Cosa sappiamo sull’attentato a Tel Aviv
L'attentatore è stato identificato, viveva in una città israeliana al confine con la Cisgiordania: nessuno dei feriti è in gravi condizioni
Venerdì sera a Tel Aviv, in Israele, un turista italiano è morto e altre sette persone sono state ferite in un attentato compiuto nel lungomare della città da uomo arabo-israeliano di 44 anni. Intorno alle 21:35 ora locale (le 20:35 italiane) l’uomo ha investito con un’auto un gruppo di passanti, perlopiù turisti: la sua auto si è ribaltata e lui è stato ucciso poco dopo da un agente di polizia che si trovava nelle vicinanze. Hamas e lo Jihad Islamico, i due principali gruppi radicali armati palestinesi, hanno celebrato l’attacco ma non lo hanno rivendicato.
In Israele sono giorni di grande tensione – come spesso capita durante il Ramadan, il mese sacro per i musulmani – per via di diversi scontri con fedeli palestinesi a Gerusalemme, aggrediti dalla polizia israeliana mentre si trovavano dentro la moschea di al Aqsa, e bombardamenti reciproci con gruppi armati palestinesi in Libano e nella Striscia di Gaza. Poche ore prima dell’attentato a Tel Aviv due ragazze che abitavano in un insediamento in Cisgiordania sono state uccise mentre guidavano vicino casa.
Il turista italiano ucciso nell’attentato è stato identificato dal governo italiano come Alessandro Parini, avvocato 35enne di Roma, che da alcuni giorni si trovava in vacanza in Israele con amici. Lavorava in uno studio legale romano e aveva brevemente insegnato all’università di Tor Vergata. I giornali israeliani raccontano che Parini è morto subito dopo essere stato investito dall’auto. Le altre persone ferite non sono in gravi condizioni: cinque di loro erano state ricoverate in ospedale, e quattro ne sono già uscite.
L’attentatore si chiamava Yousef Abu Jaber e abitava nella città israeliana di Kafr Qasem, circa 15 chilometri a est di Tel Aviv, abitata in prevalenza da arabi-israeliani. Aveva una moglie e cinque figlie. Un parente di Abu Jaber ha detto al quotidiano Haaretz che la sua famiglia è «completamente shockata» dall’attentato: «se avessimo saputo in anticipo cosa stava per fare lo avremmo fermato. Non ha mai mostrato alcun segno di radicalizzazione né aveva una storia di appartenenza ideologica». Abu Jaber è stato ucciso poco dopo essersi schiantato con la sua auto mentre stava per prendere un oggetto dall’abitacolo: dentro alla macchina è stata poi ritrovata una pistola giocattolo.
Il fratello di Abu Jaber ha ipotizzato che l’uomo possa avere perso il controllo dell’auto, e che quindi non volesse investire il gruppo di turisti: fonti di polizia hanno però confermato ad Haaretz che l’uomo ha fatto varie manovre complesse prima di arrivare sul lungomare, segno che aveva ancora il controllo dell’auto, e che le autorità di sicurezza israeliane lo stanno trattando come un attentato sulla base di altri elementi ancora.
L’attentato è avvenuto a Charles Clore Park, uno spiazzo nel frequentatissimo lungomare di Tel Aviv, accanto a una popolare spiaggia libera. In un’intervista televisiva il sindaco di Tel Aviv, Ron Huldai, ha commentato che gli attacchi armati fanno ormai parte della «vita quotidiana» della città.
Per lunghi periodi Tel Aviv era stata risparmiata dagli attacchi armati più gravi compiuti da gruppi armati palestinesi: anche durante le due Intifada, cioè le rivolte di massa contro l’occupazione israeliana in Cisgiordania, avvenute fra il 1987 e il 1993 e fra il 2000 e il 2005. Tel Aviv è una città più tollerante e aperta di Gerusalemme, ed è governata dalla sinistra da 25 anni. Negli ultimi anni però ha subito diversi attacchi armati: l’anno scorso un ragazzo palestinese uccise tre persone in una sparatoria nell’affollata Dizengoff Street, mentre nel 2016 due palestinesi spararono in un popolare mercato coperto della città, uccidendo quattro persone e ferendone 7.