Nella politica cinese sono tutti maschi
Più si sale di livello meno donne si trovano, e le cose sono recentemente peggiorate
In apertura del ventesimo Congresso del Partito Comunista cinese dell’ottobre del 2022, il presidente Xi Jinping, poi riconfermato per un terzo mandato, aveva promesso di volersi «impegnare nella fondamentale politica nazionale di uguaglianza di genere». La promessa è stata infranta subito dopo. Le donne nel Partito Comunista cinese restano poche e la loro presenza è diventata nulla se si considerano le istituzioni più influenti come il Politburo. Più si sale di livello meno donne si trovano.
Le donne hanno sempre rappresentato un’eccezione nel panorama politico del paese, ma se possibile con le scelte fatte dalla leadership recente la situazione è peggiorata.
Nel misurare la parità di genere in politica, va innanzitutto tenuto conto del fatto che la questione quantitativa è solo un pezzo della storia. Occupare molti seggi o ruoli non basta, anche se è considerato un passo avanti: ci sono paesi in cui i parlamenti contano così poco che la parità di genere nella loro composizione ha poca influenza sulle politiche nazionali; altri in cui, benché si sia andati vicini alla parità a livello quantitativo, le posizioni di potere più importanti hanno continuato a essere occupate sistematicamente da uomini; altri paesi ancora in cui, nonostante la presenza di donne in posizioni importanti, le politiche destinate a fare avanzare i diritti delle donne sono state poche o inefficaci. Insomma, i numeri non dicono molto sulla qualità della vita in generale delle donne o sul loro livello di libertà. Qualcosa, però, lo dimostrano.
Lo scorso 13 marzo, a Pechino, si sono concluse le cosiddette “due sessioni”, gli annuali appuntamenti legislativi della politica cinese. Quest’anno, oltre ai comuni lavori di carattere legislativo delle due sessioni, l’Assemblea nazionale del popolo ha confermato formalmente Xi Jinping come presidente, dando così ufficialmente inizio al suo terzo mandato, e ha eletto Li Qiang, il secondo in carica all’interno del partito, a nuovo primo ministro del Consiglio di Stato, l’organo esecutivo incaricato di governare il paese.
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L’Assemblea generale è l’unica camera legislativa della Cina e riunisce 2.977 delegati provenienti da tutto il paese: tra loro, quest’anno, c’erano più di 400 rappresentanti delle 55 minoranze etniche del paese, quasi 500 lavoratori e agricoltori e 791 donne. Le donne rappresentavano dunque il 27 per cento dell’assemblea, una percentuale leggermente inferiore alla loro presenza nel partito che a oggi conta quasi 97 milioni di membri in tutta la Cina. Non appena, però, si sale nella gerarchia dell’amministrazione o della gestione del partito stesso le donne scompaiono.
Nell’ottobre del 2022 si è chiuso a Pechino il ventesimo Congresso del Partito Comunista cinese, il più importante evento della vita politica del paese che si tiene ogni cinque anni. Durante il Congresso, i circa 2.300 membri selezionati dai rami locali del Partito e dalle organizzazioni del Partito hanno scelto i 205 membri del Comitato centrale, che costituisce il nucleo del partito. Le donne hanno ottenuto appena 11 dei 205 seggi del nuovo Comitato, pari al 5,4 per cento.
A sua volta il Comitato ha nominato la dirigenza esecutiva del partito. L’elezione più importante era quella del Politburo, la cui composizione è stata ridotta da 25 a 24 membri: tra loro non è stata nominata nessuna donna ed è la prima volta che accade da vent’anni a questa parte.
Tra i membri del Politburo sono stati poi selezionati i sette funzionari più importanti che fanno parte del Comitato permanente del Politburo, cioè l’organo esecutivo ristretto a cui appartiene il segretario generale e attraverso cui il PCC governa la Cina. Nessuna donna è mai stata ammessa a questo livello. Poiché tutte le nomine sono fatte in base all’anzianità, si dovrà attendere il prossimo Congresso, nel 2027, perché una donna possa eventualmente rientrare nel Politburo e poi altri cinque anni perché abbia una possibilità di entrare nel suo Comitato permanente.
