Negli Stati Uniti saranno resi pubblici i documenti di intelligence sull’origine del coronavirus
Lunedì il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato una legge che prevede di rendere pubblici quanti più documenti possibili sulle attività di intelligence finora riservate sulle origini del coronavirus. Secondo le agenzie governative statunitensi, questi documenti non contengono elementi che stabiliscano in maniera chiara quale sia l’origine del virus: la decisione di Biden comunque è considerata importante per l’impegno alla trasparenza della sua amministrazione e, come ha detto lo stesso presidente, perché il pubblico possa avere a disposizione «quante più informazioni possibili sull’origine» della pandemia, su cui ormai da tempo sono in corso discussioni.
Il provvedimento era già stato approvato dal Senato e dalla Camera degli Stati Uniti a inizio marzo: si riferisce in particolare alle eventuali informazioni legate alle attività dell’Istituto di Virologia di Wuhan e a «potenziali collegamenti» tra il lavoro di ricerca condotto nella struttura e il primo focolaio di COVID-19.
L’FBI ritiene che l’origine della pandemia possa essere legata a un incidente di laboratorio avvenuto in Cina, una ipotesi che era emersa nell’ottobre del 2021, quando erano già stati resi pubblici alcuni documenti dell’intelligence americana. Altre agenzie di intelligence statunitensi continuano invece ad avere ipotesi divergenti sull’origine del coronavirus e ritengono che le valutazioni che hanno portato a queste considerazioni siano deboli. La Cina ha sempre respinto con forza l’ipotesi di un incidente di laboratorio, citando anche le conclusioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che l’ha definita «molto improbabile».