Quelli che non vogliono rinunciare alla riforma della giustizia in Israele
Sono l'estrema destra e gli ultraortodossi che sostengono il governo di Benjamin Netanyahu, per ragioni politiche e religiose
La decisione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di sospendere il percorso di approvazione della contestata riforma della giustizia difficilmente riuscirà a placare le proteste e i contrasti che la proposta di legge ha provocato. Netanyahu si trova in una condizione molto difficile: da un lato i sondaggi e le proteste mostrano come la riforma sia osteggiata dalla maggior parte della popolazione israeliana; dall’altro la legge è al centro di molti interessi che riguardano la tenuta del governo di Netanyahu, e la sua stessa carriera politica.
In particolar modo, la riforma è un obiettivo imprescindibile per i partiti di estrema destra e ultraortodossi da cui Netanyahu dipende per la sua maggioranza di governo: se la proposta di legge dovesse fallire, è probabile che la tenuta dell’esecutivo sarebbe a rischio.
La riforma della giustizia israeliana toglie poteri alla Corte suprema del paese per affidarli al governo: prevede tra le altre cose che il governo possa nominare i giudici della Corte suprema, che possa facilmente ignorare le sentenze della Corte e limita il controllo della Corte stessa sull’operato dell’esecutivo. Per i suoi critici, mette in pericolo l’indipendenza del sistema giudiziario israeliano, ma per la maggior parte delle forze di governo è un obiettivo irrinunciabile.
Il primo a essere interessato alla riforma è ovviamente lo stesso Netanyahu, che si trova al momento sotto processo in tre procedimenti differenti per corruzione e altri reati. L’opposizione ritiene che il primo ministro potrebbe usare la proposta di legge (che darebbe al governo il potere di scegliere i giudici della Corte suprema e di altri tribunali) per nominare giudici a lui favorevoli e deviare così il corso dei processi. Netanyahu ha sempre respinto queste accuse.
Ma paradossalmente più ancora che Netanyahu sono i partiti dell’estrema destra religiosa e i partiti ultraortodossi a considerare irrinunciabile la riforma. Lo si è visto lunedì: dopo le proteste generalizzate e lo sciopero generale indetto dai sindacati e dalle aziende, Netanyahu sarebbe stato disposto a bloccare almeno temporaneamente l’approvazione della legge, ma Itamar Ben-Gvir, leader del partito di estrema destra Potere Ebraico e ministro della Pubblica sicurezza, ha minacciato le dimissioni. Dopo lunghi negoziati, Netanyahu ha promesso a Ben-Gvir che la riforma sarà in ogni caso approvata entro l’estate, ed è stato costretto a fare ulteriori concessioni.
L’estrema destra nazionalista israeliana e i partiti ultraortodossi appartengono a due schieramenti formalmente diversi ma hanno in comune molti obiettivi. Semplificando molto, l’estrema destra ha posizioni sioniste estremiste, e vorrebbe tra le altre cose che lo stato israeliano includesse anche tutti i territori palestinesi. Gli ultraortodossi invece rappresentano gli interessi degli estremisti religiosi ebraici, che vorrebbero che la religione avesse un ruolo maggiore nella vita pubblica e influenzasse maggiormente le scelte dello stato israeliano.
– Leggi anche: Chi sono gli ebrei ultraortodossi e quali sono i loro partiti
Le posizioni di questi due gruppi spesso si sovrappongono: per esempio Itamar Ben-Gvir, pur non essendo personalmente un ultraortodosso, ha ottenuto molti voti dalla comunità ultraortodossa, che in buona parte sostiene il suo nazionalismo. Entrambi i gruppi generalmente sostengono le colonie israeliane, cioè quegli insediamenti costruiti su territori palestinesi che sono in buona parte abitati da ebrei ortodossi e ultraortodossi. Queste ovviamente sono enormi semplificazioni di una situazione che in realtà è molto varia e complessa, ma sono necessarie per comprendere il sostegno fortissimo che entrambi i gruppi hanno nei confronti della riforma della giustizia.
Sia l’estrema destra nazionalista sia gli ultraortodossi hanno ragioni per ritenere la Corte suprema israeliana l’ostacolo principale a tutta una serie di obiettivi politici. Entrambi vedono nella riforma della giustizia – che limiterebbe enormemente i poteri della Corte – una misura necessaria per portare lo stato israeliano più vicino alle loro istanze.
