Le migliaia di case degli enti previdenziali a Roma, e chi ci abita dentro
Il caso di quelle acquistate dai politici Durigon e Rocca ha riportato l'attenzione su una questione che si trascina irrisolta da anni
di Angelo Mastrandrea
Al civico 603 di via di Grotta Perfetta, in una zona residenziale alla periferia sud di Roma, alcuni condomini confrontano l’offerta di acquisto che ha fatto loro l’Enpaia, l’ente nazionale di previdenza per gli addetti e gli impiegati in agricoltura, con quella delle case di lusso che lo stesso ente ha venduto a prezzi scontati al sottosegretario leghista al Lavoro Claudio Durigon e al neopresidente della Regione Lazio Francesco Rocca, di Fratelli d’Italia.
L’edificio in cui vivono in affitto da 36 anni ha sette piani e 28 appartamenti, con i posti auto e un cortile alberato attorno. Fu costruito alla metà degli anni ’80, come quasi tutti i palazzi del quartiere, che oggi ha 15 mila abitanti. Gli inquilini sono quasi tutti ex dipendenti pubblici ora in pensione. Hanno un contenzioso con l’Enpaia da quando nel 2010 raddoppiò l’affitto, adeguandolo alle tariffe di mercato. «Da un giorno all’altro ci siamo trovati a dover pagare anche 1.200 euro, una cifra fuori dalla nostra portata», dicono. Hanno fatto ricorso in tribunale e il giudice ha stabilito che avrebbero dovuto versare un canone maggiorato del 20 per cento. Claudio Macchi, uno dei condomini, mostra il cedolino di gennaio: sono 863 euro, comprese le spese di condominio. L’ente manda i bollettini ogni mese con l’aumento deciso dal giudice, e con la stessa frequenza si presentano anche gli ufficiali giudiziari per intimare lo sfratto.
Quando il quotidiano Domani ha raccontato come politici, sindacalisti e persino l’ex direttore generale dell’ente siano riusciti ad acquistare appartamenti di lusso a prezzi di favore, gli inquilini sono sobbalzati. «Non ci interessa lo scandalo, ma non sopportiamo che a noi venga riservato un trattamento diverso», dice uno di loro.
Il 23 giugno 2022 l’Enpaia, secondo quanto ha ricostruito Domani, vendette al sottosegretario Durigon una casa di 170 metri quadri con box auto in via Cortina D’Ampezzo, una zona in cui si trovano diverse ambasciate, conventi e ville di lusso nel quadrante nord della capitale, facendola pagare 469 mila euro, mentre le agenzie immobiliari nella stessa zona offrono appartamenti da 100 metri quadri a 900 mila euro. A dicembre ha acquistato casa dall’Enpaia anche l’attuale presidente della Regione Lazio Francesco Rocca: 190 metri quadri con box auto e cantina alla Camilluccia, poco lontano da quella di Durigon, pagati secondo Domani 570 mila euro.
A entrambi è stato applicato lo sconto del 30 per cento che la legge sulle cosiddette cartolarizzazioni – il piano di dismissione del patrimonio immobiliare degli enti di previdenza voluto nel 2001 dall’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti, del governo Berlusconi – approvò per consentire agli inquilini in affitto da almeno 36 mesi di comprare la casa in cui vivevano.
Sia Durigon che Rocca avevano preso la casa in affitto tra il 2017 e il 2018, e nel primo caso il canone è stato pagato dal sindacato Ugl, del quale Durigon era segretario generale. Domani ha poi raccontato che pure il direttore generale dell’Enpaia Roberto Diacetti comprò una casa dell’ente che dirige, a dicembre 2019: si tratta di un attico di 190 metri quadrati nel quartiere Parioli, un’altra zona molto benestante della capitale, pagato 870 mila euro, questa volta con uno sconto del 20 per cento.
Anche gli inquilini di Grotta Perfetta hanno diritto allo sconto del 30 per cento, ma a cambiare è la base sulla quale viene calcolato. Nel caso delle vendite a Durigon e Rocca, il prezzo è stato ottenuto calcolando la media delle quotazioni dell’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi), che di regola viene utilizzato come parametro di riferimento per le compravendite. A Grotta Perfetta invece la valutazione è stata affidata a una società immobiliare privata, che le ha stimate un migliaio di euro al metro quadrato in più rispetto alla media dell’Omi. «Perché non le vendono alle stesse condizioni anche a noi?», si chiede Claudio Macchi, uno dei condomini.
