A causa della siccità l’acqua viene anche rubata
Secondo i Carabinieri forestali i furti sono in aumento, con prelievi o deviazioni abusive da fiumi e canali soprattutto al Nord
L’estate scorsa un agricoltore di 43 anni di Bereguardo, in provincia di Pavia, è stato denunciato dai Carabinieri forestali per furto di acqua: secondo l’accusa avrebbe alzato le paratie di un canale, cioè gli sbarramenti che regolano l’afflusso e la distribuzione dell’acqua, per irrigare i suoi campi in un periodo di difficoltà a causa della siccità. Se n’erano accorti altri agricoltori della zona, che avevano denunciato un sensibile calo della portata di acqua diretta nei loro campi al consorzio locale di bonifica e alle forze dell’ordine.
Non è un caso isolato: nel 2022 i Carabinieri forestali hanno segnalato un aumento dei furti di acqua rispetto al passato, in particolare nelle regioni del Nord dove la siccità ha costretto moltissimi agricoltori a scegliere quali coltivazioni irrigare e quali no, con conseguenze sui raccolti, sui proventi delle aziende agricole e sulla loro capacità di investimento.
Il prelievo di acqua da un fiume senza autorizzazione, così come l’allaccio abusivo alla rete idrica, è considerato furto. Risponde del reato, se accertato, non solo chi materialmente preleva l’acqua, ma anche chi si avvantaggia della fornitura. È complicato dire con precisione quanto siano aumentati i furti di acqua rispetto agli anni precedenti perché questo reato rientra nell’ampio capitolo dei controlli in “difesa del territorio”: nel bilancio delle attività del 2022, tuttavia, quasi tutti i comandi provinciali dei Carabinieri forestali hanno sottolineato la crescita di questo fenomeno finora considerato trascurabile.
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Gli unici dati, piuttosto parziali, sono stati pubblicati lo scorso anno in occasione della campagna di sensibilizzazione chiamata “fiume sicuro”, contro i reati ambientali: nei mesi di marzo, aprile e maggio sono stati fatti 6.889 controlli e sono stati accertati 337 illeciti amministrativi e 201 illeciti penalmente rilevanti. Ma in questi dati, oltre al furto di acqua dai torrenti e dai pozzi, rientrano anche gli sversamenti inquinanti e il furto di materiale inerte dai fiumi. I controlli sono aumentati soprattutto lungo il fiume Po, dal Piemonte fino al delta tra il Veneto e l’Emilia-Romagna.
Andrea Gavazzoli, responsabile delle relazioni istituzionali dell’autorità di bacino distrettuale del fiume Po, dice che già dallo scorso anno hanno collaborato con i carabinieri per aumentare i controlli. L’autorità è un ente del ministero dell’Ambiente con competenze sul territorio intorno al corso del fiume.
I risultati sono stati significativi: sono stati scoperti sistemi ingegnosi per prelevare l’acqua dal Po come canalizzazioni, pompe idrauliche e condutture in pressione. La difficoltà principale è stata distinguere tra i sistemi di prelievo autorizzati dall’AIPO, l’agenzia interregionale per il fiume Po che si occupa di gestire le acque del fiume, e quelli abusivi. «Non stiamo parlando di persone che usano taniche, ma sistemi complessi che richiedono una certa organizzazione», spiega Gavazzoli. «È la prima volta che ci troviamo ad affrontare questo problema».
Nel luglio del 2022, per esempio, i Carabinieri forestali hanno individuato un’azienda agricola di San Raffaele Cimena, in provincia di Torino, che aveva messo in piedi un sistema per prelevare 200 litri di acqua al secondo dal fiume Po con una pompa idraulica e tubature dirette verso i campi da irrigare. Si stima che siano stati prelevati 72mila metri cubi di acqua. Un agricoltore di Garlasco, in provincia di Pavia, è stato denunciato per furto per aver deviato l’acqua di un canale del distretto autonomo di San Biagio, un consorzio che gestisce l’acqua. A Novara i carabinieri forestali hanno scoperto un uomo che allacciava abusivamente il suo camion cisterna alla rete idrica per poi distribuire l’acqua prelevata in otto aziende tra Novara, Vercelli e Monza.
Gavazzoli spiega che al momento non esiste un modo per fare controlli automatici, soprattutto per quanto riguarda l’acqua dei fiumi: «Non ci possono essere spie che si accendono in tempo reale, per questo è essenziale coinvolgere i Carabinieri forestali per aumentare i controlli. Stiamo parlando di un territorio vasto e in alcuni casi impervio: la novità è che i fiumi offrono un prodotto ambito a causa della siccità».
Individuare i prelievi dalle reti idriche è relativamente più semplice rispetto ai fiumi. Solitamente si controlla la differenza tra la quantità di acqua immessa nella rete e quella utilizzata. Anche in questo caso, però, bisogna fare attenzione perché le perdite hanno diverse cause.
Come spiega l’ISTAT in un recente rapporto pubblicato in occasione della giornata mondiale dell’acqua, una quota tra il 5 e il 10 per cento delle perdite è fisiologica e inevitabile in tutte le infrastrutture idriche. Un’altra parte è dovuta alla scarsa manutenzione di impianti spesso vecchi, corrosi o rotti. C’è poi una quota di perdite dovuta agli errori di misura dei contatori, che possono essere imprecisi o difettosi. Infine un’ulteriore causa sono gli allacci abusivi. Più è estesa la rete idrica e più sono alte le probabilità che una parte dell’acqua immessa vada dispersa o prelevata abusivamente.
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Le perdite dalle reti idriche rappresentano uno dei principali problemi nella gestione dei sistemi di approvvigionamento dell’acqua, soprattutto in un periodo di forte siccità come sono stati gli ultimi due anni. ISTAT stima che ogni giorno vengano dispersi 157 litri al giorno per ogni abitante, una quantità che considerando la media di consumo pro capite consentirebbe di soddisfare le esigenze idriche di 43 milioni di persone per un anno. In totale va perso il 42,2 per cento dell’acqua immessa nella rete. Le perdite più significative sono state osservate in Sicilia (52,5 per cento), e Sardegna (51,3 per cento), seguite dai distretti Appennino meridionale (48,7 per cento) e Appennino centrale (47,3 per cento).
Questa mappa mostra le perdite dalle reti idriche comunali divise per provincia con dati dell’ISTAT relativi al 2020.