Perché sono aumentati gli arrivi di migranti in Italia
Rispetto all'anno scorso gli sbarchi sono quasi triplicati: c'entrano soprattutto il meteo e una situazione poco stabile in Tunisia
Nelle ultime settimane gli arrivi via mare in Italia di migranti e richiedenti asilo sono aumentati in maniera molto significativa rispetto allo stesso periodo degli ultimi anni. Secondo i dati del ministero dell’Interno, aggiornati al 9 marzo, nel 2023 sono arrivate via mare 15.823 persone contro le 5.976 arrivate dall’1 gennaio al 9 marzo 2022 e le 5.995 nello stesso periodo del 2021. Gli arrivi sulle coste italiane, insomma, sono quasi triplicati: giornate come quella di sabato 11 marzo, in cui sono sbarcati più di mille migranti, di solito si osservano nei mesi di picco del flusso di migranti verso l’Italia, cioè tradizionalmente quelli estivi.
Sebbene sia difficile tracciare dei legami certi di causa ed effetto, ci sono alcuni elementi che potrebbero aver condizionato le recenti partenze.
Il primo è il meteo, cioè il fattore che condiziona maggiormente le partenze dalle coste dal Nord Africa, soprattutto dalla Libia e dalla Tunisia. Se il mare è calmo e i venti soffiano senza troppa forza nella giusta direzione, i trafficanti fanno partire le proprie imbarcazioni. In Europa i primi due mesi del 2023 sono stati eccezionalmente caldi, fin dai primi giorni di gennaio: questo ha significato che nel Mediterraneo si creassero le condizioni ideali per le partenze di imbarcazioni di migranti.
All’inizio di febbraio lo aveva notato anche Frontex, l’agenzia di controllo delle frontiere dell’Unione Europea. Commentando un aumento del 49 per cento delle partenze osservato nel gennaio del 2023 rispetto al gennaio del 2022, Frontex aveva scritto che «le condizioni meteo hanno condizionato significativamente gli sbarchi registrati nel Mediterraneo centrale, dato che i trafficanti hanno sfruttato il bel tempo per organizzare le partenze».
A febbraio i numeri sono ulteriormente aumentati. Il ministero dell’Interno italiano ha registrato 9.465 arrivi sulle coste italiane, quasi il quadruplo rispetto ai dati del 2022 (2.439) e più del doppio rispetto ai dati del 2021 (3.994). Osservando i dati meteorologici di Sfax, una delle principali città della Tunisia da cui partono imbarcazioni di migranti verso l’Italia, si può notare che a febbraio non ha piovuto quasi mai, il vento ha spesso soffiato da sud verso nord, e le temperature sono state molto clementi, con picchi superiori ai 20 °C. Condizioni che verosimilmente hanno condizionato le partenze.
Secondo i dati di Frontex fra gennaio e febbraio del 2023 le partenze dal Nord Africa verso l’Italia sono aumentate del 118 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022.
Diversi giornali hanno scritto che le imbarcazioni arrivate nelle ultime settimane sembrano provenire più dalla Tunisia che dalla Libia. Nei giorni scorsi decine di imbarcazioni piccole e grandi sono state soccorse dalle autorità italiane a sud di Lampedusa, che dista meno di 150 chilometri dalle coste tunisine.
– Leggi anche: Al molo di Lampedusa non comanda nessuno
Un altro degli elementi che secondo gli esperti di migrazioni condizionano di più gli arrivi via mare in Italia è l’instabilità politica e sociale dei paesi del Nord Africa da cui partono le imbarcazioni di migranti. E oggi la Tunisia sta vivendo un periodo molto delicato.
