Cosa si sa sugli stupri compiuti dai russi in Ucraina
Iniziano a uscire ricerche di enti indipendenti: per l'Unione Europea sono «sistematici», per l'ONU sono compiuti su donne di tutte le età
Dall’Ucraina, dove nel corso dell’invasione i soldati russi hanno compiuto numerosi crimini di guerra e contro i civili, arrivano da mesi racconti e testimonianze di stupri e violenze sessuali. È una questione nota sin dall’inizio del conflitto, su cui continuano a esserci pochi dati e che è presumibilmente più diffusa di quanto si creda. Di recente però, oltre alle testimonianze aneddotiche, sono arrivate le prime conferme dell’estensione del fenomeno degli stupri da parte di organi indipendenti, oltre che indagini avviate contro i presunti responsabili.
Wayne Jordash, avvocato britannico e capo di Global Rights Compliance, un’organizzazione non governativa che si occupa di diritto internazionale e che è attiva sul territorio, ha detto che avere un’idea della diffusione delle violenze e dei loro responsabili è difficile per tanti motivi: «Molte donne non denunciano le violenze subite, e quando lo fanno spesso indicano le unità dell’esercito russo che se ne sono rese responsabili, per cui identificare i singoli soldati è molto più complicato». Jordash ha detto che a compiere violenze sono spesso soldati di basso rango, che in alcuni casi sono tornati in Russia e non sono più rintracciabili sul campo.
La maggior parte delle testimonianze e delle prove raccolte sugli stupri arriva dai territori occupati e poi abbandonati dai russi: dal nord dell’Ucraina, quindi, ma anche da Kherson, la città meridionale liberata lo scorso novembre dopo un’occupazione durata mesi. Ad oggi la procura generale ucraina ha avviato indagini per 154 casi di violenze sessuali compiute durante l’invasione: Irina Didenko, a capo del dipartimento della procura che si occupa di questi casi, ha detto al New York Times che secondo lei gli stupri sono «molti, molti di più».
La maggior parte di questi casi riguarda violenze sessuali compiute contro donne, ma ci sono stati anche casi di violenze subite da uomini, soprattutto quando venivano catturati e resi prigionieri dai russi: alcuni di loro hanno raccontato di scariche elettriche attuate direttamente sui genitali come forma di tortura. Non solo: come in passato, le accuse di stupro riguardano anche l’esercito ucraino, benché in misura minore.
Per quanto riguarda gli stupri compiuti dai soldati russi nei confronti delle donne ucraine, a un anno dall’inizio dell’invasione si è passati da qualche racconto aneddotico, raccolto soprattutto da giornalisti sul campo, a un primo insieme di conferme da parte di organismi indipendenti. Le Nazioni Unite lo scorso ottobre hanno diffuso un rapporto conclusivo su indagini fatte tra febbraio e marzo del 2022 nelle zone di Kiev, Chernihiv, Kharkiv e Sumy.
Nel corso dell’indagine sono stati documentati quelli che la commissione dell’ONU definisce crimini di guerra e violazioni del diritto internazionale, compiuti «nella stragrande maggioranza dei casi» dalle forze russe. Un intero capitolo del rapporto è dedicato proprio alle violenze sessuali e agli stupri, che nel diritto internazionale possono essere considerati un crimine di guerra.
Secondo quanto raccolto dalla commissione dell’ONU, gli stupri sono stati compiuti contro persone di età diversissime, dai 4 agli oltre 80 anni. Il caso della bambina di 4 anni è successo vicino a Kiev: secondo la commissione, a marzo del 2022 due soldati russi sono entrati in una casa, hanno violentato più volte sia una donna di 22 anni che suo marito, li hanno successivamente costretti ad avere rapporti sessuali davanti a loro e uno dei soldati ha poi costretto la loro figlia di 4 anni a praticargli del sesso orale. La commissione sta investigando su altre tre accuse, ritenute credibili, di stupri compiuti nei confronti di donne adolescenti nello stesso villaggio. Secondo la commissione, i casi di donne di oltre 80 anni si sarebbero verificati a Chernihiv.
