Quanto è pericoloso TikTok?
L'app è stata vietata sui telefoni di lavoro dei dipendenti pubblici di Stati Uniti, Canada e delle istituzioni europee, sulla base di rischi che per ora sono più politici che tecnologici
Nell’ultima settimana Canada, Stati Uniti e alcune istituzioni europee tra cui la Commissione hanno annunciato, con alcune differenze, che i dipendenti pubblici dovranno rimuovere il social network cinese TikTok installato nei propri smartphone di lavoro. Queste decisioni hanno rinnovato un dibattito presente da alcuni anni sulla diffusione di alcune app di aziende cinesi in Occidente: alcuni governi temono che, data la natura autoritaria del governo cinese, queste app possano essere usate per commettere abusi e atti di spionaggio, anche se per ora questi rischi sono soprattutto ipotetici.
Le motivazioni degli ultimi divieti sono simili tra loro: la Commissione europea ha ordinato al proprio personale di cancellare l’app da tutti i dispositivi usati per lavoro dai dipendenti per «proteggere i dati della Commissione e aumentarne la sicurezza informatica»; il governo americano ha richiesto a tutti i dipendenti delle agenzie federali statunitensi di cancellarla dai propri telefoni di lavoro entro 30 giorni, definendolo «un passo fondamentale per la gestione del rischio che l’app rappresenta per i dati sensibili del governo»; il Canada ha deciso di far rimuovere l’app da tutti i dispositivi forniti dal governo e usati per lavoro perché TikTok presenterebbe «un livello di rischio inaccettabile per la privacy e la sicurezza». In tutti i casi TikTok – di proprietà dell’azienda cinese ByteDance – ha detto di non essere minimamente stata avvertita né consultata prima di queste decisioni.
Commentando la misura, il primo ministro canadese Justin Trudeau ha detto che «spera che il fatto che il governo abbia compiuto il passo significativo di dire a tutti i dipendenti federali di non usare più TikTok sui loro telefoni di lavoro porti molti canadesi, che si tratti di aziende o di privati, a riflettere sulla sicurezza dei propri dati e a fare le proprie scelte». In India TikTok è vietato dal 2020, perché l’app è ritenuta come altre decine di altre app cinesi «elemento ostile alla sicurezza nazionale e alla difesa dell’India». Altri paesi, come l’Australia e il Regno Unito, hanno deciso invece di non adottare alcuna misura per limitare TikTok sui dispositivi governativi perché i loro esperti di cybersecurity non lo ritengono necessario.
TikTok è da tre anni uno dei social network più scaricati e popolari al mondo: la piattaforma conta un miliardo di utenti attivi a livello globale, di cui moltissimi vivono in Europa e negli Stati Uniti. L’azienda adotta il modello di business predominante nel suo settore: offre gratuitamente ai propri utenti la possibilità di intrattenersi guardando e interagendo con contenuti (nel caso di TikTok, brevi video) creati da altri utenti, raccogliendo in cambio enormi quantitativi di dati personali molto precisi, che permettono di mostrare loro pubblicità mirate.
– Ascolta anche: Dovremmo chiudere TikTok? con Rebecca Arcesati
Nonostante questo, negli ultimi anni i governi hanno dimostrato particolare preoccupazione nei confronti delle pratiche di raccolta dei dati e di protezione della privacy degli utenti di TikTok. Il motivo principale è che TikTok è l’unica piattaforma davvero diffusa in Occidente che appartiene a un’azienda cinese. Dato che la Cina è vista dagli Stati Uniti (e in misura minore dall’Unione europea) come un paese ostile, autoritario e poco affidabile, c’è chi teme che TikTok possa essere utilizzata dal governo cinese per spiare gli utenti, promuovere i propri interessi politici e intromettersi negli affari interni di altri paesi.
Per questo, sostengono molti analisti, i sospetti dei governi occidentali nei confronti di TikTok sono più di natura politica che tecnologica. A preoccupare i paesi occidentali è soprattutto il fatto che, benché TikTok sia un’azienda privata, il governo cinese ha numerosi precedenti di interferenze anche molto pesanti nelle attività delle società che reputa importanti e strategiche.
In un articolo recente, il giornalista della BBC Joe Tidy ha analizzato le principali preoccupazioni, giungendo alla conclusione che al momento si tratta soltanto di rischi ipotetici che non si sono concretizzati. In primo luogo, l’articolo si domanda se TikTok raccolga un quantitativo «eccessivo» di dati. La risposta varia in base alla definizione di «eccessivo»: dei ricercatori australiani che lo scorso luglio ne hanno analizzato il codice hanno detto che raccoglie dettagli come la posizione, il dispositivo su cui viene utilizzato e quali altre app sono presenti sul dispositivo. Ma sia i ricercatori del gruppo canadese Citizen Lab che quelli del Georgia Institute of Technology, che hanno avuto accesso agli stessi dati, hanno concluso che TikTok si comporta esattamente come gran parte dei suoi rivali nel settore dei social network.
La BBC si è poi domandata se TikTok possa essere usato per spiare i propri utenti, come ipotizzato fin dal 2020 da Donald Trump, secondo cui l’app poteva aiutare il governo cinese a «rintracciare le posizioni di dipendenti e appaltatori federali americani, costruire dossier di informazioni personali per il ricatto e condurre spionaggio aziendale». TikTok ha sostenuto più volte di essere totalmente indipendente dal governo cinese, e l’amministratore delegato Zi Chew ha detto al Washington Post che il governo cinese non ha mai chiesto i dati degli utenti statunitensi ma che, «anche se lo facessero, riteniamo che non dovremmo darglieli perché se l’utente è statunitense i dati sono soggetti alla legge degli Stati Uniti».
