Come ha fatto Msc a dominare i commerci mondiali
Ha centinaia di portacontainer, controlla i terminal di molti porti e continua a espandersi, mantenendo una singolare struttura da azienda familiare che la avvantaggia ma la espone anche a rischi
di Paolo Bosso e Isaia Invernizzi
Su Gianluigi Aponte, il fondatore dell’enorme compagnia di navigazione Msc, circolano diversi aneddoti: si dice per esempio che ancora oggi, a 82 anni, preferisca trattare personalmente l’acquisto delle navi, l’apertura di nuove rotte, e che abbia l’ultima parola su quasi tutte le decisioni della sua azienda. Alcuni episodi della sua lunga carriera sono enfatizzati, forse alimentati dalla sua nota riservatezza. Di certo c’è che Aponte negli ultimi decenni ha fatto crescere Msc al punto da farla diventare la prima compagnia al mondo per il trasporto dei container: ha 725 navi portacontainer, di cui 442 di proprietà, con una capacità di carico che corrisponde al 18% dell’intero mercato delle spedizioni marittime.
Negli ultimi cinque anni Msc è diventata sempre più grande e importante nel mondo, e naturalmente anche in Italia, dove controlla alcuni dei principali terminal portuali. Il gruppo possiede anche una nota compagnia di navi da crociera, una di navi rotabili, cioè che trasportano auto e autocarri, una società di treni cargo e diverse società di rimorchiatori portuali, le potenti barche che guidano le navi mercantili verso le banchine. Chi vuole spedire o importare qualcosa, dai dispositivi elettronici alla frutta, deve fare i conti direttamente o indirettamente con Msc: in un certo senso, dalle decisioni di Aponte dipende il funzionamento di una parte significativa dei commerci mondiali.
Nonostante le notevoli dimensioni Msc è sempre rimasta un’azienda familiare: è un modello piuttosto eccezionale che finora si è rivelato di grande successo perché assicura velocità nelle decisioni e libertà di azione, ma allo stesso tempo la espone alle insidie di un mercato instabile dopo la pandemia, oltre che alle mire di altre grandi società straniere con brame di espansione. Sono caratteristiche uniche su cui molti addetti ai lavori e analisti si interrogano da tempo, perché il futuro di Msc e del suo dominio sui commerci può influenzare una quota consistente dell’economia globale, oltre che di quella italiana.
Gianluigi Aponte è nato nel 1940 a Sant’Agnello, in provincia di Napoli, paese di cui sono originari molti comandanti italiani. A 18 anni ereditò dal padre le quote della compagnia napoletana “Navigazione Libera del Golfo” e iniziò a lavorare come comandante a bordo dei traghetti che collegano Napoli e Capri. In quel periodo conobbe sua moglie, Rafaela Diamant Pinas, svizzera di origini israeliane, figlia di un banchiere di Ginevra. Msc venne fondata pochi anni dopo, nel 1970, con il nome di Mediterranean Shipping. Fin da subito ebbe sede a Ginevra, dove Aponte aveva studiato economia, e a Bruxelles. Formalmente è una società svizzera.
Nei primi anni Aponte seguì con costanza una strategia molto chiara: prevedere il mercato senza mai esporsi con investimenti troppo rischiosi. Come ha raccontato in più occasioni, la ragione principale che spiega la crescita costante di Msc nei primi anni è stata la capacità di acquistare navi usate a basso costo, ristrutturarle nei cantieri navali italiani e impiegarle su nuove rotte seguite poi anche dai concorrenti.
Il primo servizio di linea venne inaugurato nel 1971 con la nave da carico Patricia, un piccolo cargo da 7mila tonnellate: si spostava tra i porti del Mediterraneo, del Sud e dell’Est Africa e sul Mar Rosso con scali a Durban, Dar Es Salaam, Mombasa, Mogadiscio, Gedda, Aqaba e Port Sudan, trasportando per lo più impiantistica industriale.
Negli anni Ottanta ci fu la prima importante modifica strutturale della flotta di Msc, che iniziò a trasportare anche container. Il passaggio fu lungimirante e decisivo perché il mercato dei container, i contenitori standard per le spedizioni di beni di largo consumo, sarebbe cresciuto enormemente negli anni successivi. Non è un caso che la capacità delle navi e la quantità di merci trasportate si misurino per la maggior parte in TEU, acronimo di twenty-foot equivalent unit, lo standard minimo di lunghezza di un container.