Quando hanno saputo che il palazzo sarebbe stato venduto, i quattordici inquilini che abitano nel palazzo di Grotta Perfetta dal 1987 hanno presentato un’offerta d’acquisto per i loro appartamenti, in media tra i 90 e i 100 metri quadrati ciascuno. Il 13 gennaio l’Enpaia ha organizzato una videoconferenza, durante la quale un rappresentante dell’ente ha annunciato che le abitazioni sono state valutate 3.255 euro al metro quadro, circa 300 mila euro per ognuna, una cifra considerata “non contrattabile”. In più, gli acquirenti dovranno versare la differenza tra gli affitti pagati negli ultimi cinque anni e quelli richiesti dall’ente. In totale sarebbero circa 40 mila euro a famiglia, che si aggiungerebbero al costo dell’acquisto.
«Si tratta di cifre che non possiamo permetterci, anche perché abbiamo tutti più di settant’anni e nessuna banca ci farebbe un mutuo», spiegano. «Ci hanno detto che non possiamo costituire una cooperativa per comprare l’intero palazzo, che darebbe diritto a un ulteriore sconto del 10 per cento, e ci hanno imposto l’assunzione di un portiere per cinque anni» dice Sergio Gallini, un altro residente.
I condomini contestano le “condizioni capestro”, cioè molto sbilanciate e dure nei loro confronti, e pensano che l’ente si stia comportando come una sorta di «Robin Hood al contrario». «Vogliono recuperare da noi i soldi persi alla Camilluccia e ai Parioli», sostengono. «Li hanno usati come bancomat per ripianare gli investimenti fallimentari nella finanza», dice Angelo Fascetti dell’Asia-Usb, un sindacato di base che si occupa di diritto alla casa. L’Enpaia ha risposto sostenendo di non poter svendere il patrimonio immobiliare.
Nel bilancio di previsione del 2022, alla voce “dismissione degli immobili residenziali a bassa redditività”, l’ente di previdenza ha previsto di ricavare dagli appartamenti del condominio di Grotta Perfetta quasi nove milioni di euro entro il 2023, con una plusvalenza rispetto al loro valore contabile – quello inserito nei libri dell’azienda – di tre milioni e 900mila euro. Tra il 2018 e il 2022, ha spiegato l’ente in una pagina acquistata sui giornali per rispondere alle critiche ricevute sui giornali, «sono state alienate, in quanto poco redditizie e bisognose di costose manutenzioni, ai conduttori oltre 250 unità immobiliari, incassando 101 milioni di euro e realizzando 48 milioni di euro di plusvalenze». È quello che ora dovrebbe accadere con il palazzo del civico 603, che avrebbe bisogno di una manutenzione che non è mai stata fatta da quando l’Enpaia lo acquistò, nel 1987, nuovo di costruzione.
All’epoca gli enti di previdenza, organi pubblici previsti dalla Costituzione per garantire i vari tipi di pensione, dalla vecchiaia all’invalidità, alle varie categorie lavorative, avevano l’obbligo di investire almeno il 50 per cento dei capitali in beni immobili da affittare in via preferenziale alle fasce più deboli della popolazione. La misura aveva una funzione sociale e una economica: si dava la casa a chi non era in grado di comprarla e si teneva sotto controllo il mercato degli affitti. Fu così che a Roma tra gli anni ’60 e ’80 i costruttori realizzarono migliaia di nuovi edifici con la certezza che li avrebbero venduti agli enti previdenziali. Poi, quando il governo nel 1993 decise di privatizzare gli enti previdenziali, la situazione cominciò a cambiare. Nel 1995 l’Enpaia si trasformò in fondazione e a febbraio del 1996 il governo Dini approvò un decreto legislativo che prevedeva la vendita delle case degli enti agli inquilini entro cinque anni.
Nel 2000 il contratto dei condomini di Grotta Perfetta scadeva, le vendite degli immobili degli enti non erano ancora cominciate e l’Enpaia lo rinnovò per otto anni, passando dall’equo canone, vale a dire con l’affitto concordato al valore catastale dell’immobile, al canone concordato, vale a dire vincolato a parametri fissati dal comune di Roma. Visto che il loro palazzo era stato accatastato con la sigla A3, che vuol dire edilizia economica, l’affitto rimase basso e consentì ai condomini di evitare le due grandi ondate di cartolarizzazioni decise dal governo Berlusconi nel 2001.
In quell’occasione infatti furono messe in vendita decine di migliaia di abitazioni dell’Inps, dell’Enpam (Ente nazionale di previdenza e assistenza dei medici e degli odontoiatri), dell’Enpaf (Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti), dell’Enasarco (Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio), dell’Inarcassa (Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri e architetti liberi professionisti), della stessa Enpaia e pure della Sara assicurazioni, una società per azioni al 75 per cento di proprietà dell’Aci (Automobile club italiano).
