione di farmaci abortivi.

Se il caso texano dovesse arrivare alla Corte Suprema potrebbero esserci ripercussioni che vanno molto al di là del solo accesso all’aborto farmacologico: è opinione di molti che un avvenimento del genere potrebbe “normalizzare” la possibilità di chiedere l’opinione della Corte Suprema su molti altri farmaci oggetti di controversie politiche, anche quando sono considerati sicuri da un punto di vista medico-scientifico dall’FDA, come è il caso del mifepristone. «Vari esperti legali ritengono che la decisione del giudice Kacsmaryk sia il primo caso in cui un tribunale ordina la revoca dell’approvazione di un farmaco nonostante l’obiezione dell’FDA», hanno scritto sul New York Times Abbie VanSickle e Pam Belluck. «La sentenza potrebbe anche minare la fiducia che le aziende farmaceutiche ripongono nell’agenzia e influenzare le decisioni delle aziende su quali farmaci sviluppare e commercializzare».

Gli stessi esperti consultati dal New York Times ritengono probabile che la Corte Suprema, nonostante la tendenza fortemente conservatrice, non confermi una sentenza che mina l’autorità dell’FDA e la sua terzietà, proprio per via delle ripercussioni che avrebbe sulla credibilità dell’agenzia e sugli interessi commerciali del settore farmaceutico.