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Tra il 1988 e il 1989, inoltre, Msc acquistò la Lauro Lines, la storica compagnia dell’armatore napoletano Achille Lauro, ribattezzata StarLauro Cruises. Nel 1996 commissionò la costruzione della sua prima nave dedicata esclusivamente al trasporto dei container. Aponte le diede il nome della figlia, oggi direttrice finanziaria del gruppo: la Msc Alexa, costruita dall’azienda italiana Fincantieri, controllata dallo Stato italiano, ha una capacità di 3.400 TEU e 50mila tonnellate.
Negli anni Novanta Msc estese le sue rotte a tutto il mondo prima raggiungendo il Golfo Persico, poi l’India, il Pakistan e la costa occidentale degli Stati Uniti. In quel periodo, oltre ad acquistare le prime navi da 6mila TEU, le più capaci dell’epoca, Aponte trasformò la StarLauro Cruises in Msc Crociere. Una delle ultime navi prese in consegna da Msc fa capire quanto negli ultimi anni siano cresciute le dimensioni delle portacontainer: la Msc Tessa, una delle più grandi al mondo, costruita in Cina nel cantiere della Hudong-Zhonghua Shipbuilding, è lunga 400 metri e ha una capacità di 24.116 TEU.
Come hanno fatto la maggior parte delle altre compagnie di navigazione, dall’inizio degli anni Duemila Msc iniziò ad assecondare il mercato del trasporto di merci attraverso quella che viene chiamata verticalizzazione o integrazione verticale. Semplificando molto, la verticalizzazione consiste nell’acquisizione di società che controllano altre parti della catena logistica come le società di autotrasporto, di rimorchio portuale, i magazzini dei poli logistici, le ferrovie e perfino le compagnie aeree. Il controllo di tutti gli anelli della catena consente di limitare i costi e spostare le merci in modo più veloce.
Le ramificazioni di Msc sono così tante che ricostruirle con precisione è piuttosto complicato. Nel 2017 ha acquisito il 49 per cento della Ignazio Messina & C., la principale compagnia di navigazione italiana nel traffico chiamato Ro-Ro, da roll-on/roll-off, che interessa veicoli su ruote caricati sulle navi senza essere alzati e spostati dalle gru come i container. Nel 2019 ha fondato la società di servizi cargo ferroviari Medway, con sede a Genova e operativa inizialmente tra i principali nodi logistici italiani, cioè i punti in cui le merci passano da un mezzo di trasporto a un altro, per esempio dai treni ai tir.
Nel 2022 ha investito un miliardo di euro per comprare l’azienda Rimorchiatori Mediterranei, società genovese attiva in Europa, Asia e Sudamerica con una flotta di 170 rimorchiatori, e 5,7 miliardi di euro per la Bolloré Africa Logistics, filiale del gruppo francese logistico Bolloré. Lo scorso febbraio ha acquisito il 15 per cento del gruppo spagnolo Boluda Towage, la principale società europea di rimorchio portuale. Il controllo di così tante aziende che offrono servizi diversi consente a Msc di presidiare tutta la catena della logistica con notevoli vantaggi in termini di costi e velocità di servizio.
Particolarmente significative sono state le acquisizioni fatte in Italia, dove MSC controlla alcuni dei terminal più importanti. I terminal sono le banchine o le aree dove vengono scaricati e custoditi i container prima di essere spostati con treni o tir verso altre destinazioni.
A Napoli Msc controlla Conateco, il più grande terminal container del porto, e ha una quota del terminal Flavio Gioia. A Gioia Tauro controlla il Medcenter Container Terminal, il primo scalo di trasbordo container italiano: il trasbordo indica lo spostamento di container a bordo di una grande nave su una più piccola, così da distribuirli negli altri porti che non possono accogliere grandi navi per via della necessità di un pescaggio più profondo.
Msc controlla anche Terminal Darsena Toscana a Livorno, Roma Container Terminal a Civitavecchia, Calata Bettolo a Genova. Ha la maggioranza delle quote del Trieste Marine Terminal, il 50 per cento del Terminal Intermodale Venezia e il Lorenzini Terminal, sempre a Livorno. Ha quote di minoranza nel La Spezia Container Terminal (40%) e nell’Adriatic Container Terminal (45%) ad Ancona. Tra le altre cose, ha quote anche di una società di spedizioni – il 23 per cento di Savino Del Bene –, una società di trasporto intermodale, MedLog Italia, e una compagnia di traghetti, Grandi Navi Veloci, al 57 per cento. Non si può dire che Msc abbia il monopolio delle merci in Italia perché comunque molte aziende concorrenti continuano a operare nei porti italiani, tuttavia l’influenza di Msc sulle importazioni e le esportazioni italiane è notevole.
