Come sta andando Gualtieri a Roma
La percezione generale è tendenzialmente negativa, lui nel frattempo si fa vedere poco e cerca di infondere ottimismo per il futuro
di Mario Macchioni
Dall’elezione di Roberto Gualtieri a sindaco di Roma sono passati sedici mesi, un tempo forse non sufficiente per individuare cambiamenti di lungo periodo ma che consente comunque un bilancio parziale delle cose fatte fin qui. I problemi di Roma sono noti, così com’è nota l’enorme difficoltà che hanno avuto sindaci e sindache precedenti tentando di risolverli. Anche per questo, nessuno si aspettava che Gualtieri nel giro di un anno cambiasse faccia alla città: ma i risultati dell’amministrazione non hanno generato grandi consensi e anzi hanno suscitato estese delusioni, specie su questioni puntuali come la gestione dei rifiuti. Su altre, come il trasporto pubblico, ci sono stati lunghi disservizi causati dalle esigenze di manutenzione, che hanno contribuito ancora di più a una generale percezione negativa di questa prima parte di consiliatura.
I problemi per Gualtieri, che è del Partito Democratico, erano cominciati già poco tempo dopo il ballottaggio in cui vinse contro il candidato della destra, Enrico Michetti, a ottobre del 2021. Durante la campagna elettorale Gualtieri aveva detto che avrebbe pulito Roma entro Natale, eppure alla fine dell’anno dovette ammettere che Roma, per quanto più pulita di prima, non era «ancora pulita come merita».
La situazione era ulteriormente peggiorata sei mesi dopo, lo scorso giugno, quando due impianti di trattamento dei rifiuti a Malagrotta erano andati a fuoco. Erano due impianti piuttosto importanti per il ciclo dei rifiuti, i cosiddetti impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) essenziali per separare e trattare i rifiuti indifferenziati, che a Roma costituiscono ancora una buona parte del totale. Gli incendi avevano danneggiato soprattutto uno dei due impianti, ancora fuori uso, mentre l’altro aveva riaperto dopo poco.
In pratica Roma si è trovata con un TMB in meno quando ne aveva già pochi, soltanto tre, un numero insufficiente a trattare tutti i rifiuti della città. Tutto ciò ha rallentato ulteriormente il ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti, riempiendo di nuovo la città di cumuli di immondizia sui marciapiedi di molti quartieri e costringendo l’amministrazione a ricorrere a impianti fuori città, o addirittura fuori regione.
L’ennesima emergenza rifiuti ha in parte oscurato l’annuncio che Gualtieri aveva fatto ad aprile del 2022, in cui aveva promesso di costruire un nuovo termovalorizzatore per risolvere una volta per tutte la questione. La scelta era stata contestata a lungo, specialmente dal Movimento 5 Stelle e da alcune associazioni ambientaliste, secondo cui la cosa da fare non sarebbe trovare un nuovo modo di smaltire i rifiuti indifferenziati bensì ridurli il più possibile, e aumentare la quota di differenziata. L’altra tesi, quella tra gli altri dell’amministrazione, è invece che la situazione dei rifiuti a Roma sia così drammatica che costruire un termovalorizzatore per la città sia l’unica soluzione possibile.
Anche sulle altre grosse questioni da risolvere, come il trasporto pubblico, si parla di progetti da realizzare in futuro, e per questo i cittadini e le cittadine non percepiscono le soluzioni come vicine. A dicembre l’assessore alla Mobilità, Eugenio Patanè, ha annunciato il prolungamento delle tre linee metropolitane e la revisione di un vecchio progetto mai concretizzato, quello di una quarta linea, la D. Nel frattempo per la terza linea, la C, in costruzione dal 2007, l’amministrazione è riuscita a ottenere dal governo il finanziamento per completare la tratta mancante, quella dal centro verso la periferia nordovest.
Nell’ultima legge di bilancio sono stati inseriti 9,9 miliardi distribuiti su nove anni per finire i lavori, che dovrebbero concludersi nel 2033. Attualmente la rete del trasporto pubblico rimane scarsa e il servizio carente, ma uno dei meriti di Gualtieri è stato collaborare con il governo, che è di orientamento politico opposto al suo. Sia a dicembre che a inizio febbraio il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, ha fatto visita al cantiere della metro C accompagnato proprio da Gualtieri, con tanto di foto di rito e passeggiata con il caschetto. Peraltro Gualtieri dovrà riuscire a trovare la stesso spirito collaborativo anche con il neoeletto presidente della Regione, Francesco Rocca, sostenuto dalla destra.
Gualtieri in questi mesi è stato attento a esporsi molto raramente in pubblico, mantenendo un profilo basso al punto che alcuni commentatori hanno preso a commentare ironicamente questa sua “assenza”. Nelle rare occasioni in cui presenzia eventi pubblici, comunque, ha tentato di dare una narrazione ottimistica di questi mesi di governo della città, mettendo l’accento sui tanti progetti futuri per ridimensionare almeno in parte i problemi ancora irrisolti.
