Cosa fa la persona a capo del PD

Prende una marea di decisioni politiche e di strategia, fra molti compromessi interni, e sulla carta rimane in carica per quattro anni

(ANSA/ MASSIMO PERCOSSI)
(ANSA/ MASSIMO PERCOSSI)
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Ora che è stata eletta segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein dovrà prendere una serie di decisioni che incideranno fortemente sulla linea politica che prenderà il partito, da subito o quasi. Da una parte le verrà chiesto in molte occasioni di prendere posizione praticamente su ogni tema d’attualità, in un modo che finora non le era mai capitato, orientando le scelte del principale partito del centrosinistra italiano; dall’altra dovrà decidere la nuova composizione degli organi più importanti del partito, cercando di accontentare le molte esigenze interne in una forza politica ampia e variegata come il PD, per non perdere il sostegno dei molti storici leader interni che tra le altre cose le ha permesso di arrivare alla segreteria.

Partiamo da questo aspetto. La segretaria è il capo del partito, e ne decide l’indirizzo politico attraverso le sue idee – quelle che ha presentato nel suo programma elettorale alle primarie e per cui le persone lo hanno votato – ma anche attraverso i rapporti interni che mantiene all’interno del partito: nel PD ci sono diverse correnti, cioè fazioni in competizione tra loro per far prevalere una certa linea politica, e il numero di esponenti di una corrente che la segretaria sceglierà per gli organi dirigenti del partito ha un peso sulle decisioni che vengono prese, non ultima la scelta dei candidati alle elezioni nazionali o locali.

Più concretamente, il primo impegno che toccherà a Schlein sarà quello di nominare la nuova “segreteria” del partito, che volendo usare un parallelo con le istituzioni dello stato è una sorta di governo del PD. I membri della segreteria hanno ognuno un ambito di competenza specifico, un po’ come dei ministri: tra questi ci sono l’economia, il lavoro, la cultura, l’ambiente, e così via. Il numero di membri non è fisso, ma l’ultima segreteria, quella di Enrico Letta, era composta da 16 persone.

Anche i tempi sono piuttosto variabili: Enrico Letta impiegò pochi giorni dopo il suo insediamento a nominare la nuova segreteria, mentre il suo predecessore Nicola Zingaretti ebbe bisogno di tre mesi per farlo. Oltre ai membri della segreteria Schlein dovrà anche nominare uno o più vicesegretari. Quelli attuali sono Peppe Provenzano – il leader più giovane della corrente di sinistra, tra i maggiori sostenitori di Schlein in questi mesi – e la parlamentare europea Irene Tinagli, molto più moderata e centrista.

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Oltre alla segreteria la nuova segretaria dovrà nominare anche l’organismo del PD chiamato “Direzione Nazionale”: una specie di organo consultivo del partito composto da 120 membri, che è il luogo di discussione e approvazione di scelte più ampie di programma e politica. Non va confuso con l’Assemblea, che si può considerare il parlamento interno del partito: i suoi membri vengono eletti indirettamente tramite le primarie a seconda del risultato dei vari candidati segretari, ciascuno dei quali è collegato a una lista. Solitamente la scelta dei membri della Direzione avviene in accordo con i capicorrente, in modo che la composizione comprenda esponenti di ciascuna e che questi possano poi far valere la linea della propria corrente quando vengono prese le decisioni.

È più che altro una prassi, ma piuttosto indispensabile per una leader che vuole mantenere il sostegno di tutto o gran parte del partito: una quota rilevante dei membri della Direzione viene comunque scelta tra persone del partito più vicine al nuovo o alla nuova leader.

La carica di segretario o segretaria dura 4 anni e non può essere ricoperta per più di due mandati, anche se esiste una deroga nel caso in cui la persona in carica venga nominata presidente del Consiglio: in quel caso può restare in carica fino alla fine del mandato al governo.

È assai probabile che il presidente della Repubblica incarichi il leader politico del partito che ha vinto le elezioni di formare un governo. Lo statuto del PD dice chiaramente che il suo capo «è proposto dal partito come candidato all’incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri», a meno che il leader stesso non ritenga «opportuno per gli interessi del Paese e del Partito» proporre qualcun altro. Quello che succede dopo è tutta un’altra storia. Alle elezioni politiche del 2013 il centrosinistra vinse ma senza ottenere una maggioranza al Senato: il PD propose come nuovo presidente del Consiglio il suo segretario Pier Luigi Bersani, che però non riuscì a trovare una maggioranza. Alla fine per sbloccare lo stallo il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affidò l’incarico a Enrico Letta, all’epoca vicesegretario del PD, che aveva posizioni più centriste di Bersani: e infatti il suo governo entrò in carica grazie al sostegno iniziale di Forza Italia.

In quanto capo politico del partito, Schlein avrà poi un certo potere nel decidere la composizione delle liste per le elezioni, anche se molto dipende dal tipo di elezione e dal funzionamento della legge elettorale. La legge elettorale attualmente in vigore per le elezioni politiche, per esempio, dà ai leader di partito un enorme potere per decidere chi far entrare in parlamento, perché prevede i cosiddetti “listini bloccati”: gli elettori non possono cioè esprimere una preferenza per un certo candidato, ma solo per la lista, che comprende una serie di nomi scelti dal partito. I voti vengono poi distribuiti in base all’ordine in cui compaiono i nomi sulla lista.

Questo meccanismo fu per esempio sfruttato ampiamente da Matteo Renzi quando era segretario del Partito Democratico alle elezioni politiche del 2018: scelse perlopiù candidati del PD a lui vicini, e quando un anno e mezzo dopo decise di uscire dal partito per fondarne uno nuovo, Italia Viva, fu seguito da molti parlamentari che lui stesso aveva scelto.

Il primo impegno di questo genere di Schlein sarà invece alle elezioni europee del 2024, che funzionano in modo molto diverso: la legge elettorale prevede un sistema proporzionale puro con la possibilità di esprimere tre preferenze sui candidati. Il sistema proporzionale renderà inutile anche fare alleanze con altri partiti, perciò nell’immediato futuro Schlein non dovrà nemmeno lavorare a grossi accordi politici, di cui è possibile che si riparli più concretamente dopo quelle elezioni.

Già nei prossimi giorni comunque Schlein dovrà decidere come scegliere i candidati del partito per le elezioni amministrative che si terranno in primavera: si voterà in 786 comuni, di cui 18 capoluogo (anche se nessuno di primissimo piano). Schlein dovrà decidere innanzitutto se aprire alle elezioni primarie, in quali comuni, ed eventualmente chi sostenere.

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