Il Veneto sta valutando se costruire un’isola
Servirebbe a contenere l'erosione delle coste, copiando un progetto che nei Paesi Bassi ha funzionato
Quasi ogni anno i comuni del litorale veneto, sul mare Adriatico, sono costretti a spendere decine di migliaia di euro per il cosiddetto ripascimento, cioè per portare e spostare grosse quantità di sabbia e in questo modo contrastare l’erosione della costa. L’erosione è un fenomeno naturale, in parte causato e aggravato dalle attività umane, che modifica la morfologia dei litorali, arretra le spiagge e quindi la linea costiera: in Veneto è particolarmente temuta e per questo negli ultimi anni la Regione ha finanziato diversi studi per provare a risolverla in modo più duraturo e meno costoso rispetto al ripascimento.
Una delle idee più curiose e promettenti consiste nella creazione di un’enorme isola artificiale di sabbia vicino alla costa. Nei Paesi Bassi, il modello a cui si ispira il Veneto, nel 2011 è stato finanziato un progetto simile che finora ha dato buoni risultati. L’hanno chiamato Zandmotor, il motore della sabbia, e ora il Veneto ne vorrebbe uno davanti alle sue coste.
La necessità di trovare una soluzione più stabile rispetto al ripascimento divenne evidente dopo la cosiddetta “Acqua Granda”, cioè le alluvioni che nel novembre del 2019 causarono moltissimi danni alla città di Venezia e alla costa veneta. Le piogge, il forte vento di scirocco e l’alta marea contribuirono a far alzare rapidamente, e a livelli eccezionali, le acque della laguna, che poi non scesero a sufficienza anche a causa dell’ingrossamento del mare Adriatico, sostenuto dalle piene simultanee dei fiumi che sfociano attorno alla laguna. Le alluvioni sommersero interamente Chioggia e la città di Venezia con un picco di 187 centimetri di acqua alta.
A nord-est di Venezia la mareggiata fu così violenta da distruggere le spiagge e le strutture balneari del litorale jesolano e delle località di Porto Santa Margherita, Eraclea, Caorle, Bibione e Lignano. Le onde arrivarono fino in piazza Mazzini, il centro del Lido di Jesolo, e nella piazza principale di Caorle.
Le alluvioni, tuttavia, sono solo la manifestazione più evidente e grave di un fenomeno che avviene di continuo, cioè l’erosione della costa. Avviene principalmente per l’azione delle onde generate dal vento: quando raggiungono la costa si infrangono e dissipano rapidamente la loro energia.
I movimenti continui causati dalle onde e quelli più lenti dovuti al ciclo delle maree spostano la sabbia e i sedimenti sulla costa in direzione longitudinale o trasversale. L’erosione può essere più significativa in presenza di correnti intense vicine alle spiagge, quando c’è una particolare subsidenza del suolo, cioè quando il fondale sprofonda, oppure nelle zone vicine alle foci dei fiumi.
L’impatto delle attività umane alimenta l’erosione della costa. La costruzione di case e strade vicino alle spiagge, l’utilizzo dell’acqua prelevata dal sottosuolo, l’alterazione della vegetazione, lo sbancamento delle dune, la presenza di stabilimenti balneari e la pulizia del litorale con mezzi meccanici influiscono sul delicato equilibrio indispensabile per formare le spiagge.
Da decenni anche in Italia l’erosione viene contrastata con interventi come il ripascimento, finanziato ogni due o tre anni oppure ogni anno nei casi più gravi, e con la realizzazione dei cosiddetti pennelli, barriere frangiflutti formate da grosse pietre. I pennelli, tuttavia, influiscono a loro volta sulla morfologia della spiaggia e non sempre riescono a risolvere il problema dell’erosione: in passato queste infrastrutture – ce ne sono moltissime sulla costa adriatica, soprattutto in Veneto e in Emilia-Romagna – venivano costruite senza studi approfonditi per valutare le conseguenze di modifiche così rilevanti al profilo della costa.
Gli scienziati che si occupano di questo problema concordano sul fatto che non esista un’unica soluzione per i problemi di tutte le coste. Ogni litorale ha caratteristiche diverse che vanno studiate a fondo prima di intervenire: l’importante è trovare il modo per assecondare il movimento delle onde e favorire la naturale tendenza del mare al ripascimento senza ostacolarla completamente.