Nel frattempo Msc non ha mai smesso di acquistare nuove navi. Anzi, ne ha comprate più di tutti gli altri concorrenti. Secondo il sito specializzato VesselsValue, negli ultimi due anni Msc ha acquistato o ordinato 287 navi per un valore di 16 miliardi di euro. «Gianluigi Aponte ha prosciugato il mercato», dice Stefan Verberckmoes di Alphaliner, un sito che si occupa di analisi del mercato delle spedizioni. «Ha detto ai suoi dirigenti di comprare tutto quello che c’era a disposizione».
La capacità complessiva della sua flotta è stimata in 4,7 milioni di TEU, un’enormità. VesselsValue ha stimato che nel giugno del 2022 il valore di tutte le navi di Msc – portacontainer, mercantili, navi da crociera e traghetti – fosse di quasi 40 miliardi di euro. La prima compagnia italiana per il trasporto di container, Grimaldi, che però concentra i suoi affari nel traffico Ro-Ro e dei passeggeri, ha 34 navi per una capacità di 49.449 TEU, un centesimo.
La crescita e il successo di Msc sono dovuti in parte alla sua struttura societaria e all’organizzazione dell’azienda, di fatto familiare. Non è una caratteristica esclusiva di Msc. Molte delle grandi compagnie marittime sono nate da imprese familiari: la danese A.P. Moller Maersk, il secondo armatore dei container dopo Msc, venne fondata a Svendborg nel 1904 dal capitano Peter Mærsk Møller; la francese Cma Cgm, la terza al mondo, venne creata nel 1978 da Jacques Saadé. Nacquero a conduzione familiare anche l’israeliana ZIM, le taiwanesi Evergreen e Yang Ming e la giapponese Mitsui O.S.K. Lines. La differenza rispetto a Msc è che queste aziende si sono poi ingrandite strutturandosi come multinazionali e in alcuni casi – come per Maersk, Hapag-Lloyd, Evergreen e ZIM, per citare le più note – si sono quotate in Borsa.
In Msc Gianluigi Aponte è il presidente di un gruppo che ha quasi 30mila dipendenti diretti e quasi 150mila nelle aziende controllate. Il figlio Diego è responsabile dei terminal portuali, mentre la figlia Alexa è la responsabile finanziaria del gruppo. Il marito di Alexa, Pierfrancesco Vago, gestisce Msc Crociere. La moglie di Diego, Elâ Aponte-Soyuer, è responsabile dell’acquisizione delle navi portacontainer. La moglie di Gianluigi Aponte, Rafaela Diamant Pinas, si occupa degli allestimenti delle navi da crociera. L’unico componente esterno alla famiglia presente nel gruppo dirigenziale, ma soltanto dal 2020, è l’amministratore delegato Søren Toft, che prima di essere assunto da Msc aveva lo stesso ruolo in Maersk.
La conduzione familiare di un’azienda così grande è poco convenzionale e potenzialmente rischiosa perché è davvero complicato, per così poche persone, avere il controllo totale di tutte le attività dell’azienda. Per questo Gianluigi Aponte si è circondato di dirigenti fidati, quasi tutti italiani, di cui moltissimi napoletani o comunque campani. Spesso sono assunti da decenni: come spiega una persona che lavora nella sede centrale di Ginevra, Aponte non bada a spese quando si tratta di trattenere un lavoratore che considera valido.
La gerarchia quasi assente, o comunque controllata da un ristretto gruppo di persone della stessa famiglia, consente di prendere decisioni molto rapidamente. Non essendo quotata in Borsa, inoltre, Msc non è obbligata a pubblicare bilanci, non ha comitati o assemblee dei soci a cui rendere conto, e la sede in Svizzera assicura notevoli vantaggi fiscali rispetto ad altri paesi, oltre a una certa riservatezza. «Aponte si fa vedere ogni giorno e controlla tutto», spiega ancora la fonte interna all’azienda. «Segue le trattative per l’acquisizione delle navi ed è pronto a intervenire direttamente se qualcosa non va. Conosce i prezzi imposti dai concorrenti e le loro strategie».
