La fuga del leader indipendentista sikh che sta bloccando un’intera regione dell’India
Amritpal Singh Sandhu è ricercato da cinque giorni in tutto il Punjab per "minaccia all'ordine sociale"
Dura ormai da cinque giorni la fuga del leader separatista sikh indiano Amritpal Singh Sandhu, ricercato per il reato di “minaccia all’ordine sociale” dalla polizia in Punjab, la regione nord-occidentale dell’India al confine col Pakistan. Da quando sabato Sandhu è sfuggito all’arresto, il governo indiano ha mobilitato risorse e agenti nell’unica regione del paese a maggioranza sikh, istituendo una serie di blocchi stradali e sospendendo il traffico internet via rete mobile per quasi 48 ore, fra domenica e martedì.
Gli oltre 30 milioni di abitanti del Punjab per due giorni non hanno potuto connettersi a internet, inviare sms con i loro cellulari, effettuare pagamenti digitali: la misura è stata giustificata dal governo con l’intento di evitare la diffusione di fake news ed è stata presa dopo che alcuni appartenenti alla comunità sikh avevano danneggiato i consolati indiani a San Francisco e a Londra. I sikh sono i fedeli di una religione monoteista nata in India circa 500 anni fa. Tra le loro tradizioni religiose c’è tenere il capo coperto in pubblico con un turbante e portare con sé il “kirpan”, un coltello simbolo di fermezza e resistenza: quasi il 25 per cento dei sikh vive fuori dall’India, in particolare nei paesi anglosassoni.
Amritpal Singh Sandhu è il leader religioso del movimento radicale Waris Punjab De (Eredi del Punjab), considerato in ascesa negli ultimi anni, che sta riaccendendo fra i suoi seguaci le volontà separatiste dei sikh nella regione del Punjab. Il movimento per l’indipendenza, che ambiva a creare uno stato chiamato Khalistan, aveva portato a un periodo di violenze fra gli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. In seguito è stato represso e attualmente è molto minoritario all’interno della comunità.
Amritpal Singh Sandhu ha 30 anni ed era praticamente sconosciuto fino a un anno fa, quando tornò nel Punjab, dopo dieci anni passati a Dubai, per sostituire il capo del movimento separatista morto in un incidente d’auto. È ricercato dal 23 febbraio, quando con un gruppo di seguaci e fedeli aveva assaltato la stazione di polizia di Ajnala, vicino alla città di Amritsar, per chiedere il rilascio di Lovepreet Singh Toofan, uno dei suoi seguaci e collaboratori. Il gruppo era armato con spade e pistole. La polizia aveva acconsentito alle sue richieste anche per non rischiare uno scontro religioso, ma al termine dell’assalto aveva cominciato a ricercare Sandhu per arrestarlo.
Sabato la polizia era stata vicina al suo arresto, ma Sandhu con l’aiuto di alcuni fedeli è riuscito a fuggire: ci sono immagini che lo mostrano mentre si cambia d’abito e sale su una motocicletta. Da allora 100 appartenenti alla sua organizzazione sono stati fermati o arrestati (alcuni arresti sono stati definiti “preventivi”), le forze dell’ordine ai confini sono state allertate per evitare che fugga all’estero, ma Sandhu è ancora latitante.
È accusato, fra le altre cose, di aver minacciato il ministro dell’Interno Amit Shah: a febbraio ha detto che Shah avrebbe fatto la stessa fine dell’ex prima ministra Indira Gandhi, uccisa da due delle sue guardie del corpo sikh nel 1984.
L’omicidio fu compiuto due mesi dopo che la prima ministra aveva autorizzato un’operazione dell’esercito all’interno del Tempio d’oro (Golden Temple) di Amritsar, l’edificio sacro della religione sikh. Erano gli anni di maggior tensione fra gli indipendentisti sikh e il governo centrale, da alcuni mesi il governo riteneva che gli indipendentisti usassero il tempio per nascondere ricercati e armi: l’operazione avviata per catturare i ricercati, chiamata Blue Star, fu un disastro e si trasformò in una cruenta battaglia. Alla fine ci furono 500 persone sikh e 83 militari morti, e l’assalto al tempio diede il via a una sommossa della comunità sikh in tutto il paese, oltre che a proteste all’estero.
La rivolta sikh fu repressa: si calcola che fra i 10.000 e i 20.000 appartenenti alla comunità furono uccisi e dal 1993 nella regione del Punjab non ci sono stati gravi episodi di violenza. Negli ultimi anni le tensioni all’interno dello stato sono cresciute, anche per il consistente aumento dei tassi di disoccupazione. Amritpal Singh Sandhu è stato capace di intercettare parte del crescente malcontento, il governo teme che possa trasformarlo in una contrapposizione più radicale al governo centrale e per questo considera il suo arresto prioritario.