Perché sono scomparse le canzoni da Instagram e Facebook
Meta vuole pagare a SIAE un forfait, SIAE vuole invece i dati sugli ascolti, e non si sono messe d'accordo
Da giovedì sera moltissimi post, Stories e Reel pubblicati su Instagram sono senza audio: è stato rimosso da Meta, l’azienda statunitense che gestisce i social network Facebook e Instagram, in seguito al mancato accordo di licenza con la Società Italiana degli Autori ed Editori, la SIAE, l’ente pubblico italiano che si occupa della tutela del diritto d’autore e della proprietà intellettuale nel cui catalogo rientrano quasi tutte le canzoni protette da copyright.
Il risultato è che le persone, le aziende e anche gli stessi artisti non possono più utilizzare le canzoni per accompagnare post, Stories e Reel di Instagram o Facebook. A molti dei contenuti pubblicati nei giorni scorsi è stato tolto l’audio con un avviso: “Questa canzone non è al momento disponibile”. Su Facebook, invece, sono stati completamente rimossi i video che contenevano canzoni. Il blocco vale sia per gli artisti italiani che per quelli stranieri, in quanto SIAE è titolare di contratti di rappresentanza anche con le società di autori estere. Meta e SIAE erano impegnate in una trattativa per rinnovare la licenza di utilizzo delle canzoni, scaduta il primo gennaio 2023.
La raccolta dei diritti d’autore è la cosa che permette agli artisti di essere pagati ogni volta che le loro opere vengono usate da terzi, per esempio quando una canzone viene trasmessa in radio, suonata in un locale, usata per uno spot pubblicitario o aggiunta in un video su YouTube. SIAE ha quindi un ruolo di intermediario tra gli autori delle canzoni e chi vuole utilizzarle. Raccoglie i proventi per i diritti di autore e li ripartisce tra chi li possiede: gli artisti, gli autori, gli editori. Fino al 2018, quando l’Italia ha liberalizzato l’intermediazione dei diritti d’autore, SIAE aveva il monopolio su questo settore.
La somma che un utilizzatore deve pagare per sfruttare i diritti d’autore viene generalmente calcolata in base al bacino di utenza. Per esempio una radio nazionale paga molto di più di SIAE rispetto a una radio locale perché ha più ascoltatori: chi gestisce la radio deve compilare un resoconto preciso con l’elenco delle canzoni trasmesse i cui diritti verranno poi distribuiti dalla SIAE agli autori e agli artisti. Lo stesso vale per i negozi o i locali, che devono pagare la SIAE in base ai metri quadrati di superficie: più è grande un locale, più persone possono potenzialmente ascoltare una canzone.
L’individuazione del pubblico, cioè la stima di quante persone ascoltano una canzone protetta dal copyright, è stata una delle ragioni del mancato accordo tra SIAE e Meta. Fino allo scorso anno, infatti, Meta pagava a SIAE una quota forfettaria annuale per sfruttare i diritti, senza fornire i dati precisi di ascolto. La successiva ripartizione di SIAE ai titolari dei diritti di autore avveniva sulla base di quote calcolate sui risultati ottenuti sugli altri servizi di streaming.
SIAE vorrebbe far valere le regole contenute nella direttiva sul copyright approvata nel 2019 dal Parlamento europeo e recepita dall’Italia alla fine del 2021. La direttiva dice che chi utilizza i diritti ha l’obbligo di fornire agli autori e agli artisti, anche tramite gli intermediari come la SIAE, informazioni sullo sfruttamento delle opere, compresi i guadagni ottenuti con i contenuti in cui sono riprodotte le opere.
SIAE sostiene di aver trovato accordi di questo tipo con altre piattaforme, come YouTube e TikTok. Mentre Meta dice di aver raggiunto un accordo forfettario con gli enti che tutelano i diritti d’autore in altri 150 paesi nel mondo.
Un altro problema è che «al momento c’è una distanza enorme da un punto di vista economico tra ciò che SIAE chiede e ciò che Meta è disposta a dare», ha detto Claudio Buja, Presidente di Universal Music Publishing Italia e consigliere di sorveglianza SIAE. «Ma così come abbiamo stretto accordi con altre piattaforme, per esempio TikTok, auspico anche in questo caso una trattativa fatta all’insegna del fair play».
Il blocco imposto da Meta è un danno rilevante per le persone che non possono più accedere alle canzoni su Instagram e Facebook e anche per gli artisti, che utilizzano le due piattaforme (soprattutto Instagram) come principale canale di promozione per l’uscita di un album o di un singolo. «Tutto il settore sta subendo dei danni», dice Enzo Mazza, presidente della FIMI, la Federazione Industria Musicale Italiana, che rappresenta imprese discografiche produttrici e distributrici. «La trattativa doveva essere gestita meglio, soprattutto senza il blocco. Io penso che sia una mossa piuttosto violenta da parte di Meta. Si stima che il 5 per cento degli ascoltatori italiani utilizzi Instagram per ascoltare musica».
Tra le altre cose, Meta sembra aver messo in atto il blocco in modo piuttosto confuso. Diversi creatori di contenuti digitali hanno segnalato che oltre alle canzoni è stato rimosso il voice over dei loro video, cioè il commento parlato del video, con un impatto notevole sul risultato finale.
Un altro disguido riguarda Soundreef, l’altra società che oltre a SIAE raccoglie i diritti d’autore in Italia. Da giovedì sera sono stati rimossi da Instagram e Facebook anche molti brani di autori rappresentati da Soundreef, che ha diffuso un comunicato per chiedere a Meta di ripristinare tutte le canzoni dei suoi artisti. «È evidente che l’esito della trattativa tra Meta e SIAE sta danneggiando tutte le società di collecting operanti, in Italia e non», ha scritto Soundreef in una nota. «Data l’eccezionale gravità di questo evento senza precedenti alcuni, Soundreef sta direttamente contattando entrambe le parti per capire come l’intera negoziazione sia stata condotta e lavorando per ripristinare sulle piattaforme Meta tutti i brani di cui amministra totalmente i diritti».