Un altro sabato di enormi proteste in Israele
Centinaia di migliaia di persone hanno manifestato contro il governo, nelle iniziative più partecipate delle ultime settimane
Sabato centinaia di migliaia di persone hanno manifestato in Israele contro il governo di Benjamin Netanyahu e il suo piano di riforma del sistema giudiziario. Le manifestazioni, organizzate in alcune delle principali città del paese, sono state tra le più partecipate degli ultimi mesi, senza precedenti nella storia recente di Israele.
Secondo gli organizzatori, almeno 500mila persone hanno partecipato alle manifestazioni e Haaretz, storico giornale israeliano, le ha definite «le più grandi nella storia del paese». Solo a Tel Aviv i partecipanti sono stati almeno 200mila, molti avevano striscioni e bandiere di Israele. Ad Haifa, nel nord del paese, circa 50mila manifestanti hanno sfilato per le strade della città.
Le proteste organizzate dai partiti di opposizione e da varie associazioni proseguono ormai da dieci settimane, con richieste al governo di rinunciare alla riforma del sistema giudiziario e ad altri provvedimenti che secondo i manifestanti rischiano di indebolire la democrazia israeliana, se non addirittura comprometterla. La protesta è trasversale e comprende molti settori, da quello dell’alta tecnologia in forte sviluppo nel paese a quello sanitario, per esprimere il dissenso nei confronti del governo formato negli ultimi giorni del 2022 con la coalizione più di destra della storia di Israele.
La legge più contestata riguarda la Corte Suprema, che ha un ruolo eccezionalmente importante nella vita politica del paese. La riforma, promossa dal governo Netanyahu pochi giorni dopo essere entrato in carica, prevede che il parlamento con un voto a maggioranza semplice possa annullare le sentenze della Corte Suprema su eventuali provvedimenti amministrativi ritenuti irragionevoli, spostando il controllo finale proprio alle forze politiche di governo. La nuova legge prevede inoltre una modifica del metodo di nomina della Corte, affidandola di fatto al potere politico. Il governo giustifica la riforma con la volontà di ridurre il potere eccessivo di giudici non eletti, ma secondo i molti critici il nuovo assetto lascerebbe poteri quasi assoluti alla coalizione di governo e al suo primo ministro, tanto da mettere in discussione la stessa definizione di Israele come una democrazia compiuta.
L’ex primo ministro Yair Lapid, del principale partito di opposizione Yesh Atid, ha tenuto un discorso a Be’er Sheva, nel sud del paese, dicendo che Israele sta affrontando una crisi senza precedenti: «Un’ondata di terrorismo ci sta colpendo, la nostra economia è in rovina, i soldi escono dal paese. L’Iran ha appena trovato un nuovo accordo con l’Arabia Saudita. Ma l’unica cosa che interessa a questo governo è distruggere la democrazia israeliana».
Netanyahu sostiene da settimane che la riforma che riguarda la Corte Suprema sia necessaria per rendere più equilibrati i rapporti di potere tra le istituzioni dello stato, respingendo le accuse delle manifestazioni. Il governo ha finora mantenuto la propria linea di fermezza, nonostante i numerosi appelli di esperti e analisti per rivedere la riforma. Non è ancora chiaro quando saranno discusse e votate in aula le riforme contestate, ma i tempi potrebbero essere brevi: se non interverranno ripensamenti o compromessi, potrebbero passare entro i prossimi dieci-quindici giorni.