Nonostante questo tentativo, quando lo scorso ottobre c’è stato il primo anniversario dall’elezione di Gualtieri la gran parte delle analisi e dei bilanci usciti sui giornali è stata tendenzialmente negativa, proprio per le questioni elencate fin qui: Gualtieri veniva criticato per il suo essere impalpabile, e molti lamentavano il fatto che Roma, dopo un anno con un nuovo sindaco, era ancora la stessa, sempre sporca e sempre caotica.
Tra i pochi giudizi positivi c’è stato un editoriale non firmato del Foglio, che in altre occasioni non aveva risparmiato critiche anche molto dure a Gualtieri. L’articolo, uscito in realtà due mesi dopo l’anniversario dell’elezione, ha rimarcato una notizia riguardante la municipalizzata che gestisce i trasporti di Roma: «Il sindaco lo si può criticare per molte cose, come per esempio la gestione ordinaria dei rifiuti […]. Ma su alcuni fronti merita un incoraggiamento. Ieri, per esempio, è arrivato un risultato interessante, con l’uscita dell’azienda dei trasporti, l’Atac, dal regime di concordato preventivo».
La procedura di concordato preventivo si attiva quando una società è fortemente indebitata e rischia di fallire: in pratica si concorda con il tribunale un piano di rientro dei debiti e per un determinato periodo di tempo i creditori non possono presentare ingiunzioni di pagamento o chiedere che la società fallisca. Il concordato preventivo iniziò nel 2017 e in questi anni aveva di fatto impedito al comune di investire come avrebbe voluto, per evitare di fare nuovo debito e allarmare i creditori. Cinque anni fa Atac aveva 1,3 miliardi di euro di debito, quando Gualtieri si è insediato erano rimasti 180 milioni, che è riuscito a ripagare in poco più di un anno.
È senza dubbio una buona notizia per la cittadinanza, che però concretamente non ha avuto nessuna esperienza di miglioramenti, anzi. A causa di lunghi ed estesi lavori strutturali di rinnovamento, le due principali linee della metro, la A e la B, hanno passato diversi mesi chiudendo alle 21: la B da aprile a giugno del 2022, la A invece fino alla fine del 2023. In un contesto come quello romano, dove le linee sono già poche e il servizio dei trasporti di superficie non è in grado di compensare, la chiusura anticipata ha provocato molti malumori. È anche vero che questi lavori di ammodernamento erano attesi da anni, almeno dal 2016, e non erano più rimandabili se non rischiando la chiusura totale delle linee.
Le difficoltà oggettive e alcuni imprevisti hanno contribuito a mantenere basso il gradimento per Gualtieri, anche se in leggero miglioramento rispetto agli anni dell’ex sindaca Virginia Raggi. È ancora presto per fare un bilancio definitivo, anche perché Gualtieri ha un vantaggio che potrebbe aiutarlo in futuro: il fatto che nei prossimi mesi e anni arriveranno sia i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che quelli per il Giubileo, che si terrà nel 2025. Il problema quindi non sarà tanto la mancanza di fondi, quanto la capacità di spenderli.
Roma infatti dispone di una burocrazia, intesa come “macchina” amministrativa, disfunzionale e poco organica. Nel suo libro Roma come se, l’ex vicesindaco della città Walter Tocci definisce il governo cittadino «al collasso», come mai lo era stato in passato. È un problema che ha varie cause, tra cui la qualità e la quantità dei dipendenti pubblici, e ha come conseguenza i servizi scadenti per cui Roma è nota, oltre a una cronica incapacità di spendere adeguatamente i soldi a bilancio.
Questa incapacità, connessa alla scarsità di investimenti, porta a un sostanziale immobilismo. Per fare un esempio, Tocci scrive che dal bilancio consuntivo (cioè il rendiconto che si fa dopo la fine dell’anno) del 2018 risultava «un dato clamoroso: nella spesa corrente non sono stati utilizzati ben 545 milioni di euro, circa l’11% delle entrate. Tale somma, pienamente disponibile nella previsione di bilancio, avrebbe consentito di potenziare e migliorare i servizi della città». Eppure la giunta di allora, governata da Virginia Raggi, non lo fece: probabilmente non perché mancasse la volontà politica, bensì la capacità amministrativa. Detta in altre parole, molti uffici non fanno il loro lavoro, o lo fanno male, o lo fanno lentamente.
È una crisi che va avanti da più di un decennio, e che probabilmente si può risolvere soltanto rendendo più efficienti e riformando le due municipalizzate più grosse e importanti, dove il «collasso» amministrativo è più eclatante: Atac e Ama, l’azienda che gestisce i rifiuti. Se Gualtieri dovesse riuscire a far funzionare meglio la macchina amministrativa, e a spendere in maniera sensata i finanziamenti che arriveranno o che già sono stati stanziati, potrebbe avere qualche speranza di ridurre l’annoso malcontento dei romani riguardo all’amministrazione comunale.