Il grande riarmo della Germania non s’è visto
Il cancelliere Olaf Scholz aveva promesso enormi investimenti in difesa dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ma ora le sue priorità sembrano altre
Il 27 febbraio del 2022, tre giorni dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il cancelliere tedesco Olaf Scholz fece un discorso al parlamento – successivamente rinominato «il discorso della svolta epocale», Zeitenwende in tedesco – in cui promise un investimento da 100 miliardi di euro per rafforzare la difesa tedesca e di portare il budget per la spesa militare a oltre il 2 per cento del PIL, lo standard richiesto dalla NATO sotto il quale la Germania si era sempre mantenuta. Il discorso fu considerato storico, perché annunciava un radicale cambio di rotta rispetto a princìpi che avevano guidato la politica tedesca per decenni.
A un anno da quel discorso, di quegli investimenti non c’è sostanzialmente ancora traccia. Per diverse ragioni: la minaccia di un’imminente vittoria russa si è almeno per ora molto ridimensionata, le conseguenze dell’invasione sull’economia e i prezzi dell’energia hanno reso più urgenti altri tipi di investimenti, e secondo alcuni analisti una radicale trasformazione delle politiche di difesa tedesche richiede molto più tempo.
Nel suo discorso di un anno fa, Scholz disse che l’invasione dell’Ucraina era stata un «punto di svolta nella storia del nostro continente»: definì il presidente russo Vladimir Putin un «guerrafondaio» e promise di stanziare 100 miliardi di euro in spese militari per modernizzare l’esercito, il Bundeswehr, indebolito da decenni di mancati di investimenti. La Germania è una delle poche potenze economiche del mondo prive di un forte esercito, oltre a essere stata storicamente riluttante a partecipare alle missioni militari all’estero.
Daniela Schwarzer, di Open Society Foundations, disse che il discorso di Scholz aveva «riposizionato strategicamente» la Germania, che dalla fine della Seconda guerra mondiale aveva sempre mantenuto una posizione fortemente antimilitarista.
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Di quei 100 miliardi promessi da Scholz, ne è stata spesa solo una piccolissima parte, in parte per investimenti già previsti prima dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. L’unica indicazione di un investimento più ingente è stata data a fine febbraio di quest’anno, quando Scholz ha annunciato una spesa di 30 miliardi: Arne Collatz, portavoce del ministero della Difesa, ha detto che sono già stati fatti i contratti, ma che la somma verrà pagata quando i materiali arriveranno. Non è chiaro di che materiali si parli e per cosa verranno spesi esattamente quei soldi: il governo ha detto che «il business plan è in fase di elaborazione», aggiungendo poi di non poterne parlare per questioni di riservatezza.
Nel frattempo, per effetto dell’inflazione, quelli che un anno fa erano un centinaio di miliardi di euro – per il loro valore in termini di effettivo potere di acquisto – oggi valgono circa 87 miliardi. Quest’anno si prevede che la spesa tedesca per la difesa sarà di circa 50 miliardi di euro, ben al di sotto della soglia del 2 per cento del PIL richiesta dalla NATO.
La mancanza di investimenti tedeschi sulla difesa, e la sua incongruenza con il grosso annuncio di Scholz di un anno fa, sono stati notati. Nel suo discorso del 27 febbraio 2022, Scholz aveva anche promesso un massiccio invio di armi all’Ucraina: la Germania oggi è, in termini assoluti, il paese che invia più aiuti all’Ucraina dopo gli Stati Uniti (anche se è molto indietro). Ma gli aiuti militari sono molto scarsi se messi in relazione alle dimensioni dell’economia tedesca, e nel corso dei mesi passati il governo tedesco si è mostrato comunque piuttosto recalcitrante, attirando anche critiche da parte dei paesi alleati.
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Tra le altre cose, durante la visita di Scholz negli Stati Uniti, funzionari del governo americano hanno detto che il presidente americano Joe Biden ha approfittato dell’occasione per «cercare di spostare l’equilibrio della Germania in direzione di una maggiore resistenza».
