Cosa fa chi per lavoro cerca lavoro agli altri
Un head hunter analizza competenze, bisogni, priorità tanto di un'azienda quanto di un candidato, talvolta cercando figure professionali che non esistono ancora
Quando pensiamo a come un’azienda seleziona il proprio personale la prima situazione che ci viene in mente è quella del colloquio. Cioè il momento in cui un candidato si presenta davanti a un rappresentante dell’azienda che, attraverso una serie di domande, spesso codificate, cerca di capire se si trova di fronte alla persona giusta per la posizione aperta. Questo però non è l’unico modo con in cui le aziende cercano il personale di cui hanno bisogno. Per farlo spesso si affidano a delle specifiche figure professionali: sono chiamati “head hunter” (letteralmente “cacciatore di teste”) e sono dei consulenti aziendali specializzati nell’individuazione delle capacità e delle competenze di cui un’azienda ha bisogno.
Nel mercato del lavoro contemporaneo questa figura è diventata sempre più importante, soprattutto per posizioni manageriali o con specifiche competenze tecniche. Fra chi è specializzato in questo tipo di ricerca c’è Reverse, una società di consulenza italiana fondata nel 2017 da Daniele Bacchi e Alessandro Raguseo che in pochi anni è diventata un’azienda con diverse sedi nel nostro paese e anche in Germania, Francia e Spagna. Per capire cosa fa dal punto di vista pratico un “head hunter”, abbiamo intervistato Silvia Fiori, che lavora nel settore delle risorse umane da vent’anni ed è manager a Reverse Italia.
Fiori ci ha spiegato che al contrario del recruiter, che sceglie fra diverse candidature spontanee di chi sta cercando un nuovo lavoro, l’head hunter va a cercare le figure professionali di cui l’azienda ha bisogno direttamente sul mercato del lavoro. Quasi sempre lo fa quindi fra persone che stanno già lavorando, e che non sono alla ricerca di un nuovo lavoro o una nuova azienda: questi vengono infatti detti “candidati passivi”. L’head hunter si muove su due piani: «bisogna ascoltare le esigenze dell’azienda, ma anche capire quali sono i desideri dei candidati passivi. Siamo una specie di agenzia matrimoniale che cerca di mettere in contatto e far “sposare” chi si piace», spiega Fiori.
Per cercare di realizzare questi “matrimoni” fra le aziende e i candidati passivi, bisogna raccogliere informazioni e dati sulle persone, le loro competenze, le loro retribuzioni ma anche i loro desideri, bisogni, priorità. Non bisogna immaginare però che queste informazioni e questi dati siano immutabili, che vadano cioè a creare una sorta di database sempre uguale a se stesso. Da un lato vengono raccolti anche attraverso strumenti digitali, ma a fare la differenza è il confronto continuo con il mercato del lavoro da parte degli head hunter.
Per offrire maggiore qualità nel servizio Reverse sviluppa internamente dei software che permettono di aiutare sia gli head hunter che aziende sue clienti lungo tutto il percorso di ricerca e selezione. Esistono delle “lavagne virtuali” dove si può visualizzare in maniera semplice il profilo del candidato cercato e dove le aziende possono raccontare i loro progetti all’head hunter, software di raccolta dati organizzati di tutte le informazioni che vengono scambiate durante i colloqui, software per gestire le attività di ricerca e contatto dei candidati passivi, aree riservate ai clienti dove poter osservare tutte le attività svolte dall’head hunter mentre sta facendo il suo lavoro e dove poter visualizzare e confrontare la lista dei profili presentati, e ancora diverse altre funzionalità. L’obiettivo della digitalizzazione a Reverse è quello di risparmiare tempo nelle operazioni più semplici per dedicarsi principalmente al rapporto diretto, umano, con i candidati e con le aziende.
Per quanto riguarda la ricerca e la selezione dei candidati, dal punto di vista pratico, ci ha spiegato ancora Fiori, per prima cosa è necessario capire come raccontare l’azienda e il progetto di lavoro che si presenterà ai candidati e avere la consapevolezza che, in un mercato altamente competitivo, l’head hunter deve riuscire prima di tutto a reclutare i profili migliori. Dopo di che si parte con l’attività definita di “caccia” nella quale si individuano le figure professionali che potrebbero ricoprire il ruolo richiesto dall’azienda attraverso una ricerca di diversi canali, ad esempio i social network dedicati al mondo del lavoro. Successivamente i candidati idonei vengono contattati, e a questo punto un primo dato che si raccoglie è quante persone rispondono all’annuncio e quante si dicono interessate alla posizione. Questi primi due passaggi permettono già di capire il grado di interesse per il ruolo. Il terzo passo è quello di intervistare chi ha risposto: in questa fase l’head hunter deve capire quali sono le condizioni alle quali il lavoratore sarebbe disposto a cambiare. Spesso sono economiche, ma possono anche riguardare le modalità di lavoro, per esempio se è previsto da remoto, un requisito sempre più ricercato dal lavoratore per decidere se cambiare o meno azienda.
Queste interviste servono all’head hunter anche per capire l’idea che hanno gli intervistati dell’azienda che vorrebbe assumerli. «Persino una grande azienda, con un’ottima reputazione fra i consumatori, può essere vista con diffidenza da alcune categorie professionali, come per esempio da chi si occupa di high tech, perché magari di quell’azienda non si conosce il suo comparto tecnologico. Quindi una parte importantissima del nostro lavoro è ascoltare il mercato del lavoro e aiutare le imprese a battere la concorrenza di altre imprese alla ricerca degli stessi profili».
Questa analisi di mercato deve essere fatta costantemente: «le persone che ho contattato nel 2021 magari oggi hanno cambiato priorità, ad esempio vogliono stare di più con la famiglia oppure hanno deciso di trasferirsi». Anche a causa del lavoro svolto da remoto durante la pandemia, molti lavoratori cercano infatti sempre più un nuovo e diverso equilibrio tra il lavoro e la vita privata, riorganizzando il proprio tempo. Spiega Fiori: «sicuramente la pandemia ha accelerato questo processo che era già in corso. Soprattutto per le nuove generazioni, per cui il lavoro è meno totalizzante rispetto al passato».
L’head hunter si deve quindi muovere in un mercato del lavoro in cui le esigenze delle persone cambiano velocemente, e così anche quelle delle aziende. «Qualche volta le aziende cercano una figura professionale che non esiste ancora – ci ha detto Fiori – e allora bisogna andare a cercare chi può possedere tali competenze». Questo è soprattutto vero per le posizioni di cui si occupa Reverse: manager e figure professionali legate all’Information Technology, cioè l’applicazione dell’informatica nel lavoro aziendale. Sono questi oggi i profili più ricercati.
L’esigenza delle aziende di professionalità sempre nuove è il motivo principale per cui Fiori non si sente di consigliare ad esempio un percorso di studi piuttosto che un altro, anche se valuta più spendibili sul mercato del lavoro quelli STEM (science, technology, engineering and mathematics). «Oggi si cerca un tipo di figura, ma fra cinque anni sicuramente sarà diverso, anche se il trend indica al momento una solida richiesta del mercato per figure con un percorso logico-matematico».