Sa anche con chi allearsi e con chi competere. Dal 2015 per esempio Msc è cresciuta moltissimo grazie a un accordo con un’altra azienda enorme, la danese Maersk, con cui ha formato l’alleanza chiamata 2M. Le due compagnie hanno condiviso le navi e sono arrivate a controllare un terzo della capacità mondiale di trasporto di container.
L’epidemia da coronavirus ha portato nuovi enormi profitti. Costrette a casa dalle restrizioni dovute alla pandemia, dall’inizio del 2020 le persone hanno cominciato a comprare computer, stampanti e monitor per poter lavorare da casa, mobili per organizzare uffici domestici, TV, console e videogiochi per passare il tempo, elettrodomestici e accessori per cucinare in casa, e molto altro.
L’aumento della domanda è stato forte e improvviso, ma allo stesso tempo molte compagnie marittime hanno ridotto notevolmente le loro spedizioni principalmente perché avevano sottovalutato la ripresa dei commerci nel periodo post pandemico. È avvenuto un fenomeno che viene chiamato blank sailing, ovvero la notevole riduzione delle navi e quindi dei container su alcune rotte.
Il risultato è stato un blocco dei porti e un conseguente eccezionale aumento dei costi delle spedizioni marittime: il prezzo per spedire un container è aumentato di oltre sei volte rispetto al 2019 per via della scarsa disponibilità di navi. L’aumento dei costi e la scarsità di beni, a fronte di una domanda molto forte, ha fatto aumentare i prezzi, e la crisi dei commerci mondiali è diventata uno dei fattori principali dell’aumento dell’inflazione nel corso degli ultimi due anni.
In questo contesto così incerto, Msc e Maersk hanno avuto la forza di mantenere le rotte principali: in alcuni periodi chi aveva l’esigenza di spedire container di merci dall’Europa verso gli Stati Uniti o dagli Stati Uniti verso la Cina non ha potuto far altro che rivolgersi all’alleanza 2M, perché le compagnie concorrenti erano quasi del tutto ferme. John McCown, analista del centro di ricerca americano Maritime Strategy, ha calcolato che tra giugno 2021 e giugno 2022 Msc ha ottenuto profitti per quasi 25 miliardi di euro. I suoi bilanci non sono pubblici, ma osservando la notevole crescita dei profitti delle aziende concorrenti, e soprattutto dell’alleata Maersk, diversi analisti hanno ipotizzato che Msc abbia guadagnato almeno il doppio rispetto agli anni precedenti alla pandemia.
Nell’ultimo anno, inoltre, Msc è stata una delle poche aziende a mantenere i collegamenti tra i porti russi e i paesi che non hanno emesso sanzioni nei confronti della Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Secondo i dati della società di consulenza MDS Transmodal, dall’inizio dell’anno Msc ha importato o esportato dalla Russia 103mila TEU, il 55 per cento in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, mentre altre grandi aziende come Evergreen, Hapag-Lloyd, Maersk e ZIM hanno completamente interrotto i commerci con la Russia.
A gennaio Msc e Maersk hanno deciso di non rinnovare la 2M, che negli ultimi anni aveva dominato il mercato, lasciandola naturalmente scadere, come da contratto, nel 2025: secondo diversi operatori del settore, l’alleanza 2M non è stata rinnovata per consentire alle due società di muoversi più liberamente nell’acquisizione di altre aziende della logistica. La conclusione dell’accordo pone diversi interrogativi sul futuro dell’azienda di Aponte e sui notevoli interessi che Msc ha nei porti italiani. Ma le dimensioni raggiunte da Msc hanno stimolato anche riflessioni più generali sul mercato dei commerci mondiali, difficile da decifrare dopo la crisi dovuta alla pandemia.
Per esempio è logico chiedersi cosa succederà quando Gianluigi Aponte lascerà il comando dell’azienda: la gestione familiare, infatti, rende Msc molto appetibile sul mercato. Secondo diversi analisti, è plausibile che un grande gruppo o un’alleanza tra gruppi possa convincere la famiglia Aponte a cedere il controllo parziale o totale di Msc. «Sicuramente dal punto di vista del mercato è uno scenario possibile», spiega Antonella Teodoro, analista di MDS Transmodal. «Bisogna capire se un’acquisizione possa essere possibile da un punto di vista politico». Per l’Italia sarebbe un grosso problema perché Msc controlla i terminal di molti porti, cioè l’ingresso e l’uscita delle merci dal territorio nazionale e quindi una parte importante dell’economia italiana. Msc non ha risposto ai ripetuti tentativi del Post di ottenere commenti in relazione ai contenuti di questo articolo.