La prima questione riguarda le colonie israeliane. Entrambi gli schieramenti ritengono che la Corte suprema sia ostile al movimento dei coloni, e sia un ostacolo al loro progetto di estensione dello stato di Israele nei territori palestinesi. In particolare, l’estrema destra ricorda come nel 2005 la Corte si espresse in favore del progetto dell’allora primo ministro Ariel Sharon di evacuare completamente la Striscia di Gaza, e costrinse migliaia di coloni ad abbandonare i loro insediamenti illegali. Più di recente, nel 2020, la Corte suprema abrogò una legge approvata dal parlamento israeliano che consentiva ai coloni di costruire insediamenti su territori privati posseduti da palestinesi, costringendo ancora all’evacuazione di alcune aree.
In realtà la Corte suprema si è espressa moltissime volte a favore dei coloni, anche violando esplicitamente il diritto internazionale. Ma le decisioni del 2005 su Gaza e altri grossi casi hanno portato la destra e gli ultraortodossi a ritenere che la Corte sia contraria alle colonie.
I partiti dell’estrema destra nazionalista, inoltre, non nascondono il fatto che il loro progetto di lungo periodo sia di arrivare a un’annessione completa della Cisgiordania, un territorio che secondo la comunità internazionale appartiene ai palestinesi. Per evitare che la Corte si intrometta e impedisca questo progetto, è necessario ridurne i poteri.
Per i partiti ultraortodossi la contrarietà alla Corte suprema e al sistema giudiziario secolare israeliano va però molto oltre la questione delle colonie, e risale a prima della fondazione dello stato di Israele, nel 1948. Per gli ultraortodossi, la creazione di un sistema giudiziario indipendente dalla legge religiosa ebraica è da sempre un affronto: al tempo il capo rabbino ashkenazita Isaac Herzog disse che un sistema giudiziario secolare era «un tradimento catastrofico della tradizione ebraica». Herzog è il nonno dell’attuale presidente della Repubblica israeliana, che porta il suo stesso nome ma è contrario alla riforma della giustizia.
La contrarietà dei gruppi religiosi estremisti è anche una delle ragioni per cui Israele non ha mai avuto una costituzione, ma una serie di Leggi fondamentali estremamente lasche.
In generale, gli ultraortodossi ritengono che la Corte suprema sia una minaccia al loro stile di vita. Una delle questioni più importanti riguarda il servizio militare obbligatorio, che tutti gli israeliani e le israeliane sono costretti a fare tranne gli ebrei ultraortodossi, che godono di ampie esenzioni. Per esempio chi studia nelle Yeshiva (le scuole religiose) può presentare esenzioni in perpetuo, riuscendo a posporre il servizio indefinitamente.
Nel 2012 la Corte suprema decise che le esenzioni dal servizio militare per gli ebrei ultraortodossi erano illegali, provocando enormi proteste tra i membri della comunità. La sentenza della Corte non è mai stata applicata, ma i partiti ultraortodossi vorrebbero far passare una legge che sancisca ufficialmente l’esenzione dal servizio militare per i membri della loro comunità, e per farlo è necessario che la Corte suprema sia privata dei poteri di controllo e sorveglianza sulla legislazione.
La questione delle esenzioni dal servizio militare è essenziale per il dibattito pubblico israeliano, ed è una delle ragioni per cui moltissimi militari, ex militari e riservisti stanno protestando contro la riforma della giustizia: molti di loro ritengono ingiusto che un’ampia porzione della popolazione (il 13 per cento degli abitanti di Israele, secondo le stime) non sia obbligata a fare il servizio militare come tutti gli altri. Gli ultraortodossi sostengono che studiando le sacre scritture loro aiutano lo stato di Israele spiritualmente.
Più in generale, gli ultraortodossi vedono nella Corte suprema un ostacolo al loro obiettivo di aumentare l’influenza della religione sullo stato. Negli anni la Corte suprema ha più volte difeso i diritti della comunità LGBT+ e i diritti civili di cui godono i cittadini israeliani, tutte cose che per gli ultraortodossi sono contrarie ai dettami religiosi.
Solo con la limitazione dei poteri della Corte gli ultraortodossi potranno passare alcune leggi per loro molto importanti, come il divieto di servire nei locali pubblici il pane lievitato durante la Pasqua o la limitazione di molte attività pubbliche durante lo Shabbat, il sabato ebraico che secondo i dettami religiosi prevede la cessazione delle attività lavorative.
«Abbiamo votato per un governo di destra che sostiene i valori ebraici, che sostiene la religione, ma tutte le volte che c’è una legge che alla Corte suprema non piace, la aboliscono», ha detto un giovane ultraortodosso al Wall Street Journal. «Se la riforma non passa, il mio voto è stato inutile».