Le elezioni senza scelta per il parlamento di Cuba
I candidati sono 470, così come i seggi, e tutti del Partito Comunista: si vota oggi ma l'unico dato da guardare è quello dell'astensione
A Cuba si vota oggi, domenica, per eleggere i 470 rappresentanti che comporranno l’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, il parlamento dell’isola. Cuba è dal 1959 una repubblica socialista, il regime castrista prevede un unico partito, quello comunista, e il paese è agli ultimi posti nelle classifiche di quasi tutti gli organismi indipendenti per livello di democrazia e di libertà di espressione. Le elezioni sono quindi molto particolari, a partire dal fatto che non esiste possibilità di scelta: i candidati sono 470, in 470 collegi, per 470 seggi. Ogni elettore può scegliere solo se votare il candidato del suo collegio. Quest’ultimo risulta eletto se ottiene almeno il 50 per cento (più uno) dei voti, altrimenti il seggio rimane vacante per tutti e cinque gli anni della legislatura: nell’ultima sessione furono eletti tutti i candidati.
Nonostante questo, e nonostante tutti i candidati siano espressione del Partito Comunista Cubano, il voto può dare qualche indicazione sul grado di malcontento della popolazione, alle prese con una delle peggiori crisi economiche degli ultimi decenni, che ha portato nel luglio 2021 a storiche proteste, represse con durezza.
Nelle ultime elezioni municipali, che si erano tenute nel novembre del 2022, l’astensione era stata del 31 per cento, un dato molto elevato in un paese dove il voto è obbligatorio per legge (come in molte altre nazioni dell’America Latina) e dove storicamente l’affluenza è sempre stata altissima, spesso superiore al 90 per cento. Anche per queste elezioni è previsto un calo della partecipazione.
Cuba sta vivendo in questi anni una crisi profonda, causata da diversi fattori. La pandemia e il successivo blocco del turismo, una delle principali fonti di entrate del paese, hanno reso più evidenti problemi strutturali del sistema cubano che, insieme al perdurare dell’embargo americano, condizionano l’economia dell’isola da decenni. I grandi debiti accumulati dallo stato nei confronti di creditori esteri hanno reso difficile l’approvvigionamento di materie prime e di beni di prima necessità, mentre le poche prospettive economiche e le forti limitazioni alle libertà politiche e civili hanno causato negli ultimi anni un flusso migratorio senza precedenti, soprattutto verso gli Stati Uniti.
Alle elezioni per l’Assemblea nazionale votano tutti i cittadini cubani che abbiano più di sedici anni, con l’esclusione di quelli che hanno chiesto un visto per emigrare. I candidati sono stati scelti per metà da una commissione nazionale delle candidature, che è composta da rappresentanti di vari sindacati e associazioni della società cubana, ma che praticamente dipende dal Partito Comunista. Gli altri vengono invece nominati dai governatori municipali, eletti con il voto di novembre 2022.
I profili di tutti i candidati sono pubblicati dagli organi di stampa dello stato (non esistono media indipendenti e liberi), che hanno sottolineato come la maggioranza siano donne e come molti siano giovani e afrodiscendenti.
L’inclusività della prossima assemblea, che prevede quasi 100 candidati con meno di 35 anni, non avrà però effetti reali sulla politica cubana. I poteri del parlamento sono ridotti: gli eletti si limitano per lo più a diventare un riferimento per il proprio collegio elettorale e ad approvare le decisioni prese dal partito senza possibilità di modifiche o reale dibattito. Non esiste inoltre una campagna elettorale, vietata dalla legge.
La riforma costituzionale del 2018, approvata con un referendum popolare, ha ridotto il numero dei parlamentari da 614 a 470: quelli eletti a loro volta sceglieranno al loro interno il Consiglio di Stato, l’organo che dal 1976 ha i maggiori poteri nell’isola, e il presidente. La designazione di quest’ultimo arriverà a fine 2023: l’attuale presidente Miguel Díaz-Canel, il primo leader post-rivoluzione a non appartenere alla famiglia Castro, salvo improbabili sorprese sarà confermato per il secondo mandato, l’ultimo secondo le regole costituzionali.
La conferma del presidente chiuderà il ciclo elettorale iniziato a novembre con l’elezione di 11.000 rappresentanti municipali: quelle “locali” sono le uniche consultazioni in cui gli elettori hanno una scelta fra diversi candidati, ma con enormi limitazioni. Sui 26.000 candidati delle ultime elezioni solo uno apparteneva a un gruppo di opposizione. Anche in seguito all’appello al boicottaggio da parte dei dissidenti, la partecipazione è stata la più bassa dal 1976, un chiaro segnale di disaffezione dei cittadini verso il sistema politico.
Lo stesso presidente Miguel Díaz-Canel lo ha definito un «voto di condanna». La nuova Costituzione ha invece eliminato le elezioni provinciali: i governatori sono nominati dal presidente e approvati dalle assemblee municipali.