Il naufragio in Calabria poteva essere evitato?
Si è parlato di ritardi nei soccorsi e del blocco delle navi delle ong: ma il discorso è più ampio
Dopo il grosso naufragio di un peschereccio pieno di migranti al largo delle coste calabresi, avvenuto domenica, molti hanno messo in relazione l’incidente con l’assenza delle navi delle ong nel Mediterraneo centrale, le uniche che hanno l’obiettivo esplicito di soccorrere le imbarcazioni di migranti in difficoltà. Ormai da anni i governi italiani hanno scoraggiato le operazioni di queste navi: una delle ultime rimaste attive nel Mediterraneo è la Geo Barents di Medici Senza Frontiere, che però era stata bloccata giovedì sera con un provvedimento deciso dal governo di Giorgia Meloni mentre si trovava nel porto di Augusta, in provincia di Siracusa (in Sicilia).
Mentre non si può dire che esista un legame diretto di causa ed effetto fra il fermo della Geo Barents e il naufragio avvenuto domenica, è vero che più in generale le politiche adottate dagli ultimi governi italiani, pur con qualche sfumatura, e il clima nei confronti delle ong hanno reso sempre più sguarnito il Mediterraneo di navi che si occupano esplicitamente di ricerca e soccorso di migranti in difficoltà.
Secondo le informazioni raccolte da Sergio Scandura, giornalista di Radio Radicale che si occupa da molti anni di immigrazione nel Mediterraneo, sabato sera il peschereccio in questione era stato avvistato a circa 70 chilometri dalle coste calabresi da un piccolo aereo di Frontex, l’agenzia di frontiera dell’Unione Europea. Nel giro di qualche ora il peschereccio si era spostato verso nord-ovest, finendo per naufragare a circa 100-150 metri dalle coste di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone.
L’area dove era stato avvistato il peschereccio sabato sera è molto più a nord di quella frequentata di solito dalle navi delle ong, attive soprattutto nel tratto di mare fra la Sicilia e le coste del Nord Africa. Più nello specifico nella zona a sud di Lampedusa, l’isola italiana più vicina alla Tunisia che alla Sicilia.
La Geo Barents, per esempio, ha come base operativa il porto di Augusta, in provincia di Siracusa: circa 370 chilometri più a sud di dove era stato avvistato il peschereccio sabato sera. È una distanza che avrebbe reso proibitiva un’operazione di soccorso, se anche la Geo Barents fosse stata attiva e avesse appena lasciato il porto di Augusta. Tutte le navi delle ong, comunque, si dirigono molto più a sud, nella fascia di mare dove è più probabile intercettare imbarcazioni in difficoltà partite dalla Tunisia o dalla Libia.
L’unica altra nave delle ong attiva in queste settimane, la Life Support di Emergency, finora è sempre partita da porti situati sulle coste occidentali italiane (Genova, Livorno, Civitavecchia) e non è mai nemmeno passata per le coste calabresi. Attualmente si trova nel porto di Augusta, come la Geo Barents.
Poche ore prima del naufragio di domenica, due navi della Guardia di Finanza avevano provato a raggiungere il peschereccio in difficoltà al largo delle coste calabresi, ma avevano dovuto rinunciare per via del cattivo tempo. Negli ambienti dei soccorsi in mare si sta diffondendo la voce che un rimpallo di responsabilità fra la Guardia di Finanza e la Guardia Costiera – che dipende dal ministero dei Trasporti, quindi da Matteo Salvini, noto per la sua ostilità contro i migranti che arrivano via mare – abbia ritardato le operazioni di soccorso del peschereccio. Finora non ci sono conferme ufficiali su questa ricostruzione, ma solo ipotesi.
«L’indagine è sul naufragio ma stiamo anche vedendo di ricostruire la catena dei soccorsi», ha detto a Repubblica il procuratore capo di Crotone, Giuseppe Capoccia, commentando l’apertura di una inchiesta sull’incidente. In un’intervista al Corriere della Sera pubblicata martedì il ministero dell’Interno Matteo Piantedosi ha detto che «non c’è stato alcun ritardo» nei soccorsi.
Rimane il fatto che al momento il Mediterraneo è completamente sguarnito di navi che si occupano di ricerca e soccorso di imbarcazioni di migranti in difficoltà. Quelle delle ong sono state allontanate dalle politiche ostili dei governi italiani, soprattutto del governo guidato da Paolo Gentiloni – quello della prima versione del codice di condotta per le ong, promosso dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti – e a seguire del primo guidato da Giuseppe Conte e di quello attuale, di Giorgia Meloni.
Per il governo, specialmente uno di destra come quello Meloni, le ong sono un obiettivo piuttosto facile. I loro dirigenti e capi missione spesso sono stranieri, le navi battono bandiera straniera – perlopiù per ragioni fiscali – e dal punto di vista mediatico sono finite diverse volte al centro di critiche perché accusate (senza dati a sostegno) di favorire le partenze dei migranti. Da anni le ong lamentano di essere trattate dalla destra europea come «capri espiatori» di una questione molto più grande, cioè la gestione dei flussi migratori da parte dell’Italia e dei paesi dell’Unione Europea. Anche in Italia tutti i partiti di destra, il Movimento 5 Stelle ma anche a tratti il Partito Democratico hanno accusato le ong di alimentare gli arrivi dei migranti irregolari in Italia.
«Eravamo i buoni, i bravi e i belli e oggi siamo quelli potenzialmente vicini agli scafisti, forse trafficanti, e non si sa bene come spendiamo i nostri soldi», diceva nel 2019 il presidente di Save The Children Italia, Claudio Tesauro. Save The Children è una delle ong che negli ultimi anni ha deciso di interrompere i soccorsi in mare. Nel 2016 a bordo di una sua nave, la Vos Hestia, lavorava un agente alla sicurezza, Pietro Gallo, che fornì informazioni e dossier sulle ong ai servizi segreti italiani e allo staff del segretario della Lega, Matteo Salvini. I documenti di Gallo sono poi confluiti nell’unico processo ancora in corso contro alcune ong che soccorrono persone in mare, avviato dalla Procura di Trapani e noto soprattutto per le tesi molto fragili portate avanti dall’accusa.
– Leggi anche: Il più grosso processo contro le ong che soccorrono i migranti in mare
Negli ultimi anni inoltre né il governo italiano né l’Unione Europea hanno poi attuato operazioni con l’esplicito obiettivo di soccorrere migranti in difficoltà: come per esempio era stata Mare Nostrum, un’operazione militare e umanitaria decisa dal governo guidato da Enrico Letta nell’ottobre del 2013 dopo un grave naufragio vicino a Lampedusa, in cui morirono più di 300 migranti. Mare Nostrum si è chiusa poco più di un anno dopo, nel novembre del 2014.
Una presenza diffusa nel Mediterraneo di navi governative o delle ong con l’esplicito compito di soccorrere migranti in difficoltà avrebbe forse potuto cambiare le cose, nella vicenda del peschereccio naufragato domenica in Calabria: ma è difficile fare ipotesi riguardo a scenari così remoti.