Il disastro ambientale nelle Filippine per il rovesciamento di una petroliera
Circa 800mila litri di petrolio si sono riversati in uno degli ecosistemi marini più importanti del mondo
All’inizio di questa settimana sono iniziate le operazioni di recupero del relitto di una grossa petroliera, la Princess Empress, che circa un mese fa si era rovesciata nel mare delle Filippine. L’incidente ha causato il versamento di centinaia di migliaia di litri di petrolio, con enormi danni ambientali: l’ecosistema marino di quella zona è uno dei più diversificati e importanti al mondo, habitat di diverse specie rare o in via d’estinzione.
L’incidente si è verificato lo scorso 28 febbraio: nel pomeriggio di quel giorno la Guardia costiera filippina aveva dato notizia del capovolgimento della petroliera al largo della costa di Naujan, nella provincia di Mindoro Orientale. La nave trasportava circa 800mila litri di petrolio e la zona in cui si è rovesciata è molto importante per l’economia locale: la pesca è una delle attività principali dell’area, e si stima che sia una fonte di approvvigionamento per circa 2 milioni di persone.
Nelle Filippine episodi del genere non sono rari: il livello di sicurezza marittima è basso e in passato si erano già verificati incidenti simili, così come scontri tra imbarcazioni. Ma il capovolgimento della Princess Empress ha provocato grosse preoccupazioni soprattutto per l’estensione delle sue conseguenze.
Nelle settimane successive all’incidente, nel mare delle Filippine si è progressivamente estesa una grossa chiazza di petrolio, larga circa 250 chilometri, che ha inquinato le coste di almeno altre tre province e minacciato l’equilibrio di oltre 20 aree marine protette. La Guardia costiera filippina ha cercato di arginarla con barriere galleggianti e altri sistemi. Ma secondo l’Istituto di Scienze Marine dell’Università delle Filippine la chiazza potrebbe arrivare ad estendersi per oltre 360 chilometri quadrati.
Il relitto della petroliera, affondata dopo il suo capovolgimento, è stato identificato dalle autorità filippine lo scorso 21 marzo. Non è chiaro quanto petrolio contenga ancora la nave e quando ne stia fuoriuscendo ogni giorno.
Secondo le stime della Guardia costiera, finora le squadre di pulizia al lavoro hanno rimosso il 60 per cento del petrolio che aveva raggiunto le coste di diverse città della provincia di Mindoro Orientale. Alle operazioni stanno contribuendo anche squadre d’intervento inviate da Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti, con attrezzature speciali non facilmente reperibili nelle Filippine.
L’ecosistema marino in cui si è verificato l’incidente è considerato uno dei più importanti e delicati al mondo: al suo interno vivono specie in pericolo d’estinzione, come la tartaruga embricata (Eretmochelys imbricata), e altre specie già minacciate dal cambiamento climatico come gli squali balena, le mante giganti e i dugonghi (grossi mammiferi marini).
Nel frattempo la fuoriuscita del petrolio ha raggiunto anche il Passaggio dell’Isola Verde, lo stretto che divide le isole di Luzon e di Mindoro: è una riserva marina che ospita decine di specie endemiche (cioè che si trovano solo in quel territorio), come ha spiegato a CNN Irene Rodriguez, che insegna all’Istituto di Scienze Marine. In quella zona, che si trova a nord del punto in cui è affondata la petroliera, c’è la più alta concentrazione di pesci costieri, coralli, crostacei, molluschi, fanerogame e mangrovie (due piante) dell’arcipelago filippino: secondo Rodriguez la fuoriuscita di petrolio potrebbe portare a danni a lungo termine e a un calo della popolazione di questi organismi, anche perché molti di loro potrebbero non essere in grado di riprodursi in acque così inquinate.
Rodriguez ha spiegato anche che alcune di queste specie hanno un ruolo importante a livello ambientale: le mangrovie, per esempio, crescono sulle coste e ne prevengono l’erosione, oltre a ridurre l’anidride carbonica nell’atmosfera. La loro scomparsa potrebbe esporre quelle aree a un maggiore rischio di eventi meteorologici estremi, come i tifoni, già piuttosto frequenti.
L’incidente sta inoltre causando grossi danni economici. Secondo il Consiglio nazionale per la riduzione e la gestione del rischio di disastri, oltre 170mila persone sulla costa hanno subìto danni per la fuoriuscita di petrolio e quasi 17mila pescatori hanno perso il lavoro a causa del divieto temporaneo di pesca imposto dalle autorità. L’agenzia governativa delle Filippine che si occupa di pesca ha stimato che questo settore stia perdendo l’equivalente di 825mila euro al giorno. Per arginare del tutto i danni della fuoriuscita potrebbero volerci mesi.
Nel frattempo il governo ha attuato un programma per coinvolgere nelle operazioni di pulizia i pescatori che non possono lavorare e il Senato filippino ha avviato un’indagine per accertare le responsabilità dell’incidente.
Al giornale filippino Rappler, un portavoce del ministero della Giustizia ha detto che il rovesciamento della Princess Empress è stato un «crimine» e non un incidente. Al centro dell’indagine del Senato c’è la società proprietaria della nave, la RDC Reield Marine Services, la Guardia costiera filippina e l’Autorità per l’industria marina: una delle ipotesi su cui si sta indagando è che la petroliera stesse operando nel mare delle Filippine senza la necessaria autorizzazione.