Secondo quanto descritto nel rapporto, le violenze sessuali e gli stupri sono stati compiuti sia all’interno delle abitazioni delle donne che in altre case, abbandonate e disabitate a causa della guerra, in cui i soldati russi hanno portato le donne per poi violentarle. Didenko ha detto al New York Times che gli stupri sono compiuti di frequente anche all’interno di strutture che i russi usano per imprigionare gli ucraini catturati: solo a Kherson ne sono state individuate quattro.
Anche il Consiglio dell’Unione Europea, che insieme al Parlamento Europeo detiene il potere legislativo, ha formulato alcune accuse precise e circostanziate sugli stupri e le violenze sessuali compiute in Ucraina dai soldati russi. Il 7 marzo di quest’anno, a ridosso della Giornata internazionale della donna, ha emesso sanzioni contro due funzionari di alto livello dell’esercito russo ritenuti responsabili degli stupri e delle violenze compiute dai soldati sotto la loro direzione.
Secondo il Consiglio, quanto raccolto sulle violenze sessuali e gli stupri nelle zone ucraine occupate indica una «pianificazione a un livello più sistematico», in cui i comandanti russi non solo erano a conoscenza delle violenze compiute, ma le avevano «incoraggiate o addirittura ordinate». Tra le accuse citate c’è lo stupro di una donna incinta: il Consiglio scrive inoltre che in uno dei due casi il ministero della Difesa russo aveva poi elevato di grado uno dei comandanti che guidava questi soldati.
La lista dei soggetti sanzionati dal Consiglio dell’Unione Europea include anche due funzionari di alto livello della polizia russa, accusati di aver compiuto violenze anche sessuali nei confronti di donne russe che protestavano contro l’invasione russa dell’Ucraina.
Per contrastare gli stupri, punirne i responsabili e offrire sostegno a chi li ha subiti, nel corso di quest’anno in Ucraina si sono sviluppate reti e attività di vario tipo.
Una di queste è JurFem, un’associazione di circa 300 avvocate ucraine fondata nel 2017 che da quando è iniziata la guerra si è dedicata molto attivamente al sostegno delle donne che avevano subìto stupri, per esempio raccogliendo le loro testimonianze e offrendo loro sostegno legale gratuito.
JurFem ha anche creato una linea telefonica, “JurFem Support”, con cui raccoglie richieste d’aiuto: la direttrice Hrystyna Kit ha raccontato al centro studi Chatham House di essere stata contattata da donne che avevano subìto violenze o minacce di violenze, ma anche da persone che erano state costrette a guardare le proprie familiari mentre venivano violentate.
Kit ha detto che molte di queste donne non si sentono pronte o sicure a denunciare le violenze alla polizia, e ha aggiunto che a Kiev, Dnipro, Zaporizhzhia e Leopoli il governo ha aperto quattro centri di soccorso per chi fugge dalle zone di guerra. Questi centri offrono servizi completi, dalla consulenza psicologica alle cure mediche all’assistenza legale gratuita, e sono diventati anche un rifugio per le donne che hanno subìto violenze.
Global Rights Compliance, l’ong diretta da Jordash, ha poi avviato un progetto chiamato “Sexual Violence Mobile Justice Team”: è un gruppo di magistrati, ufficiali di polizia e investigatori sia ucraini che internazionali inviati sul campo, che collaborano con le autorità ucraine per documentare, investigare e perseguire le violenze sessuali e gli stupri compiuti dalle forze russe.
Jordash ha detto che l’iniziativa è stata avviata tra agosto e settembre dell’anno scorso e che una parte del lavoro è anche offrire sostegno concreto alle persone che hanno subìto violenze, mettendole in contatto con strutture e servizi del territorio in cui possono ricevere accoglienza, prestazioni mediche, sostegno psicologico o semplicemente un posto dove trascorrere la notte e del cibo, se hanno dovuto lasciare casa propria.
Il primo processo per stupro contro un soldato russo si è svolto lo scorso dicembre, a Kiev, in absentia, cioè senza la presenza degli accusati. Ma perseguire penalmente chi ha compiuto gli stupri non è né sarà facile. Come detto, il fenomeno è probabilmente molto più esteso di quanto si creda ed è molto complicato identificare i responsabili. La commissione dell’ONU che ha indagato sulla questione scrive anche che in molti casi in cui le donne sono state uccise le autopsie si concentrano sull’immediata causa di morte, senza necessariamente descrivere tutte le altre violenze subite prima dell’omicidio.
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