Il giurì d’onore della Camera ha stabilito che il deputato Giovanni Donzelli non ha leso l’onorabilità di quattro deputati del PD parlando del loro incontro con Alfredo Cospito in carcere
Mercoledì il giurì d’onore della Camera ha stabilito che il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli non ha leso “l’onorabilità” di quattro deputati del Partito Democratico parlando del loro incontro in carcere a Sassari con l’anarchico Alfredo Cospito. Il giurì d’onore è una commissione d’indagine che viene istituita su richiesta di un parlamentare che creda di essere stato leso nella sua onorabilità dalle parole di un collega. In questo caso l’istituzione della commissione era stata richiesta dai deputati del PD Debora Serracchiani, Walter Verini, Silvio Lai e Andrea Orlando, per via di quanto detto da Donzelli in un intervento alla Camera il 31 gennaio.
Nel suo intervento Donzelli aveva rivelato che l’anarchico Alfredo Cospito, sottoposto al 41-bis e da mesi in sciopero della fame contro il suo regime di detenzione, aveva incontrato in carcere alcuni boss mafiosi. Donzelli aveva detto anche che a inizio gennaio i quattro deputati del PD avevano fatto visita in carcere a Cospito, sostenendo che lo avessero “incoraggiato” nella sua “battaglia” contro il 41-bis. Aveva anche chiesto provocatoriamente alla Camera: «Questi parlamentari stanno con lo stato o stanno con i terroristi e la mafia?».
Il giurì d’onore, presieduto da Sergio Costa del Movimento 5 Stelle e di cui facevano parte anche Alessandro Colucci di Noi Moderati, Annarita Patriarca di Forza Italia, Fabrizio Cecchetti della Lega e Roberto Giachetti di Italia Viva, ha deciso che le parole di Donzelli non erano lesive dell’onorabilità dei deputati del PD.
Nello specifico non ha però giudicato la frase «questi parlamentari stanno con lo stato o stanno con i terroristi e la mafia?», perché si trattava di «una domanda retorica di natura prettamente politica», mentre per quanto riguarda il presunto incoraggiamento nei confronti di Cospito ha detto che le parole utilizzate da Donzelli «seppure con toni che appaiono politicamente aspri, intendevano essere testimonianza di una preoccupazione riguardo ad eventuali effetti indiretti su un affievolimento dell’istituto di cui all’articolo 41-bis».
Il giurì ha detto che Donzelli, ascoltato dalla commissione sul caso, ha di fatto ritrattato le accuse mosse ai colleghi il 31 gennaio. «Nel suo intendimento – ha detto il giurì a proposito dell’audizione di Donzelli – andare a trovare una persona in carcere di per sé non può in alcun modo essere considerato un incoraggiamento a una battaglia, ma rappresenta un gesto doveroso se compiuto per verificare le condizioni di salute».