Il donatore di sperma seriale dei Paesi Bassi
Si ritiene che abbia fatto nascere circa 550 persone, violando la legge nazionale e mentendo alle cliniche: una fondazione gli ha fatto causa
Nei Paesi Bassi è stata intentata una causa contro un uomo che si ritiene abbia usato il proprio sperma per far nascere circa 550 persone, molte di più delle 25 previste dalle linee guida nazionali sulla donazione di gameti (in Italia il numero massimo è 10). Le linee guida non sono vincolanti e per ragioni di privacy è difficile individuare chi non le rispetta: secondo la fondazione che ha intentato la causa, la Donorkind, donando in modo seriale ed eccessivo l’uomo avrebbe esposto a danni le persone nate dalle sue donazioni. In questi casi, infatti, c’è il rischio non trascurabile che queste si incontrino e si riproducano senza sapere di essere imparentate, per esempio.
L’uomo avrebbe donato sia in cliniche autorizzate che attraverso siti Internet non regolamentati: i dettagli della causa intentata non sono ancora stati diffusi dalla Donorkind e non è chiaro di cosa sia accusato l’uomo. Il legale della fondazione, Mark de Hek, lo accusa di aver mentito alle cliniche e alle donne incontrate, dichiarando di non aver fatto nascere più di 25 persone per convincerle a sceglierlo e facendo prevalere il proprio desiderio di riprodursi su eventuali rischi.
La Donorkind, che riunisce famiglie nate da fecondazione eterologa (la tecnica di procreazione assistita che prevede la donazione esterna di gameti), si riferisce alla possibilità che alcuni dei 550 nati un giorno si riproducano tra loro, esponendo i figli al rischio di patologie o anomalie. Un altro problema sono le conseguenze psicologiche, per i nati, di scoprire di avere decine e decine di parenti stretti che non sapevano di avere, per esempio con i test fai da te del DNA (che comunque non sono sempre affidabili): sono tutti rischi legati alle donazioni di gameti incontrollate, di cui si discute anche in altri paesi del mondo in cui non ci sono regole chiare o troppo stringenti al riguardo.
Il caso dei Paesi Bassi non è il primo di questo tipo, tuttavia è la prima volta che viene intentata una causa di questo genere: la Donorkind ha chiesto che venga impedito all’uomo di donare di nuovo e che le cliniche in cui ha donato e che attualmente hanno il suo sperma conservato lo distruggano, salvo casi in cui persone che lo hanno già usato vogliano usarlo per fare altri figli con lo stesso patrimonio genetico.
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L’uomo al centro del caso è un musicista di 41 anni chiamato Jonathan Meijer. Nei Paesi Bassi era già noto dal 2017, quando un’indagine del ministero della Salute aveva scoperto che con le sue donazioni aveva fatto nascere almeno 102 bambini e bambine. Ci era riuscito trovando alcune scappatoie nella regolamentazione delle donazioni: come detto, le linee guida che raccomandano un massimo di 25 nascite a donatore non sono vincolanti, e spesso le singole cliniche non si scambiano i propri dati tra loro, anche per motivi di privacy. Proprio citando le norme sulla privacy, all’inizio dell’anno scorso il ministro della Salute danese Ernst Kuipers aveva detto di non avere gli strumenti per impedire casi come quello di Meijer.
Nei Paesi Bassi ogni clinica fa firmare ai donatori una dichiarazione in cui affermano di non aver donato prima e di non essere intenzionati a donare in un’altra clinica: nel 2017 si era scoperto che Meijer aveva donato in almeno 10 diverse cliniche, sostenendo ogni volta di non aver mai donato prima.
A seguito dell’indagine del ministero della Salute, l’uomo era stato segnalato a tutte le cliniche per evitare che il suo sperma venisse usato e affinché fosse inserito in una ufficiosa “lista nera”, ma lui aveva continuato a donare rivolgendosi a banche del seme internazionali come la Cryos International, una delle più grandi del mondo, o in cliniche di altri paesi come Spagna e Ucraina (adesso non si sa esattamente dove viva, ma sembra che si trovi in Kenya) sfruttando il fatto che ovviamente non esiste un registro internazionale dei donatori di gameti. Meijer inoltre aveva donato anche su siti internet privati, dove mancano tutte le tutele legali e sanitarie maggiormente garantite dai percorsi regolamentati.
Il caso che ha portato alla causa si è verificato proprio su uno di questi siti, con una donna, nota come Eva, che aveva avuto un figlio grazie a una donazione dell’uomo nel 2018. Sul proprio profilo sul sito l’uomo aveva detto di non aver fatto nascere più di 25 persone, come suggerito dalle linee guida locali, e la donna gli aveva creduto. «Se avessi saputo che aveva già fatto nascere oltre 100 persone non lo avrei mai scelto», ha detto la donna.
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