Il problema di gestire il tifo organizzato in trasferta

Dopo gli scontri in occasione degli ottavi di Champions League a Napoli la prefettura ne teme altri per le prossime partite

Gli scontri di Napoli del 15 marzo prima della partita di Champions League
(ANSA/CIRO FUSCO)
Gli scontri di Napoli del 15 marzo prima della partita di Champions League (ANSA/CIRO FUSCO)
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Lunedì il prefetto di Napoli, Claudio Palomba, ha espresso una certa preoccupazione per la partita che si svolgerà in città giovedì tra Italia e Inghilterra, la prima per le qualificazioni ai Campionati europei di calcio del 2024. Palomba ha detto: «Mi sento anche in questa occasione di fare un appello ai tifosi napoletani, in uno scenario internazionale i tifosi vengono anche per godersi la nostra città, non roviniamo questa ulteriore giornata di festa».

Il timore di Palomba, ma anche del sindaco Gaetano Manfredi, è che possa ripetersi ciò che è accaduto il 15 marzo scorso nella zona intorno a piazza del Gesù, quando ci sono stati violenti scontri tra ultras tedeschi dell’Eintracht Francoforte, che erano in città per il ritorno degli ottavi di Champions League, ultras napoletani e polizia. In quel caso c’è stata una serie notevole di errori, esemplificativi di quanto possa essere complicato mantenere l’ordine pubblico in Italia in casi come questo: specialmente perché il tifo organizzato negli ultimi anni è cambiato nei metodi, nella logistica e nella dimensione, diventando un fenomeno sovranazionale.

Il 6 marzo il Comitato di analisi per la sicurezza delle manifestazioni sportive, che è parte del dipartimento di Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, aveva deciso per il blocco della trasferta. Il Tar della Campania aveva però accolto un ricorso dell’Eintracht e annullato l’ordinanza. L’11 marzo il prefetto di Napoli aveva emesso un’ordinanza per vietare la vendita dei biglietti ai residenti a Francoforte. A quel punto però i tifosi tedeschi che avevano già acquistato i biglietti aerei o comunque organizzato la trasferta avevano deciso di partire lo stesso, e naturalmente le autorità italiane non avevano il potere di impedire loro il viaggio. Secondo alcune testimonianze ai tifosi tedeschi si sarebbe aggiunto anche un gruppo di ultras bergamaschi dell’Atalanta, loro alleati e nemici storici dei tifosi napoletani. Di questo fatto però non c’è nessuna conferma, tra i fermati dalla polizia di quel giorno non c’è nessun tifoso bergamasco.

Insomma, i tifosi tedeschi erano in città senza poter andare allo stadio, e la loro presenza aveva generato disordini per tutta la giornata comunque contenuti fino al primo pomeriggio. L’errore più grave, dal punto di vista dell’ordine pubblico, è che nel frattempo nessuno si è preoccupato dei circa 600-700 ultras del Napoli che in corteo, con caschi e mazze, hanno percorso il lungomare senza essere fermati per poi arrivare nella zona di piazza del Gesù, dove si trovavano i tifosi tedeschi.

A quel punto la polizia si è trovata in mezzo e gli scontri sono stati violenti: gli ultras napoletani erano armati di razzi e di “bombe carta”, cioè petardi con notevoli quantità di polvere da sparo che producono un rumore assordante ma dovrebbero essere poco distruttivi, anche se possono provocare gravi danni anche alle persone. È con una bomba carta che ha preso fuoco un’auto della polizia. Uno dei cinque ultras napoletani fermati dopo gli scontri ha detto che la loro intenzione era quella di «difendere la città». Per tre tifosi napoletani e tre tedeschi è stato convalidato l’arresto. Le accuse sono di resistenza a pubblico ufficiale aggravata, lesioni personali aggravate nei confronti di sette agenti e getto pericoloso di cose.

Martedì a Napoli è apparso un grande striscione firmato dagli ultras napoletani su cui era scritto: «Fareste più bella figura ad ammettere le vostre responsabilità invece di addossare ad altri la vostra incapacità… dimettetevi!». Era rivolto ai responsabili dell’ordine pubblico.

