Il Vaticano ha sconfessato una dottrina che giustificava il colonialismo
La cosiddetta "dottrina della scoperta", sfruttata per secoli dai paesi europei per legittimare la sopraffazione dei popoli indigeni
Giovedì il Dicastero per la cultura e l’educazione del Vaticano ha formalmente ripudiato la cosiddetta “dottrina della scoperta”, contenuta in una serie di bolle papali risalenti al Quindicesimo secolo e che fu usata nei secoli successivi per giustificare l’usurpazione di territori abitati da popolazioni indigene in Africa e nelle Americhe da parte delle potenze coloniali europee. Erano decenni che i rappresentanti di molte popolazioni indigene chiedevano al Vaticano di prendere formalmente le distanze dalle bolle papali su cui si basa questa dottrina.
Nel Diciottesimo secolo i governi e i tribunali di diversi paesi europei che erano impegnati nell’occupazione e nello sfruttamento di vasti territori usarono vari documenti ufficiali emanati dal Vaticano – tra cui le bolle Dum Diversas (1452), Romanus Pontifex (1455) e Inter Caetera (1493) – per sostenere che esistesse un diritto esclusivo dei “conquistatori” cattolici di acquistare o prendere possesso di quelle terre dalle popolazioni indigene. In sostanza, le bolle furono inizialmente emesse per fornire ai regnanti di Portogallo e Spagna il sostegno religioso per espandersi in Africa e nelle Americhe, a patto che le popolazioni locali non fossero cristiane e potessero essere convertite.
La più importante di queste decisioni legali che si rifacevano alle antiche bolle papali fu quella emanata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel 1823: stabiliva che la proprietà e la sovranità sui territori precedentemente abitati dalle popolazioni indigene dovevano passare automaticamente agli europei grazie alla loro “scoperta”.
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In un lungo comunicato, il Vaticano ha risposto almeno in parte alle richieste delle popolazioni indigene. Le bolle papali in questione non sono state annullate, ma il Dicastero ha scritto:
«La “dottrina della scoperta” non fa parte dell’insegnamento della Chiesa cattolica. La ricerca storica dimostra chiaramente che i documenti papali in questione, scritti in un periodo storico specifico e legati a questioni politiche, non sono mai stati considerati espressioni della fede cattolica. Allo stesso tempo, la Chiesa riconosce che queste Bolle papali non riflettevano adeguatamente la pari dignità e i diritti dei popoli indigeni. La Chiesa è anche consapevole del fatto che il contenuto di questi documenti è stato manipolato a fini politici dalle potenze coloniali in competizione tra loro, per giustificare atti immorali contro le popolazioni indigene, compiuti talvolta senza l’opposizione delle autorità ecclesiastiche. È giusto riconoscere questi errori, riconoscere i terribili effetti delle politiche di assimilazione e il dolore provato dalle popolazioni indigene, e chiedere perdono»
Nel corso del suo papato, papa Francesco ha spesso mostrato forte volontà di riavvicinamento alle popolazioni indigene, organizzando visite frequenti in America Latina, in Africa e in Asia per incontrarne i rappresentanti. Nell’aprile del 2022 ha anche chiesto ufficialmente scusa ai popoli indigeni del Canada per la lunga storia di abusi, molestie e morti avvenuti nei collegi per bambini indigeni, usati per l’assimilazione forzata delle culture autoctone.