Cosa sappiamo dell’evasione di un mafioso pugliese dal carcere di Nuoro
Usando le lenzuola – come nei film – Marco Raduano è fuggito mentre era in regime di alta sicurezza: sono state aperte due inchieste
Venerdì 24 febbraio è evaso dal carcere di Badu ’e Carros, a Nuoro (Sardegna), Marco Raduano, detto “Pallone”, esponente di un clan di Vieste, in Puglia, che fa parte della mafia garganica. Il carcere si trova in periferia e contiene varie sezioni di alta sicurezza, ma Raduano apparentemente è riuscito a evadere con un metodo piuttosto rudimentale e quasi da film: ossia calandosi con alcune lenzuola legate tra loro, alle cinque del pomeriggio.
Dopo l’evasione sono state aperte due inchieste, una della procura di Nuoro e una del ministro della Giustizia. Il Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che dipende dal ministero, ha dato mandato al provveditore regionale della Sardegna di «svolgere con urgenza accertamenti e verifiche per appurare cause, circostanze e modalità dell’accaduto». Intanto Raduano è ricercato in tutta la Sardegna, in particolare nella zona del nuorese, e anche in Puglia.
Raduano era condannato in via definitiva a 19 anni per traffico di stupefacenti aggravato dal metodo mafioso, ed era detenuto in regime di AS3, cioè Alta sicurezza 3, riservato ai detenuti che hanno avuto ruoli di vertice in organizzazioni del narcotraffico. I regimi di Alta sicurezza (che non vanno confusi con il 41-bis) prevedono una sorveglianza speciale e rinforzata rispetto agli altri detenuti. I detenuti sottoposti ad AS3 trascorrono solamente quattro ore al giorno fuori dalle celle.
La fuga di Raduano è stata scoperta dopo due ore. Il video mostra come si sia calato dal muro di cinta, per cui le inchieste stanno cercando di capire cosa sia successo prima di quel momento. Secondo una delle ipotesi Raduano avrebbe preso, mentre non erano sorvegliate, le chiavi con cui avrebbe aperto il portone blindato del reparto di Alta sicurezza, uscendo poi in cortile. Non si sa se abbia avuto complici all’interno del carcere.
Dopo la fuga, nella città di Raduano, Vieste, sono stati esplosi fuochi d’artificio, e i giornali locali hanno ipotizzato che si trattasse di festeggiamenti. Il sindaco di Vieste, Giuseppe Nobiletti, ha però smentito dicendo che erano semplici festeggiamenti per un compleanno.
Il carcere di Badu ’e Carros fu aperto negli anni Settanta. Un tempo le carceri di questo tipo venivano definite “speciali”, cioè di alta sicurezza. Fanno parte di quello che i detenuti chiamano “circuito dei camosci”: il nome deriva da ciò che avvenne nella notte tra il 16 e il 17 luglio del 1977, quando centinaia di detenuti appartenenti a organizzazioni terroristiche o a gruppi considerati contigui alle organizzazioni armate vennero prelevati nelle carceri di tutta Italia e trasferiti in istituti penitenziari che erano stati trasformati con un decreto in carceri speciali. L’operazione di quella notte, coordinata dal ministero della Giustizia e dal ministero dell’Interno e affidata ai carabinieri, avvenne in segreto e con un grande dispiegamento di forze, e portava il nome in codice di “Operazione camoscio”.
In tre anni, dal 1977 al 1980, divennero carceri speciali Badu ’e Carros, Asinara, Cuneo, Novara, Fossombrone, Trani, Favignana, Palmi, Termini Imerese, Ascoli Piceno e Pianosa. Per le detenute, Latina, Pisa e Messina.
Oggi alcune di queste sono chiuse, come l’Asinara e Pianosa. Più in generale non si parla più di carceri speciali ma di tre circuiti penitenziari differenziati: 1° livello di alta sicurezza; 2° livello di media sicurezza; 3° livello di bassa sicurezza; poi c’è il circuito per collaboratori di giustizia, il circuito dei detenuti cosiddetti “protetti”, dove ci sono persone trans, persone incriminate per reati sessuali ed ex appartenenti alle forze dell’ordine; e il regime per detenuti al 41-bis, il regime di sorveglianza speciale, spesso impropriamente definito “carcere duro”. In particolare, Badu ’e Carros ha sia una sezione per i detenuti al 41-bis sia una di Alta sicurezza 3, dove si trova la maggior parte delle persone.
Nei giorni successivi all’evasione sono emerse forti polemiche tra i sindacati della polizia penitenziaria e il ministero della Giustizia.
Michele Cireddu, segretario generale della UIL PA (Pubblica Amministrazione) – Polizia penitenziaria in Sardegna, ha detto al quotidiano L’Unione Sarda: «Si fa finta di non essere a conoscenza della carenza di 50 agenti rispetto all’organico previsto e dei presidi di sicurezza: importantissimi, ma sguarniti». In un rapporto del 2021 l’associazione Antigone parlava di una carenza di organico di 60 persone. Il segretario generale della Federazione Nazionale Sicurezza (FNS) della CISL Sardegna, Giovanni Villa, ha detto: «Da tempo denunciamo la carenza di personale e questo è il fattore principale che ha compromesso la sicurezza interna ed esterna nel carcere nuorese».
Il carcere di Badu ’e Carros naturalmente è dotato di un sistema di videosorveglianza, ma secondo i sindacati la sala di osservazione rimane sguarnita negli orari serali e notturni. Secondo Cireddu è andata così anche il giorno che Raduano è evaso: «Non è che ci fosse un agente addetto al controllo che dormiva. Non c’era proprio». Sempre secondo Cireddu sul muro di cinta scavalcato da Raduano dovevano essere impiegati sei agenti in ogni turno, «ma quando andava bene ce n’era uno solo». Già nel 2020 Manuela Cojana, ex capo della polizia penitenziaria di Badu ‘e Carros, aveva segnalato che il sistema antiscavalcamento con sistema d’allarme era vecchio e non funzionante. Inoltre le due garitte di vedetta, cioè le due postazioni di osservazione sul muro di cinta, non erano agibili.
Raduano lavorava nella biblioteca della quinta sezione, quella dei detenuti in AS3, che si trova vicina all’uscita del carcere. Proprio in quella sezione c’è l’unica sala regia che mostra le immagini riprese anche all’esterno del carcere, dove sarebbe stata lasciata incustodita la chiave. L’altra sala regia del carcere è stata chiusa. Raduano avrebbe preso le lenzuola per calarsi all’esterno nello spazio dove lavorano i detenuti del MOF, Manutenzione ordinaria fabbricati, cioè la squadra di operai e tecnici che in ogni istituto penitenziario si occupa della manutenzione. Le lenzuola erano lì appese a dei ganci.
Marco Raduano è un personaggio importante della mafia pugliese. È originario di San Giovanni Rotondo (Foggia) e oltre a “Pallone” ha anche un altro soprannome, “Woolrich”. È stato a lungo stretto collaboratore di Angelo Notarangelo, detto “Cintaridd”, capo della mafia viestese, ucciso il 26 gennaio 2015. Raduano prese il suo posto ma questo provocò la scissione di un gruppo che seguì un altro esponente, Girolamo Perna. Ne nacque una lotta interna che si concluse il 26 aprile del 2019 con l’omicidio di Perna.
Raduano venne arrestato qualche mese dopo, nell’ottobre del 2019, nell’ambito dell’operazione “Neve di marzo” in cui vennero arrestate 15 persone, tutte del clan Raduano. Lo scorso 3 febbraio era stato condannato in via definitiva a 19 anni di reclusione, più tre di libertà vigilata.