Chi ha sabotato i gasdotti Nord Stream?
Secondo fonti dell'intelligence americana e degli investigatori tedeschi ci sarebbe stato un coinvolgimento di persone ucraine
Nelle ultime ore sono emerse diverse novità su cosa potrebbe aver causato le grosse perdite di gas che c’erano state a fine settembre dai gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2, costruiti per portare il gas russo in Europa e che passano per il mar Baltico per arrivare in Germania: per mesi si era ipotizzato che le perdite fossero state causate da un sabotaggio compiuto dalla Russia (non c’erano comunque prove), ma le ultime rivelazioni sembrano suggerire una cosa diversa. Da subito si era ipotizzato che le perdite fossero state causate da due grosse esplosioni sottomarine: al momento delle esplosioni i due gasdotti erano entrambi chiusi per via delle sanzioni occidentali alla Russia (il Nord Stream 2 non era stato nemmeno inaugurato), e i danni causati dal sabotaggio li avevano resi inutilizzabili.
Secondo un articolo pubblicato martedì dal New York Times, basato sulle dichiarazioni di alcune fonti anonime dell’intelligence degli Stati Uniti, a compiere il sabotaggio dei gasdotti sarebbe stato un gruppo favorevole all’Ucraina composto da cittadini ucraini e forse russi, che avrebbe piazzato cariche esplosive sui gasdotti. Al momento l’intelligence americana esclude che il governo ucraino o i comandi dell’esercito abbiano avuto un ruolo nel sabotaggio o che ne fossero a conoscenza.
Secondo quanto detto al New York Times dalle fonti dell’intelligence, a piazzare le cariche il 26 settembre sarebbe stato un gruppo di esperti sommozzatori, che però non sarebbero affiliati ad alcun esercito o agenzia governativa, anche se non è da escludere che abbiano avuto in passato un addestramento militare.
Queste informazioni sono frutto di un’indagine preliminare e quindi vanno prese con una certa cautela, ma sempre martedì è stato pubblicato un articolo del giornale tedesco Zeit, in collaborazione con le tv pubbliche ARD e SWR, che sembrerebbe avvalorare questa tesi. L’articolo cita alcune prove raccolte dagli investigatori che in Germania stanno indagando sulla vicenda, secondo cui il sabotaggio sarebbe stato effettuato da una squadra di sei persone (cinque uomini e una donna, di cui non si conosce la nazionalità) arrivate nei pressi dei gasdotti nella notte tra il 26 e il 27 settembre a bordo di uno yacht noleggiato da una società con sede in Polonia, di proprietà di due cittadini ucraini.
A bordo dello yacht ci sarebbero stati un capitano, due sommozzatori, due assistenti e una medica. Secondo gli investigatori tedeschi, lo yacht sarebbe salpato il 6 settembre da Rostock, porto tedesco sul Mar Baltico, e il materiale esplosivo sarebbe stato fatto arrivare nei giorni precedenti con un camion. Gli investigatori dicono di aver individuato lo yacht nei giorni successivi prima a Wieck auf dem Darß, città portuale tedesca a circa 50 chilometri da Rostock, e poi sull’isola danese di Christiansø. Dopo il 26 settembre lo yacht sarebbe stato riconsegnato al noleggiatore, e secondo quanto scritto nell’articolo gli investigatori avrebbero trovato a bordo tracce di esplosivo.
L’articolo sottolinea però un’altra cosa: nonostante gli investigatori sospettino un coinvolgimento ucraino nel sabotaggio, non si può escludere che si sia trattato di un’operazione false flag, cioè un’operazione organizzata da russi “sotto falsa bandiera” per far ricadere la colpa sull’Ucraina. Nel frattempo il governo ucraino ha smentito ogni suo coinvolgimento tramite Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, che martedì sera ha detto di non avere nessun informazione al riguardo.
Al momento ci sono tre indagini in corso sulla vicenda, condotte da Germania, Danimarca e Svezia. Nei mesi scorsi erano circolate varie teorie sulla causa delle perdite, e oltre alla Russia del sabotaggio erano stati accusati anche il governo ucraino, quello americano e quello britannico, senza prove. Nell’ultimo mese era circolata molto una teoria sostenuta dal noto giornalista investigativo statunitense Seymour Hersh, premio Pulitzer nel 1970 ma negli ultimi anni assai criticato per avere esposto spesso teorie complottiste, contraddittorie e basate su informazioni non abbastanza solide, che nella sua newsletter aveva sostenuto che il sabotaggio sarebbe stato organizzato in collaborazione da Stati Uniti e Norvegia: la sua tesi è stata ampiamente criticata e giudicata da molti infondata, anche perché basata su una sola fonte anonima.
– Leggi anche: La storia del video che sta diventando un simbolo della resistenza ucraina