Per gestire questo enorme patrimonio fu costituita una società, la Scip srl (Società cartolarizzazione immobili pubblici), con sede in Lussemburgo e un capitale sociale di 10mila euro, detenuto in parti uguali da due società, la Stichting Thesaurum e la Stichting Palatium, amministrate dal fondo olandese Tmf Management. Le case furono cedute a questa nuova società e convertite in obbligazioni, in sostanza titoli di debito piuttosto sicuri che hanno consentito agli enti di fare cassa.
In una prima fase, con un piano di cessioni chiamato Scip 1, furono venduti solo i beni inseriti nei piani di dismissione precedenti, come il Programma straordinario di cessione (Psc) del 1997 e il Programma ordinario di cessione (Poc) del 1999. Nel 2002, con lo Scip 2, avvenne quella che l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti presentò come «la più grande cartolarizzazione immobiliare fatta da uno Stato europeo»: 63 mila immobili in vendita, cioè quasi sette milioni di titoli finanziari. Gli interessi e il rimborso alla scadenza dovevano essere coperti dalla vendita delle case.
L’operazione non andò però come sperava il ministro: molte abitazioni rimasero invendute, anche per le proteste degli inquilini che non avevano i soldi per riscattarle e non volevano lasciarle. «Quando cominciarono le cartolarizzazioni, una gran parte degli abitanti non poté acquistare gli alloggi e scelse il rinnovo del contratto per nove anni», spiega Fascetti. Nel 2004 il ministero dell’Economia concesse alla Scip un prestito-ponte di 800 milioni di euro per evitare il declassamento da parte delle agenzie di rating e l’anno seguente la società fu costretta a ristrutturare il debito emettendo nuove obbligazioni. A dicembre 2008 c’erano ancora 13.574 immobili invenduti e gli incassi erano inferiori del 33,5 per cento rispetto al piano originale. Di fronte a un passivo di un miliardo e 735 milioni di euro, il governo Berlusconi fu costretto a mettere Scip in liquidazione, con un emendamento al decreto cosiddetto Milleproroghe. Le case invendute furono restituite agli enti.
Al civico 603 di Grotta Perfetta il contratto scaduto nel 2008 non fu rinnovato e per due anni l’Enpaia non si fece sentire. Poi nel 2010 aumentò gli affitti, con gli arretrati per il periodo di “vacanza contrattuale”, cioè per i due anni precedenti. Altri enti fecero lo stesso, a cominciare dall’Inps. L’obiettivo era liberarsi di un patrimonio immobiliare diventato un fardello perché in gran parte aveva bisogno di costose manutenzioni, cercando di guadagnare il più possibile dalla vendita.
Ancora oggi però gli enti previdenziali hanno nei loro bilanci abitazioni per un valore complessivo di 7 miliardi di euro, e altri 15 miliardi li hanno affidati a fondi immobiliari. Molti di questi palazzi sono abitati ed è difficile mandare via gli inquilini. A Roma, negli edifici degli enti previdenziali, dell’Ater (l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale) e della regione Lazio vivono circa 90 mila persone. Secondo una stima dell’Asia-Usb e dell’Unione Inquilini, due sindacati che si occupano del diritto ad avere una casa, degli inquilini dei 6mila appartamenti dell’Inps in vendita a Roma poco più del 50 per cento sarebbe in grado di accedere a un mutuo e acquistarli.
Il caso più delicato è alla Magliana, una zona popolare a sud-ovest, dove all’inizio dell’anno l’Inps ha contattato duecento inquilini per chiedere loro se erano intenzionati all’acquisto della casa, prima di metterla sul mercato. Nonostante in questo caso si utilizzino i valori medi dell’Omi, molti non sarebbero in grado di far fronte alla spesa. I condomini del civico 603 di Grotta Perfetta sono nella stessa situazione. Vorrebbero riscattare la casa in cui hanno vissuto per metà della loro vita, ma da soli non ce la fanno. La legge di bilancio del 2021 stabilisce che i comuni possono acquistare le abitazioni degli enti che gli affittuari non riescono a comprare, con uno sconto del 47 per cento. Per questo i condomini chiedono al Comune di Roma di intervenire o quantomeno di fare da garante nei confronti delle banche e chiedere all’Enpaia di adottare almeno lo stesso criterio di valutazione utilizzato alla Camilluccia e ai Parioli.