Le famiglie dei migranti morti a Cutro hanno protestato per la gestione delle salme
Non vogliono che vengano trasferite dalla Calabria senza il loro consenso, il ministero dell'Interno ha detto che non succederà
I familiari delle persone migranti morte nel naufragio a Steccato di Cutro, in Calabria, hanno protestato per la gestione dei resti dei loro familiari, che attualmente si trovano a Crotone. Le bare delle 72 persone morte sono ospitate in un palazzetto dello sport della città, il PalaMilone, ma mercoledì era arrivata la comunicazione che sarebbero state trasferite al cimitero islamico di Bologna. La notizia aveva colto di sorpresa le famiglie, per lo più afghane, che in qualche caso stavano già organizzando il rimpatrio delle salme verso le città di origine.
I familiari erano arrivati a Crotone in questi giorni da varie città europee, e nella mattinata di mercoledì hanno protestato a lungo di fronte al palazzetto dello sport, con cartelli improvvisati e bloccando la via adiacente. La scelta del governo di portare le bare a Bologna è stata percepita come un tradimento rispetto alle promesse fatte da varie autorità, compreso il presidente della Repubblica. Le famiglie pensavano che sarebbero state aiutate a rimpatriare le salme direttamente dalla Calabria, e temevano quindi che il trasferimento nel cimitero islamico di Bologna cancellasse questa possibilità.
Nel corso della giornata è stato necessario un intervento del ministero dell’Interno che ha fatto sapere che il trasferimento era da intendersi come provvisorio, in vista di tempi per il rimpatrio che potrebbero essere lunghi, e che comunque sarebbe stata rispettata la volontà delle famiglie: «Si procederà sulla base delle richieste di ogni nucleo familiare. Qualora sia richiesto il rimpatrio della salma, lo Stato italiano si farà carico di tutti gli oneri». Anche il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, che aveva dato la disponibilità della città a ospitare le salme, ha ribadito che ciò avverrà solo con il consenso delle famiglie.
Da martedì invece è stata infine trovata una sistemazione ai 74 superstiti del naufragio, che per nove giorni erano stati ospitati in due padiglioni vicino al CARA (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Crotone. Repubblica aveva descritto la situazione in cui si trovavano 66 persone (8 sono ricoverate in ospedale), dentro a strutture sprovviste di posti letto per tutti, senza alcun tipo di privacy, con un solo bagno e una sola doccia, senza sedie, lenzuola e su materassi di gommapiuma. Dopo la denuncia del deputato di Sinistra Italiana Franco Mari, che aveva visitato gli alloggi di emergenza, 54 persone sono state portate in albergo a Crotone, potendo in alcuni casi ricongiungersi con i familiari che erano già ospitati nelle strutture, mentre le restanti 12 persone saranno ospitate in un altro alloggio.
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