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Dal punto di vista dei ruoli dell’esecutivo, la situazione non è migliore. Oltre al nuovo primo ministro, anche i quattro vicepremier sono uomini. Negli ultimi dieci anni solo due donne, Liu Yandong (2013-2018) e Sun Chunlan (2018-2022), avevano ottenuto questo ruolo. Dopo le nuove e più recenti nomine, per trovare una donna bisogna scendere al livello dei Consiglieri di Stato.
Tra i nuovi cinque Consiglieri di stato (che nella scala gerarchica delle istituzioni esecutive cinesi è un ruolo inferiore rispetto a quello di vicepremier, ma superiore rispetto a quello di ministro del governo) ora c’è Shen Yiqin, che fino all’autunno del 2022 era segretaria del partito nella provincia meridionale di Guizhou. Era stata la prima governatrice donna della provincia e quando era stata nominata a capo locale del partito, nel novembre 2020, era diventata anche l’unica donna a ricoprire una posizione di vertice in un partito a livello provinciale.
Nel precedente Politburo era presente un’unica donna, Sun Chunlan, che era anche vicepremier. Il suo incarico non è stato però rinnovato. Il nome di Shen Yiqin era dunque circolato sia per il Politburo che, eventualmente, per l’incarico di vicepremier. Ma questo non è avvenuto e la sua nomina a Consigliera di Stato, scrive Frédéric Lemaître, corrispondente da Pechino per Le Monde, può essere interpretata come un premio di consolazione.
Nonostante questa nomina, dice poi Lemaître, il peso effettivo di Shen Yiqin rischia di essere ridotto. Gli altri quattro Consiglieri di Stato, infatti, occupano contemporaneamente altre importanti funzioni. Qin Gang è anche ministro degli Esteri, Li Shangfu è anche ministro della Difesa, Wang Xiaohong è anche ministro della Pubblica sicurezza e Wu Zhenglong è anche segretario generale del Consiglio di Stato. Shen Yiqin non ha alcun ministero da gestire. A un livello ancora inferiore, tra i nuovi ministri nominati sono presenti solo due donne: He Rong, ministra della Giustizia, e Wang Xiaoping, ministra delle Risorse umane.
Nei rapporti che misurano la presenza delle donne in politica, come quello delle Nazioni Unite, la Cina non solo non ha mai ottenuto buoni posti in classifica, ma non ha mai registrato cambiamenti significativi negli anni, anzi. Ogni anno dal 2006 il World Economic Forum pubblica una ricerca che quantifica le disparità di genere in vari paesi del mondo: il Global Gender Gap Report. Il rapporto permette di fare una comparazione tra paesi e di individuare i miglioramenti e i peggioramenti nelle disparità di genere in base a vari criteri come economia, salute, istruzione o politica. Quando Xi Jinping è salito al potere, nel 2012, la Cina era al 69esimo posto nella classifica sull’uguaglianza di genere del World Economic Forum, nel 2017 era al 100esimo, nel 2018 al 103esimo e nel 2022 al 102esimo. Il calo generale è stato causato, in particolare, dalla scarsa partecipazione delle donne alla vita politica.
Le ragioni di questo fenomeno, che non è certo unico al mondo, sono diverse. Come si spiega in questo articolo sul sito di news sull’Asia China Files «la tradizione confuciana-patriarcale continua a rappresentare un ostacolo per l’emancipazione femminile in varie parti del paese» e tutt’oggi, in Cina, «lo squilibrio di genere alla nascita è uno dei peggiori al mondo». I princìpi di parità e uguaglianza di genere citati nelle leggi non trovano poi una reale applicazione.
Per quanto riguarda in modo specifico la politica, è lo stesso funzionamento del Partito Comunista che ha a che fare con la disuguaglianza di genere. Avere qualche responsabilità al suo interno richiede una disponibilità pressoché assoluta, in termini di tempo, in una società però dove il ruolo di cura della casa e dei figli ricade automaticamente e in modo sproporzionato sulle donne.
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Infine, le preoccupazioni degli ultimi anni legate al calo demografico e alle sue potenziali conseguenze sul mercato del lavoro e sui costi della sanità hanno portato il partito a valorizzare il ruolo tradizionale delle donne nella società, come spose e madri, e non il loro avanzamento in altri spazi che siano fuori dalla casa.