Si discute di come cambierà il reddito di cittadinanza
Sta circolando un testo provvisorio con misure che sono state molto commentate, e che non piacciono ai sindacati
Lunedì il Corriere della Sera ha pubblicato alcune anticipazioni su come potrebbe cambiare il reddito di cittadinanza, tratte da quella che viene descritta come una “bozza” di un provvedimento di legge che servirà a riformare la misura: il governo lo aveva più volte annunciato negli scorsi mesi e sembra che ora il ministero del Lavoro abbia preparato un testo provvisorio che avrebbe consegnato per le valutazioni economiche a quello del Tesoro. Il testo diffuso dai giornali, composto da 12 articoli, potrà quindi subire ancora diverse modifiche prima di essere presentato in Consiglio dei ministri, ma intanto sindacati, politici e importanti dirigenti pubblici hanno già commentato, e in alcuni casi contestato, le misure contenute in quel testo.
Dal governo sono arrivate alcune smentite e qualche conferma: per esempio lunedì mattina il sottosegretario all’Economia Federico Freni è intervenuto al programma di Rai 3 Agorà, e riferendosi al reddito di cittadinanza riformato lo ha chiamato con il nome che è circolato in queste ore, cioè “Mia”: un acronimo che starebbe per “Misura di inclusione attiva”. Lunedì pomeriggio il ministero del Lavoro ha invece ribadito in una nota che si tratta solo di una bozza e che sarà necessario ancora «un approfondito confronto tecnico».
Una delle principali novità è che le modifiche di cui si parla dovrebbero entrare in vigore già quest’anno, a partire da settembre, e non dall’inizio del 2024 come ipotizzato nei mesi scorsi. L’altra è il valore ISEE necessario per accedere al sussidio: attualmente possono richiederlo i nuclei familiari con ISEE fino a 9.360 euro, con la Mia la soglia dovrebbe abbassarsi a 7.200.
Come il governo aveva già anticipato nella stesura della legge di bilancio alla fine del 2022, le persone che potranno ricevere il sussidio saranno divise in due categorie: da una parte quelle che vivono in famiglie composte da persone di età compresa tra i 18 e i 60 anni che possono oggettivamente lavorare, dall’altra quelle con almeno una persona definita “non occupabile”, ossia una che abbia meno di 18 anni, più di 60 anni o che abbia disabilità.
Le persone che possono lavorare dovrebbero ricevere un sussidio base molto inferiore rispetto a ora, di 375 euro al mese, mentre le persone “non occupabili” di 500 euro. Nel caso in cui il nucleo familiare debba pagare un affitto il sussidio sarebbe più alto, ma non è chiaro di quanto: attualmente il reddito di cittadinanza attuale garantisce ulteriori 280 euro. Per gli “occupabili” il sussidio dovrebbe durare 12 mesi, con la possibilità di chiedere una proroga di altri 6. Alla fine di questo anno e mezzo non si potrà più chiedere il sussidio per almeno un altro anno e mezzo. La durata base per i “non occupabili” invece sarà di 18 mesi, al termine dei quali si dovrà attendere almeno un mese per fare una nuova domanda. Attualmente tutti i percettori del reddito di cittadinanza quando smettono di riceverlo devono aspettare un mese per poterlo chiedere di nuovo.
Dovrebbe essere invece ridotto il periodo di residenza in Italia necessario a chiedere il sussidio, per andare incontro agli standard richiesti dall’Unione Europea. Attualmente può chiederlo chi è residente da almeno 10 anni: dovrebbero essere portati a 5, di cui gli ultimi 2 in modo continuativo.
La bozza circolata in queste ore prevede anche alcuni incentivi per i datori di lavoro che assumono percettori del sussidio. Nel caso di contratti a tempo indeterminato i datori di lavoro potranno essere esonerati dal pagare i contributi previdenziali al massimo per 24 mesi e fino a un massimo di 8mila euro all’anno. Se però il datore di lavoro dovesse licenziare la persona assunta entro 36 mesi dall’inizio del contratto, allora dovrà restituire i soldi ottenuti dagli incentivi. Nel caso di contratti a termine o stagionali invece l’esonero dei contributi previdenziali è parziale (massimo al 50 per cento) e non può ammontare a più di 4mila euro all’anno.
Le modifiche previste da questo testo provvisorio hanno già ricevuto molte critiche, soprattutto dalle organizzazioni sindacali. La segretaria confederale della CGIL, Daniela Barbaresi, l’ha giudicato insufficiente dal punto di vista dei contenuti, e ha detto di non condividerne «il metodo» per il fatto che i sindacati non sarebbero stati coinvolti prima della stesura di questo testo, pur provvisorio. La CISL ha detto che la proposta «non sembra rispettare l’esigenza di contrasto alla povertà», ribadendo la necessità di togliere vincoli per l’accesso al sussidio, piuttosto che aggiungerne.
Diverse critiche sono arrivate anche da membri dell’opposizione, e in particolare del Movimento 5 Stelle, che fece una lunga battaglia politica per l’introduzione del reddito di cittadinanza. L’ex presidente della Camera Roberto Fico ha detto al Corriere della Sera che «abolire il reddito di cittadinanza è stata una scelta ideologica che ci riporta al passato e ci allontana dagli altri Paesi europei». Il senatore del Partito Democratico Antonio Misiani ha scritto: «L’unico dato certo è che il governo Meloni ha tagliato del 20 per cento i fondi contro la povertà dal 2024», in riferimento al restringimento del numero di persone che potranno ricevere il sussidio.
Il presidente dell’INPS Pasquale Tridico si è invece detto soddisfatto dal punto di vista delle cosiddette “politiche attive” per favorire l’occupazione dei percettori del sussidio, ma ha espresso perplessità sul fatto che chi non trova lavoro possa perdere il reddito, pur trovandosi in condizioni di difficoltà economica: «Il reddito minimo è una misura prevista dall’Unione Europea, tutti coloro che stanno al di sotto di una certa soglia devono avere un reddito», ha detto a Radio24.