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  • Mercoledì 29 marzo 2023

Le conseguenze del terremoto su scuola e lavoro in Siria

Aiutare la popolazione dopo il terremoto significa anche realizzare progetti per l’istruzione di bambine e bambini e per la formazione professionale dei più giovani

Taha Hussain (WeWorld)
Taha Hussain (WeWorld)

Il devastante terremoto tra Turchia e Siria della notte tra il 5 e il 6 febbraio ha provocato grande distruzione e ha causato la morte di oltre 50mila persone. In Siria i morti accertati sono stati oltre 7.000 e il terremoto ha aggravato la situazione sociale di un paese in cui, da 12 anni, è in corso una grave crisi umanitaria dovuta alla guerra civile. Nella zona della Siria colpita dal terremoto, nella parte nord occidentale del paese (la città più importante dell’area è Aleppo), milioni di persone già vivevano in condizioni difficilissime, e l’arrivo dei soccorsi è stato più lento e complesso rispetto alla Turchia: i territori controllati dal governo siriano infatti sono sottoposti anche a varie forme di embargo a causa della guerra, mentre quelli controllati dalle forze di opposizione, come il Nord Ovest, sono difficilmente raggiungibili.

In una situazione così complicata come quella siriana può essere difficile anche capire a chi dare una mano: la nuova emergenza causata dal terremoto non fa che peggiorare la già grave situazione sociale del paese, come ci ha spiegato Claudia Oriolo, responsabile per la Siria dell’organizzazione non governativa italiana WeWorld, che da più di cinquant’anni è impegnata in progetti umanitari in 27 paesi, compresa l’Italia. La sua attività è finanziata da diverse istituzioni pubbliche, ma anche dalle persone comuni: per la popolazione siriana si può dare un contributo qui.

Oriolo ci ha spiegato che, ad esempio, un’intera generazione di siriani ha avuto grandi difficoltà ad accedere al sistema educativo nazionale. Oggi, dopo il terremoto, la situazione è ulteriormente peggiorata. Nelle zone colpite le scuole sono state inizialmente chiuse. Solo ad Aleppo oltre 200 edifici scolastici hanno riportato danni e diversi di quelli non danneggiati sono utilizzati come rifugi temporanei per le famiglie sfollate. Oriolo ci ha detto che ad avere più bisogno d’aiuto sono proprio le famiglie sfollate, «a cui servono materassi e coperte per poter ripararsi e dormire, ma hanno bisogno anche di cibo, di materiali igienici e di acqua».

In molte aree le reti idriche e le cisterne sono state danneggiate a causa del terremoto, ma erano in condizioni precarie già in precedenza a causa del conflitto. Secondo Oriolo ad oggi «WeWorld ha distribuito oltre 2.033 metri cubi d’acqua e sono stati portati avanti interventi di riabilitazione idrica in oltre 118 punti della città di Aleppo». L’emergenza causata dal terremoto tocca inoltre anche le zone non direttamente colpite, quelle a sud, verso le quali si spostano molte famiglie sfollate: «Le comunità che adesso le ospitano avevano già scarso accesso a servizi di base, questi nuovi arrivi andranno a comprometterne l’accesso in misura ulteriore» spiega Oriolo.

In questa situazione complicata le persone più in difficoltà sono ancora una volta le donne, le bambine e i bambini. Gli interventi di WeWorld più strettamente legati all’emergenza del terremoto si saldano quindi sul lavoro che l’organizzazione sta facendo negli ultimi anni a sostegno di queste categorie. In particolare WeWorld sta intervenendo con un progetto finanziato dalla Cooperazione Italiana. Questo progetto ha lo scopo di migliorare l’accesso ai servizi educativi e formativi, e renderli più sicuri e più protetti, nelle comunità delle zone rurali di Aleppo e Deir-ez-Zor.