Nel corso di quest’anno, il governo tedesco ha fatto investimenti in altre direzioni, per esempio nel settore energetico. Come i governi di altri paesi, tra cui l’Italia, la Germania ha approvato un enorme investimento (in questo caso da 200 miliardi di euro) per sostenere le spese per le bollette energetiche, compensando così almeno in parte gli aumenti dei prezzi. Sono stati anche costruiti terminali per l’importazione di gas naturale liquefatto e stretti accordi economici con nuovi fornitori di energia: l’obiettivo era diversificare le proprie fonti di approvvigionamento energetico, dato che la Germania è stata finora il paese europeo più dipendente dalla Russia da questo punto di vista.
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Sulle ragioni della mancanza di un grosso investimento in difesa da parte della Germania sono state fatte diverse ipotesi. In un articolo molto critico pubblicato su Politico, l’analista Matthew Karnitschnig ha scritto che l’annuncio di Scholz di un anno fa va considerato a questo punto più che altro come un atto retorico, l’espressione della preoccupazione, in quel momento, che l’Ucraina sarebbe crollata a breve e che ci si sarebbe trovati l’esercito russo al confine ucraino con la Polonia.
Secondo Karnitschnig, in altre parole, il discorso di Scholz segnalava l’intenzione della Germania di cambiare radicalmente approccio nei confronti della Russia rispetto a quanto fatto dall’ex cancelliera Angela Merkel, che era sempre stata più conciliante e non aveva mai risposto con particolare durezza alle precedenti azioni russe (invasione della Georgia nel 2008 e invasione e annessione della Crimea nel 2014, tra le altre).
Col passare dei mesi, però, la minaccia di una vittoria russa si è progressivamente ridimensionata: le forze ucraine, sostenute dalle molte armi inviate dai governi occidentali, hanno attuato un’inaspettata e tenace resistenza. La Russia ha dovuto prima attuare una clamorosa e rapida ritirata dalle parti settentrionali del paese – Kiev compresa, senza riuscire a deporre il governo ucraino – e poi concentrarsi sulle parti meridionali e orientali del paese, dove sta ancora combattendo.
In tutto questo, dice Karnitschnig, l’urgenza tedesca di riarmarsi è almeno in parte rientrata: «L’impressione è che il cancelliere esiti, procrastini e prenda decisioni solo quando è costretto a farlo», ha detto al Financial Times Friedrich Merz, leader del principale partito di opposizione a Scholz, il partito Unione Cristiano-Democratica (CDU), conservatore.
Secondo Karnitschnig, un’altra ragione per cui la Germania non ha ancora fatto grossi investimenti in difesa è l’opposizione che Scholz deve affrontare all’interno del suo stesso partito, quello dei Socialdemocratici, di centrosinistra. È un partito tradizionalmente contrario sia alle politiche del riarmo che alla vicinanza con gli Stati Uniti. Lo stesso Scholz, all’inizio della sua carriera politica, guidò alcune proteste nella Germania Ovest contro gli Stati Uniti, arrivando a suggerire che la Germania dovesse anche uscire dalla NATO, da lui considerata una forza «aggressiva e imperialista».
Scholz è inoltre stato criticato anche dalle forze armate del paese: Alfons Mais, capo dell’esercito, ha detto: «è estremamente importante che il materiale che abbiamo dato via venga rimpiazzato il più presto possibile: questi buchi sono semplicemente inaccettabili».
Scholz, infine, deve affrontare i dissidi e le divisioni interne al suo governo. Riguardano diverse questioni, dalle politiche ambientali ai rapporti con la Cina. Trovare un’unità su uno degli argomenti più delicati e complessi per la politica tedesca, quello del riarmo e della difesa, può essere molto complicato, soprattutto se si parla di invertire radicalmente princìpi e tagli di spese decisi in decenni di pace e stabilità.
È di questo parere Roderick Kefferpütz, analista dell’Atlantic Council, centro studi statunitense che si occupa di politica estera: secondo lui la cosiddetta Zeitenwende, la «svolta epocale» di cui parlava Scholz, è un cambiamento strutturale enorme, peraltro non limitato al solo rafforzamento dell’esercito. Se attuato, dovrebbe includere anche un parallelo cambiamento radicale nei servizi di intelligence e negli strumenti informatici: secondo Kefferpütz sono tutti temi a cui la Germania non ha ancora dedicato la dovuta attenzione.
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