Nei Paesi Bassi questo principio è stato seguito con la creazione del “motore di sabbia”, in sostanza un’enorme penisola utilizzata come deposito di sabbia che ha consentito di plasmare la costa e rallentare l’erosione senza dover costruire infrastrutture artificiali come i pennelli. Il primo “motore di sabbia” fu costruito nella località di Ter Heijde: sono stati dragati 21,5 milioni di metri cubi di sabbia al largo e trasportati sulla costa per creare una nuova penisola estesa per 1,3 chilometri quadrati, lunga 2,4 chilometri e larga fino a un chilometro.
I lavori iniziarono nel 2011, durarono dieci mesi e sono costati 70 milioni di euro. Già pochi mesi dopo fu osservato che le onde, i venti e le correnti avevano iniziato a distribuire la sabbia lungo la costa, protetta e in un certo senso alimentata dalla nuova grande penisola.
Il progetto era stato finanziato con l’obiettivo di non intervenire con nuovi ripascimenti per i primi 20 anni, tuttavia i controlli fatti nel 2016 hanno confermato che l’erosione continuerà a non essere un problema anche in seguito. Anche se si tratta di un intervento che ha un notevole impatto sulla morfologia della costa, un solo e imponente ripascimento è considerato dagli scienziati più rispettoso dell’ambiente rispetto ai continui spostamenti di sabbia o alla costruzione di barriere artificiali: a Ter Heijde si è creato un nuovo ecosistema con specie vegetali che prima del 2011 non crescevano in questa zona.
Il Veneto vorrebbe fare la stessa cosa, ma con un’isola artificiale lunga almeno 7 chilometri e non una penisola. Unionmare, la più importante associazione che rappresenta i gestori degli stabilimenti balneari, ha coinvolto la Regione per finanziare uno studio condotto dall’università di Padova e in particolare dal professore di Costruzioni marittime Piero Ruol che da anni studia l’erosione delle coste venete. «Semplicemente stiamo facendo quello che non è mai stato fatto finora: uno studio della costa che prescinda dai confini amministrativi, comunali o regionali», spiega Alessandro Berton, presidente di Unionmare.
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I dettagli del progetto, soprattutto dove potrebbe essere realizzata l’isola, non sono ancora noti. Durante la ricognizione fatta a livello europeo per capire chi potrebbe realizzare un progetto così imponente si è fatta avanti Royal Haskoning, un’azienda dei Paesi Bassi con quasi seimila dipendenti che tra le altre cose ha realizzato a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, alcune isole artificiali chiamate palm islands per la loro forma particolare. Per questo nei giorni scorsi su alcuni giornali locali veneti sono state pubblicate foto di isole con grandi palazzi e si è parlato di “modello Dubai”.
La costruzione delle isole di Dubai, in realtà, ha un impatto sull’ambiente decisamente più significativo rispetto alla penisola di Ter Heijde, costituita solo di sabbia: per realizzarle sono state sbriciolate rocce provenienti da varie miniere degli Emirati Arabi Uniti e sono state usate centinaia di milioni di tonnellate di sabbia ottenuta dai fondali del golfo Persico. Secondo le Nazioni Unite l’estrazione di sabbia dai fondali del golfo Persico per costruire le isole artificiali di Dubai ha distrutto barriere coralline e altri tipi di habitat, uccidendo moltissime creature marine; quando la sabbia viene prelevata una parte si mescola all’acqua e soffoca i pesci.
Anche se non è esclusa la costruzione di infrastrutture sull’isola artificiale, Berton dice che il progetto veneto sarà portato avanti con attenzione all’impatto sull’ambiente dell’Adriatico. «La priorità è ovviamente la difesa della costa», spiega il presidente di Unionmare che ha interesse a risolvere il problema dell’erosione perché la manutenzione delle spiagge e spesso anche i ripascimenti sono a carico dei concessionari balneari. «Il rispetto della natura è essenziale anche per ottenere fondi dall’Unione Europea», continua Berton. «Abbiamo scoperto che esiste un capitolo di finanziamento da 250 milioni di euro a livello europeo dedicato appositamente al contrasto all’erosione della costa a cui l’Italia non ha mai attinto».
Nell’ultimo anno i tecnici della società dei Paesi Bassi hanno eseguito alcuni sopralluoghi in Veneto. Anche se è coinvolta la Regione attraverso l’assessore regionale alla Programmazione e all’Attuazione del programma, Francesco Calzavara, tra i sostenitori dell’idea, al momento non è chiaro se e quando l’isola artificiale sarà realizzata. Per avere qualche certezza, e successivamente chiedere un finanziamento europeo, bisogna aspettare lo studio dell’università di Padova che sarà pubblicato nelle prossime settimane.
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