A febbraio Kais Saied, il presidente della Tunisia che sta governando in maniera sempre più autoritaria, ha attaccato duramente i molti immigrati subsahariani presenti nel paese, accusandoli di «portare in Tunisia violenza, crimine e altre pratiche inaccettabili». Saied ha inoltre sostenuto che l’immigrazione dai paesi africani faccia parte di un progetto di «sostituzione demografica per rendere la Tunisia un paese unicamente africano, che perda i suoi legami con il mondo arabo e islamico». Saied ha insomma adattato al contesto tunisino la teoria razzista e complottista della “grande sostituzione” assai popolare nell’estrema destra europea e italiana.
Le parole di Saied hanno anche avuto conseguenze concrete: non solo le forze dell’ordine tunisine hanno arrestato diversi migranti senza documenti, ma sono state segnalate varie aggressioni (a Sfax e Tunisi) contro persone originarie dell’Africa subsahariana e molte famiglie si sono ritrovate senza casa, sfrattate dalle abitazioni che avevano in affitto. Nelle ultime settimane le ambasciate a Tunisi di Guinea e Costa d’Avorio hanno ricevuto molte richieste di aiuto ed ospitalità, il che ha portato alla decisione di organizzare voli di rimpatrio.
«Da quando la Tunisia nega ai sub-sahariani la possibilità di affittare una casa o prendere i soldi in banca, loro possono solo lasciare il paese. Alcuni con i cosiddetti “rimpatri volontari”, altri via mare», ha spiegato al Manifesto Britta Rabe, attivista di Alarm Phone, la ong che gestisce un centralino telefonico di assistenza ai migranti nel Mediterraneo.
I dati del ministero dell’Interno sembrano confermare questa ricostruzione: Costa d’Avorio e Guinea sono i due principali paesi di provenienza dei migranti e richiedenti asilo arrivati via mare in Italia nel 2023. Su 15.823 persone arrivate dall’1 gennaio al 9 marzo, 2.383 sono ivoriane, 2.334 guineane. In altre parole: circa una persona su tre fra quelle arrivate via mare in Italia nel 2023 proviene da Costa d’Avorio e Guinea, i due paesi sub-sahariani che negli anni scorsi avevano fornito più lavoratori migranti alla Tunisia.
Sembra assai poco solida, invece, la tesi diffusa domenica in un comunicato stampa dai capigruppo di Fratelli d’Italia alla Camera e al Senato sul recente aumento degli sbarchi. «Da quando il governo ha annunciato pene severissime contro i trafficanti di vite umane i viaggi e gli sbarchi sono triplicati. A nessuno viene in mente che sia un ricatto?», hanno fatto sapere Tommaso Foti e Lucio Malan, entrambi considerati molto vicini alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
È difficile capire cosa intendano Foti e Malan per «ricatto». I tempi della loro ricostruzione, però, non coincidono. Gli sbarchi in Italia erano triplicati almeno un mese prima che Meloni annunciasse pene più severe (ma probabilmente inefficaci per i cosiddetti “scafisti”) in una riunione del governo tenuta il 9 marzo a Cutro, in Calabria, dove dieci giorni prima erano morti almeno 74 migranti in un naufragio di cui si è parlato moltissimo, in Italia e all’estero.
L’aumento degli arrivi degli ultimi due mesi, fra l’altro, dimostra ancora una volta quanto sia fallace la tesi del “pull factor” delle navi delle ong che soccorrono i migranti, secondo cui la loro presenza al largo delle coste libiche aumenterebbe le partenze e quindi i rischi per i migranti. La tesi è stata smontata da anni, e da qualche mese non la sostiene più nemmeno Frontex, che invece aveva contribuito molto alla sua diffusione.
Nei primi due mesi dell’anno sono state attive soltanto due navi delle ong, per di più per periodi molto brevi: la Geo Barents di Medici Senza Frontiere, ad oggi ancora bloccata da un provvedimento di fermo amministrativo emesso dal governo a fine febbraio, e la Life Support di Emergency, che nel corso di tre missioni ha soccorso 405 persone, l’ultima delle quali conclusa il 10 marzo. Cioè circa il 2 per cento delle persone arrivate in Italia via mare nel 2023.