Chi sono i “blogger militari” russi
I propagandisti filoputiniani, come l'uomo ucciso a San Pietroburgo, hanno un ruolo notevole nell'informazione russa, tra indipendenza e fedeltà al regime
Vladlen Tatarsky, il propagandista filoputiniano ucciso domenica a San Pietroburgo in quello che probabilmente è stato un attentato mirato, era un “blogger militare” (“milblogger”), una figura piuttosto peculiare all’interno del sistema dell’informazione russo. I milblogger sono propagandisti che diffondono informazioni, notizie e contenuti a favore dell’intervento militare russo in Ucraina usando principalmente la piattaforma di messaggistica Telegram, e che nel corso degli ultimi mesi sono diventati estremamente popolari e famosi, al punto da influenzare il dibattito russo sulla guerra.
I milblogger sono raramente giornalisti professionisti: più spesso sono civili che si improvvisano corrispondenti di guerra, magari avendo qualche esperienza di servizio militare alle spalle. I più famosi tra loro hanno centinaia di migliaia di iscritti sui propri canali Telegram (Tatarsky ne aveva circa 560 mila, e non era nemmeno il più seguito) e in Russia sono diventati piccole celebrità.
La loro popolarità è dovuta al fatto che, non facendo parte dei media istituzionali, i milblogger riescono a dare maggiori informazioni o notizie più dettagliate di quanto non facciano i media sottoposti alla censura. Spesso, inoltre, esprimono opinioni sulla guerra che differiscono dalle posizioni ufficiali del regime di Vladimir Putin e che arrivano a criticare le gerarchie militari russe. Questo non vuol dire che siano movimenti di opposizione o di dissidenza nei confronti del regime: i milblogger sono tutti violentemente nazionalisti, e anzi esprimono generalmente posizioni più estremiste e brutali di quelle ufficiali. Ma proprio perché si muovono da una posizione di estrema lealtà nei confronti dell’imperialismo russo, spesso criticano duramente l’esercito o la politica sostenendo che non stiano facendo abbastanza per schiacciare militarmente l’Ucraina.
C’è anzitutto da chiarire una piccola questione lessicale: praticamente nessuno dei “blogger militari” russi ha un blog. Tutti scrivono e pubblicano contenuti su Telegram. Ma il termine “milblogger”, che è nato al tempo della guerra degli Stati Uniti in Iraq, è ancora usato un po’ dappertutto per parlare dei commentatori di guerra che non appartengono ai media tradizionali. A questo si aggiunge il fatto che in Russia le persone che fanno attivismo digitale, per una consuetudine che risale ormai a diversi anni fa, vengono ancora chiamate “blogger”, anche se ormai il termine ha assunto un significato diverso da quello originario.
Il fenomeno dei “milblogger”, che esiste in Russia da tanti anni, è diventato prevalente e molto diffuso dopo l’invasione dell’Ucraina. I milblogger russi hanno storie personali molto varie: Vladlen Tatarsky (il cui vero nome era Maxim Fomin) era per esempio un rapinatore di banca nato nell’Ucraina dell’est che nel 2011 evase di prigione e si unì alle milizie separatiste filorusse per combattere nel Donbass. Ottenne la grazia dalle autorità separatiste e da quelle russe, prese la cittadinanza russa e aprì un canale Telegram che dopo l’invasione divenne rapidamente molto famoso.
Un altro celebre milblogger, Semyon Pegov del canale Telegram WarGonzo, è un ex giornalista di guerra che si è messo in proprio e ha aperto un progetto editoriale tutto suo. Ha trattato varie guerre prima dell’Ucraina, ma è diventato davvero famoso solo dopo l’invasione: adesso ha 1,2 milioni di iscritti sul canale Telegram. Altri milblogger noti e molto citati sono Boris Rozhin del canale Colonel Cassad (800mila iscritti) e Igor Girkin (noto anche come Igor Strelkov), un ex colonnello russo che fu ministro della Difesa del governo dei separatisti filorussi a Donetsk.
Molti milblogger hanno contatti con l’esercito russo o con il gruppo Wagner, la compagnia di mercenari russi che sta combattendo nell’oriente ucraino assieme ai soldati regolari, e spesso fanno video o postano contenuti dal campo, in alcuni casi dalla linea del fronte, come se fossero corrispondenti di guerra. Alcuni di loro si concentrano più sulle notizie e sul racconto dei combattimenti, altri fanno invece analisi del conflitto. Anche i toni variano molto: ci sono i milblogger più immediati e artigianali e quelli più curati che creano mappe e infografiche dettagliate.
La ragione principale per cui i milblogger sono molto seguiti, però, è che sembrano dimostrare una certa indipendenza dalla linea ufficiale russa sulla guerra. Negli ultimi mesi, man mano che sul campo la situazione peggiorava per l’esercito russo, i milblogger diventavano sempre più pessimisti e critici, mentre i media ufficiali continuavano a mantenere una linea di ottimismo e negazione dei problemi.
Per esempio: quando il 1° gennaio del 2023 l’Ucraina bombardò un edificio che ospitava soldati russi a Makiivka, uccidendo decine di soldati, i milblogger furono i primi ad ammettere che quello di Makiivka era stato uno dei disastri militari più gravi per la Russia dall’inizio della guerra, mentre i media ufficiali cercarono per giorni di sminuire la portata della notizia.
I milblogger, dicevamo, hanno tendenzialmente posizioni molto estremiste: Tatarsky tra le altre cose giustificò il massacro di Bucha, in cui l’esercito russo uccise oltre 400 civili ucraini. Altri milblogger hanno definito gli ucraini come «non umani» e «satanisti» e paragonato l’«ucrainismo» al cancro.
Al tempo stesso, i milblogger sono i più duri nel criticare le carenze e gli errori della dirigenza militare russa: molti di loro nel corso dei mesi hanno espresso critiche feroci contro gli ufficiali delle forze armate russe o contro il ministro della Difesa, e hanno avuto ruoli anche importanti nel dibattito attorno all’andamento della guerra e ai numerosi avvicendamenti che ci sono stati nella gestione dell’invasione.
Ovviamente queste critiche non sono mai rivolte direttamente al regime russo o al presidente Vladimir Putin, altrimenti non sarebbero tollerate. I milblogger si muovono lungo un confine piuttosto stretto tra critica e fedeltà al regime, e molto spesso partecipano agli scontri politici all’interno del regime stesso. Per esempio molti milblogger hanno rapporti stretti con il gruppo Wagner e con il capo del gruppo Yevgeny Prigozhin. Negli ultimi mesi Prigozhin ha attaccato duramente le gerarchie dell’esercito definendole inadeguate, e si è servito delle opinioni e delle informazioni dei milblogger per sostenere il suo caso.
Molti milblogger, però, sono direttamente sostenuti dal regime, hanno ricevuto premi pubblici e partecipato a cerimonie al Cremlino.
Anche per i loro collegamenti politici, i canali Telegram di molti milblogger sono seguiti con interesse (benché con distanza e cautela) anche dagli analisti occidentali: aiutano ad avere informazioni su cosa succede dall’altra parte del fronte, e soprattutto sull’andamento del dibattito, dei dissidi e delle discussioni all’interno della comunità militare russa.