In Siria, per molti giovani vulnerabili, il tema dell’istruzione, ci ha spiegato ancora Oriolo, è strettamente collegato a quello della formazione professionale e più in generale a quello dell’accesso al mercato del lavoro. Sono aspetti spesso sottovalutati dell’emergenza sociale del paese: «Più di 2 milioni di bambine e bambini non vanno a scuola, più di 1 milione e mezzo sono a rischio di dispersione scolastica e moltissime strutture sono state danneggiate dal conflitto». La difficoltà ad accedere a un’istruzione di base ha avuto «forti conseguenze sulla situazione lavorativa di molti giovani, che si ritrovano a svolgere lavori per lo più giornalieri e saltuari scarsamente retribuiti, accrescendo la vulnerabilità economica delle famiglie».

Una situazione che è ancora più complicata nelle zone rurali, dove le opportunità di lavoro e di formazione sono ancora più scarse rispetto ai centri urbani. In questo contesto si va a inserire il progetto di formazione di WeWorld finanziato dalla Cooperazione Italiana. Il progetto punta infatti a rafforzare le competenze professionali e le opportunità di avviare attività che migliorino le condizioni economiche dei giovani siriani, in particolare di quelli dei nuclei familiari in cui sono presenti bambine e bambini che in questi anni non hanno potuto avere un’istruzione regolare. «Una delle cause, se non la principale – ci ha spiegato Oriolo – è la condizione economica difficile e precaria delle famiglie, che non riescono a mandare i propri figli e figlie a scuola».

Nell’ambito di questo progetto WeWorld attualmente sta selezionando 200 giovani, 100 donne e 100 uomini, tra i 16 e i 30 anni, esclusi dal mercato del lavoro, come destinatari di corsi di formazione professionale e di piccola imprenditoria appunto nelle zone rurali di Aleppo e di Deir-ez-Zor. Una volta conclusi i corsi WeWorld consegna ai giovani dei kit contenenti il materiale e gli strumenti necessari per iniziare la propria attività senza dover affrontare ulteriori spese, li aiuta nella ricerca del lavoro e li mette in contatto con le aziende locali.

Tra i giovani che hanno già concluso i primi cicli di corsi di formazione professionale di WeWorld ci sono ad esempio Zalkha, che ha trent’anni e Ammar, che invece ne ha 19. Zalkha ha sei figli, vive nell’area rurale di Dayr Hafir, nel governatorato di Aleppo: suo marito è morto nella guerra civile e lei non ha mai avuto la possibilità di imparare un lavoro che le permettesse di poter mandare i figli a scuola. La sua difficile situazione è stata segnalata a WeWorld proprio dall’assenza dei figli alle lezioni. Per questo è stata scelta per partecipare a un corso di formazione professionale per diventare sarta.

Allo stesso corso di Zalkha ha partecipato anche Ammar, che è originario del villaggio di Abaja e fino a poco tempo fa pensava di poter lavorare solamente nell’agricoltura, come i suoi genitori e i suoi fratelli e sorelle, anche se avrebbe voluto fare altro, per migliorare le condizioni economiche sue e della sua famiglia. Oggi Zalkha e Ammar hanno concluso il loro corso di formazione e hanno avuto da WeWorld una macchina da cucire: questo strumento di lavoro fa parte del kit che i partecipanti ricevono una volta concluso il corso e con cui possono iniziare a lavorare utilizzando le competenze che hanno acquisito.

Il progetto di WeWorld finanziato dalla Cooperazione Internazionale è articolato in tre componenti. L’ultima, quella che riguarda appunto la formazione professionale e la distribuzione di kit che consentano l’accesso al mondo del lavoro delle persone formate, è stata preceduta da altre due fasi. La prima riguarda interventi sulle infrastrutture scolastiche che permettano la riabilitazione leggera (cioè la riqualificazione) delle stesse per una riapertura sicura per le attività didattiche, oltre che privacy e protezione alle bambine e alle ragazze con interventi legati alle strutture igienico-sanitarie e accessibilità alle persone con disabilità. La seconda è finalizzata alla creazione di corsi di formazione per gli insegnanti che permettano una maggiore inclusività e approcci pedagogici adeguati ai bisogni dei bambini e delle bambine con disabilità. «Oltre agli interventi di emergenza che stiamo portando avanti dal giorno del terremoto, è importante che si continuino a realizzare tutti gli altri progetti, perché l’emergenza in Siria è iniziata ben prima dello scorso 6 febbraio», conclude Oriolo.