I servizi segreti britannici avrebbero potuto sventare l’attentato del 2017 a Manchester, dice un’inchiesta
Un’inchiesta pubblica sull’attentato compiuto nel 2017 alla Manchester Arena, il palazzetto di Manchester dove da poco si era concluso il concerto della cantante statunitense Ariana Grande, dice che i servizi segreti britannici (MI5) avrebbero potuto sventare l’attacco. La sera del 22 maggio del 2017 22 persone morirono e altre decine furono ferite a causa di un’esplosione provocata da un attentato suicida mentre il pubblico – composto per lo più da adolescenti – stava iniziando a lasciare il palazzetto. L’inchiesta è durata tre anni e contiene le testimonianze di 267 persone: dice che l’MI5 non agì tempestivamente per gestire alcune informazioni di intelligence sull’attentatore, un cittadino britannico figlio di immigrati libici di nome Salman Abedi.
Abedi era già conosciuto dalle forze di sicurezza britanniche, ma su di lui non era in corso alcuna indagine perché era considerato solo una figura periferica dell’estremismo islamista. L’attacco fu poi rivendicato dallo Stato Islamico.
L’ex giudice John Saunders, a capo dell’inchiesta, ha spiegato che uno degli agenti dei servizi segreti aveva ammesso di aver ricevuto alcune informazioni su Abedi che aveva ritenuto di possibile interesse per la sicurezza pubblica: tuttavia, non ne aveva discusso subito con i colleghi e non l’aveva segnalato in un rapporto lo stesso giorno. Questa, secondo Saunders, è una «notevole mancata opportunità per intraprendere azioni che avrebbero potuto impedire l’attacco» alla Manchester Arena. Secondo Saunders, se i servizi segreti avessero subito prestato attenzione alle informazioni di intelligence, gli agenti avrebbero potuto seguire Abedi fino all’auto in cui aveva riposto gli esplosivi usati per l’ordigno che poi aveva fatto esplodere, oppure avrebbero potuto fermarlo all’aeroporto quattro giorni prima, quando era rientrato da un viaggio in Libia.
In un messaggio trasmesso in tv, il direttore generale dell’MI5, Ken McCallum, ha detto di essere «profondamente dispiaciuto» del fatto che i servizi segreti non siano stati in grado di impedire l’attacco e che le informazioni non fossero state gestite in tempo.