La banca centrale svizzera farà un grosso prestito per salvare Credit Suisse
È un tentativo di evitare che le preoccupazioni per i suoi conti si estendano anche al resto del settore
Credit Suisse ha intenzione di prendere a prestito dalla banca centrale svizzera fino a 54 miliardi di dollari per ristabilire la sua liquidità e cercare di calmare gli investitori che mercoledì avevano venduto massicciamente il titolo, facendone scendere il valore fino al 30 per cento in un solo giorno e trascinando al ribasso tutti i mercati finanziari europei. Giovedì la notizia ha fatto salire nuovamente il valore del titolo di circa il 20 per cento: in finanza questo si chiama “rimbalzo”, ossia una forte crescita dopo un notevole calo.
Credit Suisse aveva chiesto proprio mercoledì alla banca centrale svizzera di darle pubblicamente sostegno per fermare il calo dei suoi titoli. In serata era arrivato un comunicato della banca centrale svizzera e dell’autorità di vigilanza indipendente sul mercato finanziario svizzero (FINMA), in cui si diceva che la banca centrale era pronta, «se necessario», a fornire supporto finanziario, e quindi liquidità, a Credit Suisse. In una nuova dichiarazione, Credit Suisse ha comunicato giovedì la decisione di «rafforzare preventivamente la propria liquidità», facendo capire in questo modo che prenderà in prestito i fondi dalla banca centrale svizzera.
I titoli di Credit Suisse vanno male da giorni, spinti al ribasso da indiscrezioni su eventuali debolezze di bilancio: queste indiscrezioni hanno però trovato conferma nel fatto che mercoledì il presidente della banca saudita Saudi National Bank, prima azionista di Credit Suisse, ha detto che non sarebbe disposto a fornire liquidità alla banca, dopo che già martedì il management di Credit Suisse aveva ammesso che erano state trovate «concrete debolezze» di bilancio. Queste dichiarazioni hanno messo in allarme gli investitori, che quindi hanno iniziato a vendere in massa i titoli legati alla banca.
La banca era comunque da tempo sotto pressione in borsa, dopo aver pubblicato a inizio febbraio i risultati relativi al 2022, che mostravano la perdita finanziaria più grave dal 2008, e in generale dopo anni di crisi e scandali finanziari. A ottobre la banca aveva annunciato un grosso piano di ristrutturazione, che prevedeva consistenti tagli del personale e un cambiamento radicale del proprio business per tornare a essere una banca redditizia.
L’amministratore delegato Ulrich Körner, in carica solo da luglio, ha detto che la decisione di accettare il grosso prestito da parte della banca centrale svizzera dimostra «un’azione decisiva per rafforzare il Credit Suisse mentre proseguiamo la nostra trasformazione strategica». Ha aggiunto: «Io e il mio team siamo determinati a procedere rapidamente per offrire una banca più semplice e specializzata, costruita intorno alle esigenze dei clienti».
La crisi di Credit Suisse non c’entra con la crisi delle banche americane e il fallimento di Silicon Valley Bank e Signature Bank: la banca svizzera è in crisi da mesi e il tracollo di borsa è avvenuto a seguito di eventi specifici che sono successi negli scorsi giorni; tuttavia, l’episodio si inserisce in un contesto di panico generale e di grande incertezza verso la stabilità del sistema finanziario e bancario, motivo per cui tutti i titoli finanziari sono stati colpiti dalla vicenda.
Il timore che una banca vada in crisi influisce a catena su tutte le altre perché il settore è molto interconnesso, anche a livello internazionale, e il panico tra gli investitori può portare a proiettare le debolezze di un solo istituto verso tutto il settore. Per questo, le banche centrali, i governi e le autorità di vigilanza sono talvolta disposti a concedere prestiti di emergenza così grandi a un singolo istituto, proprio per salvaguardare il sistema bancario in generale.