Secondo l’economista Fabrizio Vettosi la vendita di Msc è plausibile, ma poco probabile. Le uniche compagnie che potrebbero permettersi un investimento simile sono grandi gruppi cinesi oppure fondi arabi. «È accaduto in Grecia, nel porto del Pireo, anche se lì si è trattato di privatizzazione di beni pubblici, che ha portato all’acquisto di un intero scalo così importante da parte del gruppo cinese Cosco shipping», spiega.
Il governo italiano avrebbe comunque una difesa, cioè la possibilità di imporre il cosiddetto golden power, l’insieme di norme e leggi che consentono di impedire acquisizioni di società di interesse strategico per l’Italia da parte di aziende straniere. «La questione si porrà con la terza generazione, con i nipoti», continua Vettosi. «Tra tutte le ipotesi di acquisizione di Msc, credo che la più probabile sia l’ingresso di un investitore istituzionale, di un fondo. Msc potrebbe vendere una parte dell’attività logistica, come il ramo container o quello delle spedizioni».
C’è poi un’altra questione importante, e cioè quale strategia seguiranno Msc e Maersk ora che non hanno più un accordo commerciale. Le due società hanno scelto due approcci aziendali molto diversi, per certi versi opposti.
Maersk ha privilegiato l’integrazione verticale attraverso l’acquisizione di compagnie aeree e di trasporto su strada, mentre Msc ha scelto di ampliare la flotta e di acquisire parti della catena della logistica soltanto in alcuni paesi, come in Italia. «Non è sicuramente il nostro intento quello di fare la parte mare e la parte terra», disse Aponte nel 2019. «Attiveremo la parte terrestre solo dove riteniamo che sia strategico, necessario ed economico per noi. Ma non si può fare a livello mondiale». Msc ha commissionato la costruzione di 132 nuove navi per una capacità di 1,4 milioni di TEU, che equivale alla capacità totale di Evergreen, la sesta compagnia di navigazione al mondo (quella della portacontainer Ever Given, che si incastrò nel canale di Suez nel 2021). Insomma, Msc è grande e diventerà sempre più grande.
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In questa fase è difficile prevedere chi vincerà la scommessa. «Dipenderà dalle scelte dei loro clienti, cioè delle aziende che devono spostare le merci, e quindi delle esigenze dei consumatori», spiega Teodoro. «La domanda definirà la strategia vincente». In generale, l’integrazione verticale scelta da Maersk funziona bene con i clienti industriali che hanno la necessità di spedire grandi volumi di merci dalla fabbrica direttamente al magazzino. È meno efficace, invece, con i piccoli clienti che si rivolgono prevalentemente agli spedizionieri, cioè gli intermediari che si occupano di gestire il trasporto delle merci tra i diversi vettori come le compagnie di navigazione o di trasporti via treno e tir, perché hanno bisogno di costi più bassi e flessibilità, garantite da Msc.
Le strategie opposte mostrano anche una certa difficoltà nel prevedere l’orientamento dell’economia dopo la crisi dovuta alla pandemia, la successiva forte ripresa, l’invasione russa in Ucraina e l’aumento dei prezzi dell’energia. Sia gli Stati Uniti sia l’Europa, per esempio, stanno cercando di riportare nel proprio territorio industrie fondamentali come quella dei microchip, mentre diverse aziende stanno uscendo dalla Cina per spostarsi in paesi meno rischiosi. La tendenza a spostare la produzione lontano dalla Cina, riportandola nel paese di origine, il cosiddetto reshoring, o in paesi alleati, il friendshoring, influenzerà inevitabilmente anche i flussi commerciali. Il friendshoring è sicuramente strategico da un punto di vista politico, ma rischia di causare un generale aumento dei prezzi.
È però complicato fare previsioni e su questa incertezza si basano le scommesse opposte di Msc e di Maersk: se lo spostamento della produzione sarà conveniente, Maersk sarà pronta a sfruttare il controllo dell’intera catena logistica ottenuto grazie alla notevole verticalizzazione per cui ha investito negli ultimi anni, sacrificando il primato delle spedizioni marittime ora di Msc. In sostanza, potrà dare una risposta ai clienti che avranno bisogno di trasporti più brevi e su diversi mezzi, ma più rapidi e sicuri. Se invece la ristrutturazione del sistema globale della supply chain si rivelerà troppo costoso o complesso, come prevedono diversi economisti, Msc potrà approfittare della sua enorme flotta e del dominio dei trasporti via mare, per crescere ancora.