Inoltre, TikTok ha lavorato per mesi insieme al Comitato sugli investimenti esteri degli Stati Uniti a un piano da 1,5 miliardi di dollari, noto come Project Texas, per mettere a punto alcuni sistemi di salvaguardia della privacy e rassicurare il governo statunitense della propria indipendenza dalla Cina. Il Project Texas era stato avviato dopo che l’amministrazione dell’ex presidente Donald Trump aveva provato a vietare TikTok nel 2020, senza particolare successo. Il piano è stato recentemente messo in pausa perché l’amministrazione Biden ha smesso di partecipare alle trattative.
I sospetti nei confronti di TikTok si inseriscono all’interno di una più ampia preoccupazione nei confronti di tutte le aziende, tecnologiche e non, che hanno base in Cina. «Le preoccupazioni, soprattutto negli Stati Uniti e ora in Europa, ruotano attorno al tema della legislazione cinese, la quale sottopone le aziende a determinati vincoli in termini di cooperazione con l’intelligence e protezione della sicurezza del partito-stato, e obbliga aziende e cittadini privati a condividere i dati raccolti qualora venisse chiesto loro di farlo. Si tratta di obblighi di natura sia politica che regolamentare che tutte le aziende cinesi devono rispettare, benché tale vulnerabilità all’ingerenza di Pechino ovviamente danneggi la loro reputazione a livello internazionale», dice Rebecca Arcesati, ricercatrice che si occupa delle politiche tecnologiche e digitali della Cina e il loro impatto sull’Europa per il think tank MERICS.
«Questo crea delle frizioni non da poco tra i vincoli legislativi e politici di queste aziende in Cina e i requisiti che devono rispettare quando operano in altri mercati: non è solo il caso di TikTok, vale per tutte le aziende coinvolte nella raccolta e gestione di dati tramite la fornitura di tecnologie e servizi digitali», aggiunge Arcesati. «A questo si aggiunge il fatto che il Partito Comunista Cinese sta cercando di avere un maggiore controllo dei giganti tecnologici cinesi: per esempio nel 2019 una quota di ByteDance, circa l’1 per cento, è andata ad un’azienda di stato cinese: una quota molto piccola, ma che dà comunque accesso a un seggio nel consiglio di amministrazione dell’azienda e potere di veto su alcune decisioni».
Secondo la BBC, per ora la possibilità che la Cina usi TikTok a fini di spionaggio resta «un rischio solo teorico».
C’è poi una terza preoccupazione citata dalla BBC: quella che il governo cinese possa manipolare l’algoritmo di TikTok per mostrare agli utenti occidentali specifici contenuti a fini di propaganda, facendo loro «il lavaggio del cervello». «All’inizio dell’ascesa di TikTok, ci sono stati casi di censura di alto profilo sull’app: a un utente negli Stati Uniti è stato sospeso l’account per aver discusso del trattamento riservato dal regime cinese ai musulmani nello Xinjiang; dopo una grossa reazione pubblica, TikTok si è scusato e ha ripristinato l’account», scrive il giornalista. «Da allora ci sono stati pochi casi di censura, se si escludono le controverse decisioni di moderazione che tutte le piattaforme devono affrontare».
Anche i ricercatori del Citizen Lab dell’Università di Toronto e del Georgia Institute of Technology sono giunti alla conclusione che TikTok «non impone un’evidente censura dei post».
Un portavoce di TikTok ha detto al giornalista Casey Newton che «è deludente vedere che enti e istituzioni governative stanno vietando TikTok sui dispositivi dei dipendenti senza discussioni né prove». Il portavoce del governo cinese negli Stati Uniti Mao Ning ha invece accusato il governo americano di «aver allargato esageratamente il concetto di sicurezza nazionale e abusato del potere statale per reprimere aziende straniere». «Quanto insicuri possono essere gli Stati Uniti, massima superpotenza mondiale, per temere a tal punto l’app preferita dai giovani?», ha chiesto poi il portavoce. La Cina non permette però l’utilizzo a tutta la popolazione di praticamente tutte le piattaforme statunitensi, tra cui Facebook, Instagram, Whatsapp, Twitter, YouTube, Tumblr e Tinder, soprattutto per ragioni di censura e controllo dell’informazione.
Queste misure si inseriscono in uno scontro di scala molto più ampia tra Stati Uniti e Cina, che si manifesta su vari fronti, dai dazi doganali alle recenti accuse di spionaggio dopo che gli Stati Uniti hanno abbattuto un pallone aerostatico cinese sopra i propri cieli.
«Per ragioni legate alla sicurezza dei dati e alla moderazione dei contenuti, TikTok è diventata una vittima dello scontro Stati Uniti-Cina che non si esaurisce nell’ambito tecnologico», spiega la ricercatrice Ludovica Meacci, che si occupa di politiche tecnologiche cinesi e sicurezza internazionale alla Vrije Universiteit di Bruxelles. «Dalle dispute territoriali nell’Indo-Pacifico e nuove alleanze militari, alla disinformazione e guerra ibrida, passando per dazi commerciali e controlli sulle esportazioni e investimenti diretti, questa competizione tra le due potenze si articola su più piani e sta diventando il principio organizzativo dominante delle dinamiche internazionali».