Tifosi dell’Eintracht Francoforte a Napoli il 15 marzo (ANSA/CIRO FUSCO)

Nei prossimi giorni e nelle prossime settimane in varie città italiane, Napoli compresa, ci saranno partite in cui potenzialmente potrebbero ripresentarsi gli stessi problemi della settimana scorsa. Le preoccupazioni della prefettura di Napoli sulla partita tra Italia e Inghilterra sono giustificate, perché tra tifosi inglesi e napoletani c’è una lunga storia di ostilità e scontri.

Il 7 settembre dello scorso anno, in occasione di Napoli-Liverpool di Champions League, c’erano stati violenti scontri tra ultras napoletani e tifosi inglesi. In quel caso i tifosi del Liverpool erano stati aggrediti prima e dopo la partita. A parti invertite è successa la stessa cosa durante la partita di ritorno di novembre, allo stadio Anfield di Liverpool. Un anno prima, nel settembre del 2021, scontri violenti tra ultras napoletani e inglesi erano avvenuti a Leicester in occasione di una partita di Europa League e ancora prima, nel 2018, prima e dopo un’altra partita tra Napoli e Liverpool.

Tifosi inglesi (Epa)

Ai tifosi inglesi che arriveranno a Napoli per la partita di giovedì sono stati venduti 2.500 biglietti. Nei giorni scorsi c’è stata una riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica a cui ha partecipato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, in cui sembra che sia stato deciso un utilizzo massiccio di forze di polizia con più servizi di controllo, vigilanza, più personale e più mezzi in strada al momento della partita. È stata anche intensificata l’attività di prefiltraggio, cioè quando gli steward delimitano la zona intorno allo stadio per permettere l’accesso soltanto alle persone in possesso di biglietto e senza oggetti potenzialmente pericolosi.

Alla riunione hanno partecipato alcuni rappresentanti della polizia inglese, che hanno segnalato agli italiani quali potrebbero essere i gruppi da tenere maggiormente sotto controllo.

Dall’inizio dell’anno ci sono stati diversi casi di scontri tra gruppi ultras. Quello di cui si è parlato di più è avvenuto l’8 gennaio, quando sull’autostrada A1 nei pressi di Badia al Pino (Arezzo) si sono scontrati ultras del Napoli, diretti a Genova per Sampdoria-Napoli, e ultras della Roma, che invece viaggiavano verso Milano per Milan-Roma. Martedì sono state perquisite le case di 33 persone aderenti a gruppi ultras a Roma e a Napoli in seguito alle indagini di quei fatti. Tra le persone che hanno subito perquisizioni c’è anche un rappresentante degli ultras dell’Arezzo, che sono alleati con il gruppo Fedayn della Curva Sud e potrebbero avere avuto un ruolo negli scontri.

Il 21 dicembre scorso un rapporto dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, organo consultivo del ministero dell’Interno, ha rilevato che nella gestione delle trasferte dei gruppi ultras c’è una novità di cui bisogna tenere conto: «Merita attenzione la tendenza a prediligere sempre più l’utilizzo di mezzi privati (auto e minivan), piuttosto che dei pullman e bus».


In realtà non è una novità. Il 26 dicembre del 2018, prima della partita Inter-Napoli l’ultras del Varese Daniele Belardinelli, legato ai gruppi della Curva Nord interista, morì investito da un SUV dopo che gli ultras interisti avevano assaltato la colonna di auto e minivan proveniente da Napoli. Da tempo i gruppi ultras preferiscono muoversi in colonna in piccoli gruppi di auto, SUV e furgoni e non più con pullman e treni. Il motivo lo spiega lo stesso rapporto dell’Osservatorio che dice come questo cambio di natura logistica abbia «reso più difficoltoso il monitoraggio e la localizzazione, in tempo reale, delle movimentazioni delle tifoserie organizzate da parte delle forze dell’ordine, incidendo sull’organizzazione dei servizi dedicati alle trasferte».

In caso di possibili scontri con altre tifoserie i pullman vengono considerati dagli ultras troppo esposti, visibili e poco difendibili, e il treno obbliga a percorsi prestabiliti e quindi prevedibili. Nel caso degli scontri di Badia al Pino entrambi i gruppi ultras, romanisti e napoletani, erano a bordo di minivan. Questi spostamenti sono oggettivamente più complicati da gestire a livello di ordine pubblico: per la polizia, una cosa è seguire con le proprie auto alcuni pullman, un’altra è dover scortare decine di mezzi più piccoli che possono separarsi e dividersi.

