La sorprendente squadra di basket del Sud Sudan
Il paese più giovane del mondo si è qualificato per la prima volta ai Mondiali, fra mille difficoltà, con il sostegno decisivo di un ex giocatore NBA
Nel fine settimana sono proseguite le qualificazioni per i Mondiali maschili di basket, in programma dal 25 agosto al 10 settembre in Giappone, Indonesia e Filippine. L’Italia era già qualificata e l’assenza fin qui più rilevante è quella dell’Argentina. In attesa dell’assegnazione dell’ultimo dei 32 posti disponibili (che andrà al Belgio o alla Serbia), le qualificazioni hanno decretato che i prossimi Mondiali saranno i primi di sempre per Lettonia, Georgia, Capo Verde e Sud Sudan, il paese più giovane al mondo e anche uno dei più poveri.
La squadra maschile di basket del Sud Sudan giocò la sua prima partita nel luglio del 2011, due giorni dopo l’indipendenza dal Sudan ottenuta con un referendum indetto alla fine di una lunga guerra civile. In quella prima partita la Nazionale sudsudanese perse per due punti contro la squadra che aveva vinto il campionato ugandese. Nel 2015 nemmeno provò a qualificarsi al Campionato africano di basket e nel 2017 (anno della sua prima partita ufficiale contro un’altra nazionale) ci provò senza riuscirci, ma ottenne qualche vittoria
Intanto, nel paese, tra il 2013 e il 2020 veniva combattuta una violenta guerra civile fra diversi gruppi etnici e con la contrapposizione fra il presidente Salva Kiir Mayardit e il suo vice Riek Machar. Tra effetti diretti e indiretti come fame e carestia, si stima che la guerra civile abbia portato alla morte di almeno 400mila persone, con oltre 4 milioni di profughi su una popolazione complessiva di poco superiore ai 10 milioni.
In gran parte grazie a Manute Bol, altissimo cestista che ha giocato per anni in NBA e originario di quello che oggi è il Sud Sudan, il basket nel paese è uno sport piuttosto popolare. Come raccontato dal sito delle Olimpiadi, però, organizzare una squadra competitiva e trovare giocatori è stato a lungo difficile per il movimento locale. Mancavano, e in gran parte continuano a mancare, palazzetti o campi coperti perlomeno adeguati. I giocatori di origine sudsudanese erano inoltre sparsi per il mondo e, negli anni della guerra civile, spesso impossibilitati o disinteressati a partecipare.
Le cose iniziarono a cambiare nel novembre del 2019, quando l’ex giocatore Luol Deng divenne presidente della Federazione locale. Deng veniva da oltre un decennio in NBA, campionato in cui dal 2004 al 2019 aveva segnato oltre 13mila punti, la maggior parte dei quali con i Chicago Bulls. Nato nell’odierno Sud Sudan, da bambino Deng scappò in Egitto dopo che il padre, parlamentare in Sudan, fu imprigionato in seguito a un colpo di stato. Fu lì che iniziò a giocare a pallacanestro e anche grazie alle sue doti potè trasferirsi con la famiglia prima nel Regno Unito e poi in Nord America.
Deng, che ha anche nazionalità britannica (e che con la Nazionale del Regno Unito partecipò alle Olimpiadi di Londra del 2012), non ha mai giocato per il Sud Sudan, ma dopo il ritiro ha deciso di occuparsene. «Rappresentare il Regno Unito per me è stato un onore» disse nel 2021 «ma il Sud Sudan era sempre presente nella mia mente».
In una situazione politica relativamente meno problematica, e grazie a risorse e contatti maturati nel tempo, Deng riuscì a strutturare il basket sudsudanese e a convincere giocatori, spesso già con altre nazionalità, a rappresentare il loro paese di origine. Per alcuni mesi durante il 2020, e di nuovo per le ultime partite di qualificazione ai Mondiali, Deng ha fatto anche il capo allenatore della squadra maschile.
Nel 2021 il Sud Sudan partecipò al suo primo torneo internazionale: i Campionati africani, a cui ebbe accesso solo perché l’Algeria non potè partecipare per via della pandemia. Fu eliminato ai quarti di finale dalla Tunisia, la squadra che poi vinse il torneo. Tra il 2022 e il 2023 la squadra, ora allenata da Royal Ivey, assistente allenatore dei Brooklyn Nets, ha vinto 11 delle 12 partite del suo girone di qualificazione per i Mondiali: un girone in cui si è qualificata da prima, con importanti vittorie contro Egitto, Senegal e Tunisia, tre squadre fino a poco tempo fa ritenute decisamente migliori. La qualificazione è arrivata il 24 febbraio grazie a una vittoria contro il Senegal e nel paese è stata comprensibilmente molto festeggiata.
Nella Nazionale maschile del Sud Sudan molti giocatori arrivano dall’Australia, dove andarono come richiedenti asilo e dove giocano nell’Australian Basketball League; altri giocano negli Stati Uniti, ma in leghe minori rispetto all’NBA: è il caso di Nuni Omot, che è nato in un campo profughi in Kenya e gioca in G League per una delle squadre satellite dei New York Knicks.
Altri ancora giocano in campionati sparsi in giro per il mondo. Finora non lo hanno fatto, ma in vista dei Mondiali potrebbero scegliere di giocare per la Nazionale sudsudanese anche altri giocatori NBA come JT Thor dei Charlotte Hornets, Wenyen Gabriel dei Los Angeles Lakers e anche Bol Bol, il figlio ventitreenne di Manute Bol, che dall’anno scorso gioca negli Orlando Magic.
Intanto, un paio di settimane fa, la Nazionale femminile di basket sudsudanese ha vinto la prima partita della sua storia: un 54-40 contro il Ruanda.
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