«Sempre caro mi fu quest’erto corno»
Non è un refuso, ma il primo verso di una poesia nonsense di Toti Scialoja, che morì 25 anni fa
«Sempre caro mi fu quest’erto corno»
pensa il rinoceronte
senza nessuno intorno.
Toti Scialoja, da La mela di Amleto (1984)
Il primo marzo di venticinque anni fa morì il pittore astrattista e poeta Toti Scialoja (1914-1998), autore di molte e divertenti poesie nonsense come questa. Si mise a scriverle negli anni Sessanta e inizialmente erano destinate a un nipote, allora bambino, e alla moglie, che gliele leggeva. Nel tempo però divennero piuttosto filastrocche per adulti, che hanno sempre animali come personaggi ma contengono spesso rimandi letterari ben noti nell’immaginario collettivo – come nel caso del rinoceronte che cita L’infinito di Giacomo Leopardi – o riferimenti a detti che si colgono meglio con l’età.
Pur rimanendo noto soprattutto come pittore, Scialoja fu apprezzato anche come poeta, non solo di versi nonsense, tanto che un altro e importante poeta, Giovanni Raboni, lo definì «il talento poetico più originale e compiuto rivelatosi in Italia nel corso degli anni Settanta e Ottanta». Oggi è difficile trovare in libreria le sue raccolte di poesie: si possono reperire facilmente solo un tascabile di Garzanti che raccoglie quelle “serie” e le raccolte Tre per un topo e La zanzara senza zeta, in recenti edizioni di Quodlibet.