C’è da considerare poi che gli scontri tra ultras non sono mai, o quasi mai, imprevedibili o frutto di casualità. La rete di ostilità e alleanze è nota e quando avvengono gli scontri è perché sono programmati e in una certa misura studiati. Tornando alle circostanze in cui morì Belardinelli, a Milano: gli ultras interisti erano appostati in un punto coperto lungo la strada che conduce allo stadio di San Siro, e l’arrivo del convoglio di tifosi napoletani venne segnalato da staffette in moto, che avevano seguito i minivan e i SUV dal momento in cui erano usciti dal casello autostradale. Dall’altra parte, i tifosi napoletani erano preparati allo scontro: sapevano che l’aggressione sarebbe avvenuta anche se non sapevano dove e in che momento.

Sembra che gli scontri di Badia al Pino tra romanisti e napoletani fossero addirittura programmati con un appuntamento, secondo le prime ricostruzioni dei giornali, ma non ci sono conferme ufficiali su questo.

C’è un altro fattore di rischio segnalato dall’Osservatorio, ossia la distribuzione delle partite di campionato lungo tutto l’arco della settimana, che in gergo viene chiamato “spezzatino” per distinguerlo dai tempi in cui tutte o quasi le partite si giocavano la domenica. È scritto nel rapporto:

La sempre più accentuata programmazione degli incontri di calcio, per ragioni di carattere televisivo-commerciale, lungo l’intero arco della settimana e in orari variabili, oltre che nel fine settimana, ha fatto sì che, per assicurare il controllo degli itinerari interessati dai transiti delle tifoserie, la Polizia Stradale abbia dovuto attingere alle pattuglie impegnate nell’ordinario servizio di vigilanza, predisponendo servizi ad hoc solo in presenza di eventi di particolare rilevanza.

L’Osservatorio ha censito 455 gruppi ultras italiani per un totale di poco meno di 45mila aderenti. Gli scontri tra i vari gruppi e tra questi ultimi e la polizia avvengono anche lontano dagli stadi, o nelle zone adiacenti, e secondo il rapporto «il punto più critico per la gestione dei servizi di ordine pubblico, con il 61% delle illegalità», è costituito da piazze, centri storici e vie di accesso allo stadio.

Prendendo in considerazione gli episodi violenti durante la stagione calcistica 2021/2022, su 179 gli ultras del Napoli sono stati coinvolti in 19, seguiti da quelli di Genoa e Lazio (8). I feriti sono stati 140 di cui 60 in occasione di partite di Serie A. Le violenze ai danni di forze dell’ordine o steward sarebbero riconducibili a 48 tifoserie, tra Serie A, Serie B, Serie C e Serie D. Il numero più alto di feriti è stato provocato da cagliaritani, avellinesi, napoletani e ultras della Turris, squadra di Torre del Greco (Napoli). Gli arresti sono stati 59 e 1.741 i Daspo (Divieto di accedere alle manifestazioni sportive).

Le partite a rischio vengono valutate appunto dall’Osservatorio. Alle riunioni partecipano funzionari delle varie forze di sicurezza (Polizia di Stato, Polizia Stradale, Polizia Ferroviaria, Reparti Speciali, Carabinieri, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco), di leghe e organi sportivi, oltre a rappresentanti di Trenitalia e della società Autogrill. L’Osservatorio segnala gli eventi a rischio a questure e prefetture che possono decidere le limitazioni delle trasferte e della vendita di biglietti. Per alcuni eventi, l’Osservatorio chiede un’ulteriore valutazione sulle misure di sicurezza più idonee a un altro organo chiamato Comitato di analisi per la sicurezza delle manifestazioni sportive (CASMS), che ha il compito di raccogliere e analizzare le notizie riguardo a una partita che potrebbe causare problemi di ordine pubblico.

Dopo aver valutato i precedenti e i pericoli, il Comitato indica alle questure e alle prefetture quali contromisure sia più opportuno adottare. Quindi l’Osservatorio ha il compito di individuare le partite a rischio incidenti e suggerire le restrizioni da applicare, mentre al CASMS spettano le valutazioni più approfondite sul tipo di misure di sicurezza che i club e le autorità locali possono adottare.

