Il caso per cui Trump potrebbe essere incriminato a breve, dall’inizio
Riguarda un pagamento fatto all'attrice Stormy Daniels nel 2016, ma le accuse sono deboli e molti aspetti sono ancora poco chiari
Sabato l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha scritto sul suo social network Truth che martedì verrà arrestato nell’ambito di un’indagine della procura distrettuale di Manhattan. Il caso a cui ha fatto riferimento riguarda un presunto pagamento di 130mila dollari all’attrice di film porno Stormy Daniels, che Trump avrebbe fatto tramite la sua azienda e il suo ex avvocato Michael Cohen nel 2016, per comprare il silenzio dell’attrice su un rapporto sessuale avuto con lui una decina di anni prima.
Se si dovesse arrivare a un’incriminazione, Trump sarebbe il primo ex presidente nella storia degli Stati Uniti ad affrontare un processo penale. Il caso però è parecchio complicato, oltre che ancora poco noto in certi passaggi, e potrebbe essere molto difficile per la procura dimostrare la colpevolezza di Trump, che riguarderebbe comunque reati considerati minori.
Trump è candidato alle primarie del partito Repubblicano per le elezioni del 2024 e il suo post è stato scritto soprattutto per esortare i suoi sostenitori a indignarsi contro quella che lui ritiene essere una persecuzione politica. Non ci sono ulteriori elementi che fanno pensare che un suo effettivo arresto sia previsto per questa settimana, ma è possibile che a breve il procuratore distrettuale di Manhattan che sta seguendo le indagini sul caso, Alvin Bragg, deciderà se chiedere l’incriminazione per Trump e iniziare un processo.
Il caso ebbe inizio da un incontro avvenuto tra Trump e Daniels, il cui vero nome è Stephanie Gregory, nel 2006, quando lui aveva 60 anni e lei 27. I due si incontrarono per la prima volta durante un torneo di golf per celebrità in Nevada: ai tempi Trump era già molto noto come conduttore (oltre che produttore) del reality show The Apprentice. I due parlarono e cenarono insieme e, secondo i racconti di Daniels, lui le promise che l’avrebbe fatta partecipare al suo programma. Daniels ha sostenuto che i due avrebbero passato la notte insieme (cosa che Trump ha negato) e poi si sarebbero visti ancora ma senza più avere rapporti sessuali: Daniels non partecipò mai a The Apprentice e disse che dopo poco smise di rispondere alle chiamate di Trump. Allora Trump era già sposato con l’attuale moglie Melania.
Negli anni successivi Daniels provò più volte a vendere ai giornali la storia del suo incontro con Trump, puntando in particolare sul fatto che lui le aveva promesso un ruolo televisivo per fare sesso con lei senza poi di fatto rispettare l’impegno. I tentativi di Daniels coi giornali tuttavia non ebbero successo. In un caso il giornale che voleva comprare la storia di Daniels contattò Trump per avere la sua versione e tutta la faccenda fu gestita da Michael Cohen, che allora era l’avvocato dell’azienda di Trump, la Trump Organization, incaricato di risolvere eventuali problemi di questo tipo. Cohen minacciò il giornale di fare causa e il giornale decise di lasciar stare.
Nel 2015 Trump decise di candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti e la storia dell’incontro con Daniels acquisì improvvisamente un peso maggiore rispetto a quello che aveva avuto fino a quel momento. Ai tempi David Pecker, amico di Trump ed editore del giornale di gossip National Enquirer, si era impegnato a pubblicare articoli che mettessero in buona luce la sua figura ed eventualmente a comprare storie che ne potessero rovinare la reputazione per toglierle dal mercato (una pratica che in inglese si chiama catch and kill). Fu quello che il National Enquirer fece in quel periodo con un’altra donna, Karen McDougal, una ex modella della rivista per adulti Playboy, che voleva vendere ai giornali la storia di una sua relazione con Trump tra il 2006 e il 2007.
Il 7 ottobre 2016, circa un mese prima delle elezioni, il Washington Post pubblicò un video del 2005 nel quale Trump faceva commenti molto volgari e sessisti. Fu un guaio mediatico e Daniels ne approfittò per riprovare a vedere la sua storia, tra gli altri anche al National Enquirer. Secondo alcuni documenti ottenuti dalle autorità federali, questa volta Pecker (l’editore del National Enquirer) mise l’avvocato di Trump, Cohen, direttamente in contatto con l’avvocato di Daniels, Keith Davidson, e i due fecero un accordo: Trump avrebbe pagato 130mila dollari a Daniels per il suo silenzio sul loro rapporto sessuale (Cohen ha ammesso che ci fu un pagamento). Nell’accordo i due erano indicati con due pseudonimi e le reali identità dei contraenti erano rivelate in una lettera separata.
Sempre secondo i documenti dell’indagine, Cohen impiegò un po’ di tempo a capire come pagare quella somma senza che risultasse nei rendiconti dell’azienda di Trump, e alla fine Cohen decise di fare un pagamento direttamente dal proprio conto – come ammise durante una testimonianza già nel 2018. Secondo le indagini, nel corso del 2017 la Trump Organization rimborsò Cohen, ma per nascondere la vera ragione del pagamento lo registrò come un compenso per una consulenza legale inventata. In caso di incriminazione, per ottenere una condanna la procura dovrebbe dimostrare che Trump falsificò questi documenti aziendali con l’intento di commettere una frode: in questo caso la condanna potrebbe prevedere fino a 4 anni di carcere.
Da qui in poi però le cose si fanno più complicate e, come scrive il New York Times, «la pubblica comprensione della teoria di Bragg rimane oscura e incompleta».
La posizione di Trump infatti si aggraverebbe se la procura riuscisse a dimostrare che la falsificazione dei documenti aziendali fu fatta per nascondere un altro reato. Questo secondo reato, secondo quanto riferito dalla procura, potrebbe essere una violazione della legge che regola i finanziamenti alle campagne elettorali, ma non è chiaro in che modo e non è neanche chiaro se questo sarebbe eventualmente di competenza della procura di Manhattan o della giustizia federale.
Un’altra ipotesi è che Bragg stia indagando su altri reati legati a questo pagamento, che però non sono stati resi pubblici.
Il testimone principale della procura è proprio Cohen, che nei giorni scorsi ha testimoniato davanti alla giuria incaricata di valutare gli elementi dell’indagine e già nel 2018 si era dichiarato colpevole di violazione della legge sul finanziamento alle campagne elettorali e aveva ammesso di aver contribuito a organizzare il pagamento di Daniels. Nelle scorse settimane Bragg ha fatto sapere agli avvocati di Trump che avrebbe potuto essere incriminato e ha dato la possibilità all’ex presidente di testimoniare davanti alla giuria incaricata di valutare che le prove contro di lui siano sufficienti per iniziare un processo penale.
Oltre al caso del pagamento a Daniels, Trump è coinvolto in diversi altri casi giudiziari che riguardano suoi presunti pagamenti illegali per la campagna elettorale e interferenze elettorali, tentativi di ribaltare i risultati elettorali del 2020 e per aver portato a casa sua centinaia di documenti coperti da vincolo di segretezza dopo aver lasciato l’incarico.