Le misure di sicurezza all’interno e all’esterno degli stadi vengono gestite dal GOS, gruppo operativo di sicurezza, presieduto da un funzionario di polizia nominato dal questore della città dove si tiene la partita. Ne fanno parte i Vigili del Fuoco, un rappresentante del Servizio sanitario nazionale, la Polizia locale e gli addetti alla sicurezza dei due club che giocano la partita.

Quanto alle misure da adottare l’Osservatorio, in vista di partite a rischio, può suggerire la chiusura del settore ospiti dello stadio, cosa che però avviene molto raramente, oppure consentire la trasferta solamente a chi possiede la cosiddetta tessera del tifoso, o ancora vietare la trasferta ai residenti di una determinata regione.

La tessera del tifoso oggi assume vari nomi ed è una specie di “carta fedeltà” dei club. Nacque nel 2009 su iniziativa dell’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni, come strumento per impedire l’accesso agli stadi agli individui ritenuti pericolosi. Nei primi anni dopo la sua introduzione i club non poterono vendere gli abbonamenti ai tifosi che non volevano aderire alla sottoscrizione della tessera. Quest’obbligo, valido anche per tutte le trasferte, scatenò forti contestazioni nelle tifoserie di tutta Italia.

– Leggi anche: Come funziona l’ordine pubblico negli stadi

Poi nel 2017 Marco Minniti, ministro dell’Interno, e Luca Lotti, ministro dello Sport, firmarono un protocollo nella sede della FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) alla presenza del capo della Polizia, Franco Gabrielli, nel quale fu stabilito che la tessera del tifoso dovesse essere trasformata nell’attuale carta fedeltà utilizzata dai club. Ora è indispensabile solo per seguire la propria squadra in trasferta in occasione di partite considerate a rischio.

Gestire l’ordine pubblico quando interviene il tifo organizzato è complicato anche perché esistono legami sempre più forti, e di conseguenza anche inimicizie, tra gruppi di vari paesi europei. Lo scorso 4 febbraio, al termine di Roma-Empoli, alcuni tifosi romanisti appartenenti al gruppo storico dei Fedayn, fondato alla fine degli anni Settanta nella zona del Quadraro, sono stati aggrediti nei pressi dello stadio in piazza Mancini. Gli aggressori hanno ferito due persone e rubato lo striscione dei Fedayn. Quello striscione è comparso poi qualche giorno dopo in mano agli ultras serbi della Stella Rossa di Belgrado, storici alleati degli ultras napoletani. Lo striscione è stato bruciato sugli spalti dello stadio Marakàna di Belgrado.

Un tifoso della Lazio con la maglia che inneggia a Hitler (Ansa)

L’aggressione è quindi avvenuta per procura ed è forse la prima volta che un gruppo ultras va appositamente in un luogo per compiere un’aggressione pur non essendo parte in causa nella partita. I tifosi serbi erano a Milano per assistere a una partita di basket e si sono spostati a Roma esclusivamente per attaccare i romanisti. Di fatto il furto dello striscione dei Fedayn e in generale l’operazione dei tifosi serbi è un’evoluzione degli scontri tra ultras, arrivata a un livello ormai sovranazionale. Inoltre è la prova che lo scontro tra ultras romanisti e napoletani è costante e difficilmente controllabile.

La costante è invece l’utilizzo di cori fascisti e razzisti da parte di alcune tifoserie. In occasione del derby tra Roma e Lazio di domenica i tifosi laziali hanno intonato a lungo cori antisemiti, contenenti versi di questo tipo:

Siamo le camicie brune, c’hai er padre deportato e tu madre è Anna Frank. Romanista sei un rabbino, pane azzimo e agnellino, e festeggi l’Hanukkah.

Come dimostrano i video, non è una minoranza a cantare gli slogan ma buona parte della curva. La presidente della comunità ebraica romana Ruth Dureghello ha detto: «Possibile che si continui a far finta di nulla?». La partita non è stata interrotta, la società ha fatto sapere che i responsabili saranno individuati. I cori antisemiti da parte degli ultras laziali non sono però una novità ed episodi simili avvengono ciclicamente. In tribuna Monte Mario c’era anche un tifoso con la maglia della Lazio, i numeri 88 (8 indica l’ottava lettera dell’alfabeto, quindi HH, che sta per Heil Hitler, il saluto nazista) e la scritta “Hitlerson”. Per tutta la durata della partita non è stato né identificato né allontanato.